Funambolo: il gioco di equilibrio dell'Asprinio ad alberata di Luca Paparelli

L'Asprinio è sicuramente riconoscibile, non solo per il carattere “aspro”, ma anche per la sua storia secolare e la particolare tecnica di coltivazione: l'alberata. Da qui nasce lo spumante brut Funambolo di Luca Paparelli

12 giugno 2024 | 09:30
di Fosca Tortorelli

Tantissime le varietà di vite che caratterizzano la regione Campania, tra queste l’Asprinio è sicuramente riconoscibile, non solo per il carattere “aspro” da cui deriva il suo nome, ma soprattutto per la sua storia secolare e per le tante citazioni che ne raccontano non solo il carattere del vino, ma anche la tecnica di coltivazione che lo caratterizza: l’alberata.

Alberata, un metodo antico per il Funambolo di oggi

Nelle campagne che cavalcano il confine tra la provincia di Caserta e quella di Napoli, in queste vigne che affascinano per la loro conformazione, vengono ancora oggi coltivate le uve Asprinio, frutto di una viticoltura che richiama tecniche di coltivazione che riportano agli Etruschi e che manifestano quel romantico abbraccio tra la vite e gli alberi, in particolare olmi e pioppi, che le danno sostegno. Un metodo ingegnoso che si ispira alla crescita spontanea delle viti e che con il suo sviluppo in altezza, non occupava suolo prezioso, lasciando terreno ad altre colture.

Si tratta di un metodo di coltivazione antichissimo, dove le viti maritate al pioppo e franche di piede, data l’impossibilità della fillossera di prosperare nei terreni sabbiosi della zona di produzione di queste viti, raggiungono un’altezza che va dai 10 ai 14 metri.

Alberata, una tecnica rara per il Funambolo

Poche le realtà che ancora custodiscono e portano avanti questa antica tecnica di allevamento, che si distinguono per le spettacolari altezze e per gli scalilli, ovvero le scale utilizzate dai viticoltori per ogni operazione necessaria, costruiti su misura per garantire l’equilibrio di chi opera a quelle altezze. Va anche ricordata la fescina, il particolare cestino a forma conica e dalla punta piena che durante la vendemmia viene calato pieno dei piccoli grappoli di asprinio e che grazie alla tipica forma resta piantato nei terreni sabbiosi che caratterizzano la zona dell’agro Aversano.

Una tecnica che necessità una vera abilità nella raccolta dove i vendemmiatori diventano quasi degli acrobati, che con fermezza ed equilibrio si bilanciano sulle alte e strette scale di legno, per dedicarsi alla raccolta delle uve delle alberate. Un equilibrio necessario anche per le stesse uve, per la loro coltivazione e vinificazione.

Funambolo, tra equlibrio ed Aspirinio

Ed è proprio da questo concetto di equilibrio e dalla volontà di dare visibilità ai cosiddetti “uomini ragno”, che con abilità raccolgono le uve di asprinio sullo scalillo, che nasce il Funambulo di Luca Paparelli, giovane produttore ed enologo, classe 1979, che mosso dalla passione per la viticoltura tramandatagli dai genitori, dopo gli studi e le esperienze fatte in Italia e all'estero, è tornato in patria, a Galluccio, paese del nord della Campania nel cuore del Parco Regionale del Vulcano Roccamonfina, ha deciso di produrre i suoi spumanti. L’occasione per conoscerlo si è fatta presente durante la terza giornata di Campania Stories 2024, la manifestazione nata da un’idea di Miriade & Partners S.r.l., agenzia di comunicazione integrata specializzata nel settore agroalimentare e vitivinicolo, fondata e guidata da Diana Cataldo e Massimo Iannaccone.

Che vino è il Funambolo di Luca Paparelli

Funambolo - il cui nome è appunto un omaggio ai vendemmiatori che come un funambolo si mantengono in equilibrio per tutti i processi, dalla potatura alla raccolta - è uno spumante metodo Martinotti brut, prodotto prevalentemente da uve di Asprinio ad alberata per l’85%, a cui si aggiunge un saldo del 15% di Falanghina. Le viti di asprinio provengono dai vigneti di Villa Literno e sono alte tra i 10 e i 12 metri; ogni operazione viene eseguita manualmente, utilizzando scale di legno personalizzate per ogni operatore.

Come spiegava Mario Soldati nel suo “Vino al vino”, “non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio”, perché “profuma appena, e quasi di limone” ma, in compenso, “è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta”. Ed è proprio quella particolare e inusuale freschezza che lo rende particolarmente adatto alle bollicine, con un vino che Veronelli definiva “allegro, leggero, brioso”.

Caratteristica di queste uve è proprio la sua acidità e le note agrumate, che con il saldo di falanghina, lo rendono un vino davvero centrato, con un ottimo equilibrio tra acidità sapidità e struttura. La scelta di Paprelli è stata inoltre quella di partire da una base spumante affinata in acciaio per un anno sui suoi lieviti, con una successiva di presa di spuma di appena 60 giorni, in modo da mantenere freschezza, acidità e non perdere le note agrumate, tipiche dell'uva Asprinio. Una varietà, una tecnica, una storia da conoscere, riconoscere e valorizzare.

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Alberto Lupini


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