I trend delle bollicine: meno zucchero nel bicchiere, crescono extra brut e pas dosé

La tendenza sul mercato è chiara: basso dosaggio, dal brut all’extra-brut fino al pas dosé, con una prevalenza del metodo classico sullo Charmat che invece ritorna per le spumantizzazioni di vitigni autoctoni . E il consumatore italiano è sempre è più attento ad etichette che nascono da aziende con un approccio che mette al centro terroir e rispetto dell’ambiente

17 novembre 2023 | 05:00
di Giambattista Marchetto

Per qualcuno sono dissertazioni da “enofighetti” che apprezzano approcci più sofisticati, eppure la tendenza ad un cambio di gusto e di approccio alle bollicine anche sul mercato italiano sembra essere confermata da chi lavora sul campo e si trova a confrontarsi con il mercato, oltre che con il pubblico. Ecco che se la prevalenza sullo scaffale è di spumanti dolci, ancora oggi la versione più apprezzata dal grande pubblico, la nicchia dei bevitori più vicini ad un dosaggio basso - fino quasi al pas dosé - si allarga a vista d’occhio.

 

Sicuramente nel carrello della spesa in Gdo rimangono dunque molto frequentate le versioni extra dry di Asti o Prosecco, il Moscato si gioca soprattutto come calice zuccheroso e il Lambrusco spumeggia amabile, ma anche molte spumantizzazioni di vitigni autoctoni in giro per l’Italia puntano sul metodo Charmat con una buona presenza di dolcezza. Nel segmento Horeca, invece, cresce con la forza di un fiume carsico l’attaccamento verso spumantizzazioni con basso dosaggio, dal brut all’extra-brut fino appunto al dosaggio zero, che soprattutto nelle espressioni in metodo classico portano nel calice un sorso affilato e assai poco piacione. In generale continua a crescere la produzione delle bollicine italiane, che secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly ha sfiorato quota 1 miliardo di bottiglie (978 milioni) nel 2022, in leggero aumento (+4%) rispetto a uno strabordante 2021 (+25%).

I trend nelle bollicine italiane: dosaggio o non dosaggio?

Nella vinificazione di uno spumante con metodo classico (o champenoise) il dosaggio (dosage) è l'ultimo passaggio di lavorazione nella spumantizzazione del vino prima della tappatura; avviene dopo la sboccatura e prevede l’aggiunta di un vino della stessa partita (nel caso del dosaggio zero) o di una miscela chiamata “sciroppo di dosaggio” (in francese liqueur d’expédition) che può contenere dello zucchero, del distillato invecchiato oppure del vino affinato in barrique appositamente. Il dosaggio nel metodo classico va dalla versione brut nature, pas dosé, dosaggio zero con zucchero inferiore a 3 grammi/litro, fino alla versione dolce con oltre 50 grammi/litro, passando per le sfumature brut (da 0 a 12 grammi/l) e dry (da 12 a 32 o 50 grammi/l).

Nella spumantizzazione con metodo Charmat-Martinotti, invece, la percentuale di zuccheri viene definita in fase di lavorazione in autoclave e può portare alla medesima ripartizione di natura. Perché poi tanta complicazione nella gestione del dosaggio? In generale, l’aggiunta di una componente zuccherina porta ad ammorbidire il vino, rendendolo appunto più piacione in calice con un abbassamento dell’acidità.

I produttori di bollicine seguono il trend del basso dosaggio

Ecco, non si può negare che la maggiore presa di consapevolezza dei consumatori rispetto a quel che trovano nel calice abbia portato ad una scelta più accurata del “dosaggio” sia per bolle da metodo Charmat che da metodo classico. E la tendenza, come dicevamo, va verso un abbassamento del grado zuccherino. Ecco che la Spergola Ca’ Besina Pas Dosè di Casali Viticultori ha vinto il premio di Miglior Spumante Metodo Classico della Regione Emilia Romagna 2023, un fatto inatteso in una regione che ha fatto della dolcezza del Lambrusco una bandiera per decenni. E un grosso produttore dell’area Prosecco come Cantina Produttori di Valdobbiadene ha scelto di virare verso l’extra brut con il nuovo progetto Cuvée Classiche, che gioca su uno stile enologico verso spumanti più secchi.

 

Anche Martin Foradori Hofstätter dall’Alto Adige ha scelto di debuttare con la sua prima bolla - il Trentodoc di alta montagna Maso Michei - in versione extra-brut. «L’Italia, che vale oltre l’80% del nostro fatturato, è un mercato altamente qualificato per quanto riguarda gli spumanti - specifica il produttore altoatesino - e il consumatore oggi ricerca sempre più prodotti di nicchia. Lo conferma il successo del nostro Trentodoc di alta montagna prodotto da vigneti a 850 metri di altitudine, e lanciato sul mercato la primavera scorsa. Il consumatore italiano è sempre più attento ad etichette che nascano da aziende con un approccio che metta al centro terroir e rispetto dell’ambiente».

Parallelamente Hofstätter registra anche una costante crescita delle bollicine dealcolate «che si rivolgono a coloro che non possono o non vogliono bere alcolici ma che sono alla ricerca di un prodotto di qualità per brindare in occasioni speciali o da stappare in un momento tipicamente italiano come l’aperitivo».

«Una delle tipologie in costante ascesa sul mercato italiano - riferisce Romina Romano, country manager Italia di Les Grands Chais de France - sono i Crémant, le bollicine metodo classico francese che produciamo in Jura, Alsazia, Limoux ma anche a Bordeaux e in Borgogna. Nei primi 9 mesi abbiamo venduto 180mila bottiglie di Crémant sul mercato italiano e i Crémant di Borgogna hanno subito un’impennata considerevole soprattutto nell’ultimo anno, con un raddoppio dei volumi: da 15 a 30mila nei primi 8 mesi del 2023. In crescita anche i Crémant di Bordeaux introdotti per la prima volta quest’anno da Les Grands Chais de France in Italia».

Anche in enoteca quando si tratta di scegliere lo spumante, traina il pas dosé

Che succede allora in enoteca, quando il consumatore deve scegliere un calice dalla lavagna? A Montalcino, dall’Enoteca di Piazza, Nicolò Fedolfi assicura che «l’unica scelta è il pas dosé, ne vanno tutti matti», mentre da Padova Emanuele Salmaso de La Moscheta riferisce che «sicuramente negli ultimi 2/3 anni il consumatore, per moda, ha scoperto la bollicina pas dosé trascurando il fatto che da decenni lo stile di un metodo classico, principalmente nello champagne, è dato dall’abilità nel dosare». E invece specifica che, dovendo scegliere, tra metodo classico e Charmat «la scelta ricade nettamente sul primo, con una predilezione per i monovitigno ossia Blanc de blancs e Blanc de noirs».

Tommaso Favaron del bar Al Campanile di Mirano, nel Veneziano, osserva come le preferenze cambino da zona a zona. «Ci sono città in cui ad esempio il rosé è trainante - spiega - anche se da noi questo non succede. Oggi comunque i nostri clienti chiedono tutto secco, non solo il vino, ma anche il gin». Ecco che al bancone «tutti ordinano brut o meglio extra-brut, mentre l’extra-dry è praticamente sparito».

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Alberto Lupini


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