Edda, Sessantanni e Masseria Samia San Marzano, il bello della Puglia
Il bello della Puglia. Il commento può sembrare banale, ma è forse l’unico capace di sintetizzare oggi la realtà di Cantine San Marzano. I numeri (fra gli 11 e i 12 milioni di bottiglie, 1.500 ettari e 1.200 soci) ne fanno la più importante realtà del mondo del vino della regione. Ma se aggiungiamo un’attenzione totale alla qualità, la valorizzazione di ciò che c’era di bello nella tradizione (i loro Primitivi sono forse quelli più autentici), una ricerca che si intreccia strettamente con l’attenzione alla sostenibilità ambientale e, soprattutto, una squadra affiatata, motivata e lontana anni luce da ogni esibizionismo di maniera, si può tranquillamente parlare di un esempio vincente di un’impresa italiana. E a maggior ragione se del Sud.
La conferma della “diversità” di San Marzano è stata offerta dalla recente presentazione di Edda bianco Salento 2016 e di Sessantanni 2014, due dei vini su cui oggi punta la cantina cooperativa presieduta da Francesco Cavallo per marcare la differenza su un mercato italiano che oggi vuole affrontare con decisione, dopo avere portato ad oltre il 70% il livello dell’export. E non a caso è stata scelta la location oggi più bella di tutta la Puglia (per alcuni del mondo), il resort Borgo Egnazia. Come dire che l’eccellenza si accompagna all’eccellenza. «Siamo soddisfatti di aver presentato le nostre nuove punte di eccellenza a un parterre d’eccezione, per la prima volta, in questa location unica - ha sottolineato in proposito il presidente di Cantine San Marzano Francesco Cavallo - in cui abbiamo voluto mostrare la bellezza della Puglia e del vino, oltre naturalmente al lavoro di recupero e valorizzazione del patrimonio vitivinicolo pugliese che portiamo avanti da sempre».
E come aggiunta c’è da osservare l’assenza di politici o istituzioni ad un’anteprima che in altre occasioni li vede invece presenti nel ruolo di supporter. Presente invece tutto il team che con grande unità e condivisione gestisce la cantina, da Mauro Di Maggio, direttore generale, a Caterina Bellanova (qualità e produzione), da Davide Ragusa (enologo) a Tommaso Galiotta (agronomo). Tutti pugliesi, a parte a Luca Maruffa (comunicazione), orgogliosi delle loro origini contadine che oggi trovano pieno riconoscimento nel successo aziendale.
Una cantina che, va ricordato, nata nel 1962 con 15 soci ha avuto la lungimiranza di interpretare per tempo e con decisione il cambiamento che negli anni ha caratterizzato l’enologia italiana e pugliese, passando dalla produzione di sfuso, per lo più per tagli, alla qualità in bottiglia. Il tutto puntando sul coinvolgimento dei soci, cresciuti anno dopo anno anche se con piccoli appezzamenti, e sul recupero di un patrimonio come la coltura ad alberello. Oggi San Marzano produce per l’80% vino rosso, e la metà di questo è Primitivo, al punto da rappresentare il 20% dell’intera Doc. Il restante 20% delle bottiglie prodotte sono invece di bianco, i vini meno facili in Puglia.
Il lavoro della cantina, oltre che dai suoi rosati (Tramari in testa, da uve ovviamente di Primitivo), è ben rappresentata dalle due anteprime presentate a Borgo Egnazia. È il caso dell’insolito bianco salentino giunto alla terza annata (Edda, termine che in molte zone del Sud indica “Lei”), intrigante e floreale, frutto del recupero di vecchie cultivar, come il Minutolo, il Moscatello Selvatico o la Passulara, abbinate a dello Chardonnay. Una bottiglia dotata di un’etichetta elegante e assolutamente evocativa di quella freschezza e profumo che poi ci si ritrova in un bicchiere per nulla stucchevole, ma anzi con una sapidità piacevolissima.
