Enoturismo, quando il vino è ambasciatore del territorio
I dati a disposizione ci dicono che in Italia sono diversi i milioni di persone che si sono dedicate e si dedicheranno al piacere dell’enoturismo. Ed è un “popolo” destinato a crescere
19 novembre 2017 | 15:35
di Enrico Rota
Vorrei evidenziare che mai come in questo momento l’apertura globale e totale del mercato porta a nuove sfide che, se ne saremo capaci, rappresenteranno delle grandi opportunità da cogliere. La tipicità dei nostri prodotti, così come la nostra creatività, non possono e non devono temere i nuovi mercati emergenti, primo fra tutti quello asiatico. Anche la nostra ristorazione è quindi chiamata ad affrontare a viso aperto questa splendida competizione.
I tour enogastronomici in Italia sono tanti quanti le peculiarità dei territori che ne fanno parte, visto l’enorme patrimonio di vitigni che offre la nostra terra e di prodotti tipici regionali. Si tratta di un giro d’affari importante di ben 36,715 miliardi di euro quello portato dagli stranieri in Italia, secondo i dati riportati lo scorso aprile a Firenze in occasione del Premio Italia a Tavola. Ancora oggi però troppe volte, se entriamo in un locale, sia da turisti che da abituali frequentatori, e proviamo a chiedere un vino del territorio, ci viene proposta un’alternativa, un ripiego. L’enoturista o più semplicemente il classico consumatore, vuole riscoprire sapori tradizionali, sapori che hanno fatto la felicità di chi evita i fast food.
I francesi vantano l’invenzione del termine “terroir” (termine con cui si definisce quell’insieme di fattori che vanno dall’ambiente alle tecniche di coltivazione, sino alla protezione delle denominazioni d’origine). Noi dobbiamo fin da subito amplificare questo concetto per interpretare al meglio il nostro futuro legato al mondo del vino italiano e in particolare al vino del territorio quale suo ambasciatore d’eccellenza, esasperando se è possibile le innumerevoli tipicità a disposizione senza confidare troppo nel caso e nella fortuna.
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Alberto Lupini