Ecco quali sono i grandi vini autoctoni italiani selezionati da Riccardo Cotarella

Al "Grand tasting: i grandi vini autoctoni italiani" un tracciato delle eccellenze del nostro Paese, dal Nord al Sud, espresso con una sequenza di 12 grandi vini di aziende storiche e blasonate e di alcune startup

20 aprile 2024 | 18:25
di Lea Gasparoli

È stata la degustazione più importante del Vinitaly 2024. Si è tenuta nella sala Argento, al Palaexpo, durante la giornata che ha preceduto la chiusura del Salone Internazionale del vino. L’evento si è aperto con i saluti del presidente, Federico Bricolo, che ha precisato: «Solitamente il presidente di Veronafiere non viene a fare i saluti durante le degustazioni, ma in questo caso è doveroso poiché questa è un fiore all’occhiello per la manifestazione. Il Grand Tasting è imperdibile per la qualità dei vini che vengono presentati, per la possibilità di avere i proprietari delle cantine che li raccontano. E per il fatto che, a guidare la degustazione, sono due eccellenze autorevoli del mondo del vino: il vicedirettore del Corriere della Sera, Luciano Ferraro e il presidente di Assoenologi, il maestro Riccardo Cotarella, un’istituzione nel mondo del vino, riconosciuto universalmente come il padre nobile dell’enologia italiana».

A Vinitaly la selezione di vini autoctoni di Riccardo Cotarella

È ormai una consuetudine, quella di Riccardo Cotarella, di organizzare, ogni anno degustazioni di livello altissimo, portando al Vinitaly una rappresentazione delle potenzialità del nostro Paese. Lo ha fatto, nelle precedenti edizioni, portando “sul palco” della più importante manifestazione dedicata al vino, “I grandi rossi”, “I grandi bianchi”, “Le grandi famiglie”. Il 2024 è la volta de “I vitigni autoctoni”, quei vitigni antichi, impiantati in un territorio, che sono espressione di quel territorio e che, con il loro “carattere”, raccontano la storia e la ricchezza del territorio stesso, attraverso emozioni e sensazioni che soltanto un legame profondo e indissolubile può regalare.

La ricchezza dei vini autoctoni in Italia

«La ricchezza degli autoctoni in Italia non ha eguali nel mondo, ne sono stati censiti almeno 600, ma probabilmente sono molti di più, c’è un’associazione che ne sta censendo altre centinaia». Così il vicedirettore del Corriere della Sera apre i lavori del prestigioso evento che racconta, con uno spaccato verticale del nostro Paese, la profondità di legami territoriali e culturali attraverso storie di famiglie e di persone che hanno creduto nella loro terra sfidando, con la loro passione, i vecchi pregiudizi “scolastici” dei “territori vocati per natura”.

L’Italia è un paradiso trasversale, uno straordinario insieme di terre da vino: dalle aree costiere alle zone interne, ognuna con un patrimonio diverso e ineguagliabile. E il merito di questa grande consapevolezza è delle persone. Questo è il messaggio che è emerso in modo chiaro e forte dalla degustazione più prestigiosa della 56esima edizione del Vinitaly, “Grand tasting: i grandi vini autoctoni italiani”.

Un tracciato interessantissimo delle eccellenze del nostro Paese, dal Nord al Sud, espresso con una sequenza di 12 grandi vini di aziende storiche e blasonate e di alcune startup.

Il Grand tasting guidato da Cotarella

I tempi e le modalità della degustazione sono stati scanditi da Cotarella che, con il fascino della sua autorevolezza e con una straordinaria professionalità, è riuscito a coinvolgere e ad appassionare i 160 ospiti che, come da buona norma, in una degustazione che si rispetti, hanno elevato i calici all’unisono, rigorosamente dopo la presentazione del vino da parte del produttore, «perché - ha precisato l’enologo - per poter comprendere realmente un vino bisogna conoscere quante più informazioni sul vitigno, sul produttore, sul territorio, sulla storia di quel vino». E tra le regole del gioco: il confronto con la platea. Il presidente di Assoenologi ha, infatti, affidato a giornalisti ed esperti di settore il compito di sintetizzare con un aggettivo la percezione di ogni vino protagonista dell’evento, carico di passione ed emozione.