«Una sfida per un terroir senza tradizione per i bianchi - spiega il direttore Di Maggio, legato particolarmente alla nascita di questa etichetta - Edda era il sogno di mio padre Mario, storico socio viticoltore della cantina: produrre un grande bianco in una terra da sempre casa di grandi rossi. E per questo aveva recuperato vecchie varietà autoctone a bacca bianca meno conosciute. Un vino che nasce in un vigneto di 6 ettari, a Monteparano, in provincia di Taranto (azienda Li Marini), in terreni costieri di medio impasto, tendenzialmente sabbiosi, poco profondi a tessitura medio-fine e ben strutturati; molto ossigenati e drenati, con prevalenza di scheletro di origine tufacea, ricco di minerali».
E di studio e volontà di recuperare tradizioni si può invece parlare del cavallo da battaglia della cantina, il celebrato Sessantanni che rappresenta l’autenticità originaria del Primitivo, riproposto in chiave inedita e moderna dopo che la San Marzano aveva deciso di scegliere una ventina di ettari di vigneti di oltre sessantanni ad alberello che rischiavano di essere abbandonati, per farne il suo crù. Mai scelta poteva essere più felice per la Puglia che oggi può esibire un vino che per eleganza e forza può confrontarsi con un Amarone o uno Sforzato, pur non avendo alcun appassimento, ma solo in virtù della sua concentrazione in pianta. E col 2014, in una verticale guidata da Giuseppe Cupertino, presidente della Fondazione italiana sommelier Puglia (Fis) insieme alla collega romana Alessia Borrelli, sono stati degustati il 2006, il 2009 e lo straordinaria 2011.
Punto di riferimento internazionale per il Primitivo di Manduria, la prima bottiglia di Sessantanni nasce, grazie all'intuizione del presidente Cavallo, nel 2003, dalla vendemmia del 2000 per salvare vecchi vigneti a rischio di eradicamento. Il vigneto è sito a San Marzano di San Giuseppe in suoli di terre rosse residuali, a tessitura fine, con generoso substrato calcareo e radi affioramenti rocciosi e con un’intensa presenza di ossidi di ferro che conferiscono la nota e riconosciuta tinta rossa.
Per concludere ricordiamo un’operazione che sta coinvolgendo tutta la cantina in un progetto per la sostenibilità. La Masseria Samia, un gioiello architettonico risalente al XVI-XVII secolo sito in località Torre Ovo, a due passi dal Mar Ionio, ora in fase di restauro. Su 100 ettari sta nascendo un vero e proprio “giardino mediterraneo”, con un vigneto sperimentale, per la riscoperta di vecchie varietà autoctone in via di estinzione, oltre a un frutteto, uliveto e flora mediterranea. Un progetto agronomico e culturale che ben rappresenta l'idea di futuro di Cantine San Marzano: una ricerca costante basata sulla condivisione di conoscenza e bellezza.
«Per Cantine San Marzano, Masseria Samia sarà un centro di formazione ed educazione, dove verranno organizzati eventi legati a vino e cucina, un'azienda agricola in cui condurre una nostra personale riflessione attorno alla sostenibilità enologica della nostra agricoltura»: queste le parole di Mauro di Maggio nel presentare il progetto ad oggi ancora in itinere.
«Masseria Samia conta circa cento ettari, di cui la stragrande maggioranza sono stati appena piantati. Tra questi circa 60 sono destinati a cloni obsoleti di cultivar autoctone, quindi Primitivo, Negroamaro e Malvasia aromatica. Un'altra parte invece sarà destinata a varietà ormai non più utilizzate, ma di origine pugliese, il cui potenziale vogliamo riesplorare. Gli ettari restanti saranno utilizzati per realizzare percorsi in vecchi frutteti».
Un chiaro obiettivo: riscoprire il vecchio patrimonio di frutta ed uva del Mediterraneo, della Puglia, catalogato dall'Istituto Basile Caramia di Locorotondo e dalla Facoltà di Agraria dell'Università di Bari.
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Alberto Lupini