I distillatori in campo contro l'esenzione fiscale per il vino dealcolato
La dealcolizzazione del vino in Italia incontra ostacoli: AssoDistil contesta l’esenzione fiscale sulla miscela alcolica residua, evidenziando rischi fiscali e ambientali e proponendo l’uso del bioetanolo
Come se non bastasse l’incertezza sulle norme e sulla volontà del ministro Francesco Lollobrigida di non chiamarlo “vino”, per la dealcolizzazione del vino in Italia la strada sembra tutt’altro che in discesa. A scendere in campo, buttando acqua sul fuoco delle speranze delle cantine di non trovarsi con nuove tasse che potrebbero bloccare l’avvio di queste nuove attività, è stata AssoDistil, l’Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli ed acquaviti, che con una lettera indirizzata ai ministri Giorgetti, Lollobrigida e Pichetto Fratin interviene riguardo le notizie secondo le quali il ministero dell’Economia avrebbe ritirato le norme relative ai vini dealcolati recentemente inserite nella proposta di decreto legislativo in materia di accise. La richiesta dei produttori di vino al ministero della Sovranità alimentare sarebbe quella di considerare la soluzione idroalcolica residua come rifiuto, quindi non sottoposto ad accise.
Vino dealcolato, AssoDistil contro l'esenzione fiscale
Nella sua nota, AssoDistil fa presente ai tre titolari dei dicasteri che l’eventuale accettazione di tale richiesta presenterebbe forti criticità in ambito economico, fiscale e ambientale. L’associazione ribadisce come non vi sia alcun dubbio che la miscela idroalcolica residuante dalla dealcolizzazione del vino, avendo un contenuto alcolico ben superiore all’1,2% e talora addirittura del 95%, rientri pienamente nella definizione di alcole e dunque negli oneri fiscali collegati alla produzione, circolazione e commercio di tale prodotto ai sensi della normativa vigente.
«Il rispetto della legalità è alla base delle nostre valutazioni - sostiene Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil - considerando che l’accisa sull’alcole etilico sorge al momento della sua fabbricazione e che pesa per oltre 10 euro per ogni litro, ne consegue che escludere dal circuito fiscale i produttori di vino dealcolato solleverebbe senza dubbio forti appetiti, con il rischio di creare frodi fiscali di enorme portata. Chiunque produce alcole etilico, anche se in via subordinata, deve quindi rispettare la stessa normativa: sarebbe infatti per noi incomprensibile che la medesima fattispecie sia sottoposta a due discipline completamente diverse, una che rientra tra gli obblighi tributari e l’altra esclusa».
Vino dealcolato, un tema anche ambientale
AssoDistil nella propria nota considera poi gli aspetti ambientali, ribadendo ai Ministeri che la destinazione più logica e vantaggiosa dell’alcole ottenuto dalla dealcolizzazione del vino è senza dubbio quella dell’uso come bioetanolo per i carburanti, tenuto conto come la produzione in Italia dello stesso bioetanolo è inferiore a quanto richiesto al 2030 per ottemperare agli obblighi previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Tale destinazione, pur mantenendo la natura “tributaria” del prodotto sarebbe perfettamente in linea con gli obiettivi di economia circolare intesa come valorizzazione energetica e riutilizzo dei materiali di scarto, che è oggetto della più recente legislazione italiana e comunitaria, e permetterebbe ai produttori di ottenere un ricavo da tale prodotto, anziché di dover sopportare un costo per il suo smaltimento in caso dovesse venire catalogato come un rifiuto.
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Alberto Lupini
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