Vino, spirits e aceti: la "Filiera Federvini" vale 21,5 miliardi
Presentato in mattinata alla Camera dei Deputati lo studio di Nomisma sulle 2.300 aziende della Federazione di Confindustria. La presidente Pallini: «Si difenda il patrimonio Made in Italy dalle incertezze geopolitiche»
Oltre 2.300 imprese, 21,5 miliardi di euro di fatturato diretto, 10 miliardi di euro di export. Sono solo alcuni dei dati emersi in mattinata da “Filiere Federvini”, lo studio sull’impatto economico generato dai comparti rappresentanti dalla Federazione italiana industriali produttori esportatori ed importatori di vini, acquaviti, liquori, sciroppi, aceti ed affini, commissionato a Nomisma e presentato in mattinata presso la Camera dei Deputati. Le aziende - che salgono a 38 mila considerando anche quelle agricole di trasformazione – ricoprono un ruolo di peso sul fronte occupazionale. A fronte di 81 mila lavoratori direttamente occupati dalle imprese dei tre settori, se ne attivano oltre 460 mila nell’intero sistema economico nazionale: quasi il 2% del numero complessivo di lavoratori in Italia.
«Questo studio - commenta Micaela Pallini, presidente di Federvini - mette in luce la dimensione straordinaria raggiunta, nel complesso, dalle filiere che rappresentiamo, che assumono un rilievo strategico per il sistema economico italiano con un valore aggiunto superiore ai venti miliardi di euro all’anno e un export che movimenta dieci miliardi di euro. Comparti meritevoli della massima considerazione e del più attento supporto istituzionale, costituiti da imprese impegnate ogni giorno nel valorizzare prodotti di qualità, frutto del lavoro e della dedizione di imprese sane e dinamiche».
«Vini, Spiriti e Aceti patrimonio italiano da difendere»
«I produttori di vini, spiriti e aceti - ha aggiunto Pallini - esprimono un patrimonio di cultura, di storia, di economia e di lavoro che produce benessere per le comunità locali e che, investendo in innovazione, sostenibilità e ricerca, contribuisce alla crescita del nostro Paese e a far sì che lo stile di vita italiano sia così apprezzato nel mondo. Imprese che ancora oggi sono molto esposte a incertezze di natura geopolitica, normativa, commerciale, inflattiva. La difesa di questo patrimonio del Made in Italy, con la sua storia, cultura e reputazione, è una responsabilità tanto degli imprenditori, con le loro organizzazioni di rappresentanza, quanto delle istituzioni».
La fotografia evidenzia il rilievo strategico che le "Filiere Federvini" giocano per il Sistema Paese sotto il profilo economico. I tre settori generano difatti sul territorio nazionale un valore aggiunto, inclusivo anche delle componenti indirette e indotte, pari a 20,5 miliardi di euro, corrispondenti a circa l’1,5% del PIL nazionale. Di questi, 4,9 miliardi sono riconducibili all’effetto diretto (attribuibile alle imprese dei comparti attraverso la propria attività di produzione), 9 miliardi sono imputabili all’effetto indiretto (prodotto dai diversi fornitori attivati e dalla domanda generata a loro volta dai fornitori) e 6,6 miliardi all’effetto indotto, ovvero quello generato dall’incremento di reddito percepito da tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel processo economico.
Le sfide di Federvini nello scenario economico e geopolitico
«Grazie alle proprie attività di produzione e agli approvvigionamenti di materie prime e servizi, spesso di provenienza locale - ricorda Emanuele Di Faustino, responsabile industria retail e servizi di Nomisma - le imprese delle “Filiere Federvini” rivestono un ruolo economico di primissimo piano per il nostro Paese, attivando valore in molteplici settori economici, dall’agricoltura alla logistica, passando dal commercio al dettaglio all’Horeca e al settore immobiliare».
«Ogni euro di valore aggiunto direttamente generato dalle imprese dei settori Vini, Spiriti e Aceti - continua Di Faustino - crea ben 4,2 euro nell’intera economia nazionale grazie agli impatti indiretti e indotti su altre filiere del Made in Italy. La continuità del contributo strategico che le “Filiere Federvini” forniscono al Sistema Paese è però messa a dura prova dalle sfide legate all’incerto scenario macro-economico e geopolitico internazionale. Basti pensare alla recente crisi del Mar Rosso oppure all’indagine antidumping sui distillati europei da parte della Cina, aspetti che potrebbero incidere in maniera importante anche sull’export italiano, il fiore all’occhiello delle Filiere Federvini”».
Tra i vari interventi istituzionali, quello da Bruxelles di Paolo De Castro, impegnato a contrastare normative punitive per il nostro agroalimentare, sul fronte dell'etichettatura: «Il Nord Europa ha una diversa percezione del consumo di alcol. Pensano allo sballo e non ad un consumo responsabile. Siamo in piena battaglia, le sfide sono tante ma speriamo nella Commissione Europea che verrà, perché negli ultimi 5 anni abbiamo sofferto molto".
Il valore strategico delle esportazioni
In termini di export, i comparti di vino, spiriti e aceti italiani risultano rilevanti non solo in merito all’incidenza sulle vendite oltre frontiera del food&beverage (19%) ma soprattutto per il contributo positivo alla bilancia commerciale agroalimentare: 8,4 miliardi di euro di saldo commerciale aggregato netto, l’apporto più alto tra i prodotti italiani del F&B.
Oggi l’Italia è il primo esportatore mondiale a valore di aceti, con una quota sull’export globale del 37%, nonché di vermut (34%), il secondo di vini fermi imbottigliati (22%) e liquori (14%). Nel complesso, negli ultimi dieci anni l’Italia ha conosciuto una crescita del valore sui mercati esteri di oltre il 76%.
Sostenibilità e cura del territorio
Oltre il 90% delle imprese dei tre comparti intervistate ha sostenuto negli ultimi tre anni investimenti, oltre che per l’acquisto di beni strumentali, anche a sostegno della sostenibilità ambientale (packaging sostenibili, riduzione dei consumi di acqua, produzione dell’energia rinnovabile) e sociale (attività culturali, selezione dei fornitori locali, iniziative umanitarie), della formazione del personale e della ricerca e sviluppo per nuovi prodotti.
«Questo ruolo attivo verso la sostenibilità - sottolinea Denis Pantini, responsabile agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma - trova conferma nell’85% della popolazione italiana che ritiene come le imprese di vini, spiriti ed aceti contribuiscano positivamente allo sviluppo economico dei territori nei quali sono insediate oltre che al rafforzamento dell’immagine del Made in Italy all’estero. Una reputazione che, per 7 italiani su 10, deriva anche dal contributo positivo dato dai vigneti nella tutela del paesaggio italiano, nel salvaguardare le aree rurali prevenendo l’erosione dei suoli e nel favorire il turismo».
Il focus sulla produzione di spiriti in Piemonte e Veneto
La ricerca condotta da Nomisma per Ferdervini ha incluso anche un approfondimento sulla dimensione e la performance delle imprese attive nel settore spiriti in due regioni storicamente vocate alla distillazione quali Piemonte e Veneto. Rilevantissimo il peso del Piemonte, le cui imprese attive nel comparto spiriti garantiscono direttamente oltre un terzo del fatturato nazionale di settore (1,7 miliardi di euro nel 2022) e il 31% della forza lavoro (1.956 occupati). Le aziende venete hanno invece prodotto un fatturato di 450 milioni di euro (il 9% del totale nazionale) occupando 670 persone (l’11% del totale).
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini