Se è vero, come sosteneva Gustav Mahler - che «la tradizione non è la venerazione delle ceneri, ma la preservazione del fuoco» - il mondo del vino è un contesto in cui questo confronto è quotidianamente messo sotto stress. E se da un lato la tradizione porta con sé un valore aggiunto clamoroso, tanto che i vini più prestigiosi (e anche posizionate nella fascia premium più costosa) sono prodotti da aziende che hanno secoli di storia alle spalle, la capacità di innovare per garantire qualità e continuità è una risorsa sempre più preziosa. Il tema è caldo in materia di chiusure. La discussione sulla migliore chiusura per le bottiglie di vino riguarda principalmente l'effetto che la chiusura ha sulla conservazione e sull'invecchiamento del vino. Ci sono diverse opzioni disponibili, tra cui tappi di sughero naturali, tappi di sughero sintetici, tappi a vite e altri tipi di chiusure. Ogni tipologia ha i suoi vantaggi e svantaggi, e in fondo la scelta dipende dalle preferenze personali e dall'uso che si intende fare del vino. Ad esempio, alcuni produttori ritengono che i tappi di sughero naturali consentano una migliore evoluzione del vino nel tempo, mentre le chiusure a vite possono essere più pratiche e prevenire il rischio di difetti legati al cosiddetto “difetto di tappo”.
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Vino, i vantaggi del tappo di sughero
I tappi di sughero naturali offrono diversi vantaggi. Innanzitutto la traspirabilità, dato che il sughero è un materiale poroso che consente all'ossigeno di entrare in contatto con il vino, che dunque evolve nel tempo, ma anche la flessibilità con cui su adatta alla forma del collo della bottiglia. Il sughero è inoltre sinonimo di sostenibilità, dato che il risultato di un processo legato alla cultura delle querce da sughero porta il prodotto finale ad essere carbon negative, dunque a prova di bilancio green. C'è poi tutto il portato di tradizione prestigio, per cui i tappi di sughero sono sempre associati a grandi bottiglie dato che rappresentano storicamente la prima chiusura utilizzata per l'imbottigliamento del vino in epoca moderna.
Tuttavia, è importante notare che i tappi di sughero possono presentare alcuni svantaggi, come la possibilità di contaminazione da Tca (tricloroanisolo) che può causare il "difetto da tappo". Un nodo delicato, rispetto al quale i produttori del comparto sughero hanno investito molto - basti pensare ai test accuratissimi grazie ai quali un colosso come Amorim Cork può permettersi di assicurare ogni singolo tappo rispetto ai difetti. Su questo fronte sono poi intervenuti nel tempo i cosiddetti “tappi tecnici”, che possono essere di materiali plastici, di materiali di origine vegetale (come la canna da zucchero) o di semilavorati del sughero. I tappi tecnici tendono a presentare un rischio significativamente inferiore di contaminazione da Tca rispetto ai tappi di sughero naturali. Tra i vantaggi dei tempi tecnici c'è l'omogeneità di prodotto, dato che essendo prodotti a livello industriale garantiscono un'uniformità di qualità e di performance. Nell'attuale scenario di mercato i capi tecnici sono sicuramente più economici rispetto a quelli di sughero naturale, contribuendo così a contenere i costi di produzione. Anche in questo caso la sostenibilità è una parola chiave e la riciclabilità di alcuni materiali utilizzati consente di ridurre lo scarto.
Vino, la rivoluzione dei tappi a vite
Una netta rivoluzione nell'ambito della chiusura è stata portata dall'introduzione del tappo a vite, oggi sempre più in voga soprattutto su mercati meno legati a storicità e tradizione, dunque più laici rispetto ai vantaggi che questa chiusura tecnica comporta. In Italia nello specifico ha preso piede l'utilizzo dei tappi a vite, con produttori che ne hanno fatto una scelta di bandiera in termini di protezione della qualità e della durabilità dei vini, grazie la garanzia di maggiore coerenza con il prodotto iniziale. Uno dei vantaggi cruciali del tappo a vite, infatti, è il mantenimento dei vini senza alterazioni in quanto la membrana di silicone che chiude la bottiglia non risulta attaccabile da possibili difetti (salvo un problema di produzione) e permette di avere una traspirabilità controllata, accompagnando il vino ad un'evoluzione costantemente gestibile.
Le chiusure a vite portano dunque una evoluzione più lenta dei vini, potenzialmente ad una minore ossidazione e alla salvaguardia delle caratteristiche organolettiche originale del vino. Sono questi i plus che un gruppo di produttori - autoproclamatisi “gli Svitati” - sottolinea come elementi cruciali per dimostrare come questa chiusura tecnica rappresenti il futuro per il vino. Oltre a garantire rispetto ai potenziali difetti, la chiusura risulta più economica in termini di produzione (è un prodotto industriale che combina metallo e plastica) e regge il confronto sulla sostenibilità, dato che alluminio e silicone sono facilmente riciclabili; risulta inoltre agevole dal punto di vista funzionale, dato che consente una facilità di apertura e chiusura delle bottiglie e risulta nettamente “giovane” nell'approccio alla beva.
Vino, dalla chiusura al contenitore
Se la spinta verso un orizzonte più contemporaneo sul fronte delle chiusure sembra favorire l'affermarsi a livello internazionale del tappo a vite, un altro fronte si apre rispetto ai contenitori. Non è detto infatti che il vino debba essere contenuto in bottiglia, anche se il vetro risulta essere oggi il più apprezzato, tradizionale e prestigioso contenitore per il nettare di Bacco. Si stanno però facendo avanti altre soluzioni come l'alluminio, il cartone e il bag-in-box in formati più grandi. Il vino in lattina ha guadagnato popolarità negli ultimi anni e presenta vantaggi significativi. Innanzitutto risulta particolarmente conveniente, dato che le lattine sono leggere, facili da trasportare e non richiedono l'uso di apribottiglie. Sono perfette per eventi all'aperto, picnic o situazioni in cui il vetro potrebbe essere inadatto. Inoltre le lattine offrono porzioni pre-dosate e questo può essere utile per coloro che desiderano consumare una quantità specifica di vino senza dover aprire (e finire) una bottiglia intera. Sul piano tecnico, la lattina è chiusa ermeticamente verso l'esterno e dunque evita ossidazioni ma allo stesso tempo impedisce al vino di evolvere. Facile la battaglia sul piano della sostenibilità, dato che le lattine sono più leggere rispetto alle bottiglie di vetro e possono essere più facili da riciclare, riducendo l'impatto ambientale.
Assodati i pro, tra i contro del vino in lattina c'è una percezione generale di minore qualità, legata soprattutto all'assenza di una tradizione e al posizionamento solo stesso livello dei soft drink. D'altro canto l'alluminio potrebbe non essere la scelta ideale per vini destinati a lungo invecchiamento. Altrettanto interessante il discorso relativo al vino nei “cartoni” per alimenti (sul modello del latte o della panna), un contenitore che risulta leggero e facile da trasportare, ancora una volta rendendo comodo il consumo in situazioni poco convenzionali o in assenza di cavatappi. Non ci sono rischi di rottura durante il trasporto e i cartoni sono riciclabili, dunque l'impronta ecologica è ridotta. Sul piano tecnico, i contenitori proteggono dalla luce e dunque risultano interessanti, anche se l'idea di un affinamento in cartone probabilmente non è in linea con la ricerca di lunghi affinamenti. Ancora una volta il problema si pone in termini di percezione della qualità del contenuto, dato che l'utilizzo dei cartoni per il vino è stato spesso associato a una produzione massificata e poco qualificata. Manca dunque una tradizione e una legittimazione di questi contenitori, anche se la diffusione dei bag-in-box ripensati in chiave di qualità (basti pensare al progetto Sfusobuono) potrebbe dare un impulso all'utilizzo di contenitori per specifiche tipologie di vino.
In conclusione va rilevato come la scelta di un contenitore ovvero di una chiusura sia spesso una questione di identità. E se da un lato possono valere tutte le valutazioni tipo tecnico e industriale, il vino rimane un'esperienza prima di tutto culturale e dunque ogni scelta nel packaging diviene un racconto che deve rispecchiare il percorso che il produttore compie per arrivare al calice.
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Alberto Lupini
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