Grand tasting: i vini autoctoni in degustazione a Vinitaly

Restivo Etna Bianco 2022

Il primo a essere degustato è stato il Restivo Etna Bianco 2022. È il primo vino di Francesco Restivo, proprietario della omonima cantina etnea, un bianco ottenuto da Carricante in purezza. Il produttore, un giovanissimo gioielliere che si è affacciato al mondo enologico pochi anni or sono, la cui emozione traspare sin dal primo sguardo alla platea, racconta di come sia stato trasmesso nella sua famiglia, di generazione in generazione, il legame profondo e passionale con la sua terra e di come questo faccia del vino, capace di raccontare la profondità e l’espressione di un territorio, una tradizione di famiglia, pur non rientrando nella storia professionale di famiglia. In risposta a una richiesta fatta dallo stesso Cotarella ad alcuni ospiti presenti, giornalisti e operatori del settore, di definire i vini degustati con un aggettivo, il Restivo Etna Bianco 2022 è stato definito “complesso”.

Masciarelli - La Botte di Gianni, Trebbiano d’Abruzzo Doc Riserva 2016

Secondo assaggio per il Masciarelli - La Botte di Gianni, Trebbiano d’Abruzzo Doc Riserva 2016. In questo caso a raccontare il vino prima della degustazione guidata da Riccardo Cotarella è stata Marina Cvetic che ha sottolineato come oggi l’Abruzzo del vino non sia più una zona periferica, grazie anche al grande lavoro fatto da suo marito, Gianni Masciarelli, da cui il vino prende il nome. Per Peppone, conduttore di Linea Verde, il vino è “inclusivo”, capace di raggiungere più palati quelli raffinati ma anche quelli più acerbi.

Santa Barbara - Tardivo ma non tardo Castelli di Jesi Verdicchio Docg Riserva Classico 2020

Il terzo vino in degustazione è stato il Santa Barbara - Tardivo ma non tardo Castelli di Jesi Verdicchio Docg Riserva Classico 2020, un vino in grado di esprimere al meglio le caratteristiche del vitigno marchigiano, che la giornalista Lea Gasparoli ha definito espressivo, tagliente, diretto.

Marchesi Antinori - Badia a Passignano Chianti Classico Docg Gran Selezione 2020

Il Marchesi Antinori - Badia a Passignano Chianti Classico Docg Gran Selezione 2020 è stato il quarto vino in degustazione, presentato da Albiera Antinori, che ha ricordato la lunga e affascinante storia vinicola della famiglia, partita da Firenze per poi ampliarsi a livello internazionale. Il vino Badia a Passignano, ottenuto da una selezione delle migliori uve Sangiovese provenienti dall'omonima tenuta, è stato definito dal giornalista e direttore di Vinoway Davide Gangi “regale”.

Palari - Palari Faro Doc 2016 Nerello Mascalese

Il Palari - Palari Faro Doc 2016 Nerello Mascalese è stato il sesto vino in degustazione. A presentarlo l’architetto siciliano Salvatore Geraci, con una grande passione per il vino e un’amicizia di vecchia data con Luigi Veronelli che lo hanno spinto a creare l’azienda. E a salvare dall’estinzione la Doc Faro, che tutt’oggi è una piccola Doc con circa 30 ettari di vigneti. Una scommessa vinta che il direttore di Cronache di Gusto Fabrizio Carrera ha definito “emozionante”.

Librandi - Duca Sanfelice Cirò Doc Riserva Rosso Classico Superiore 2021

Dalla Calabria, il Librandi - Duca Sanfelice Cirò Doc Riserva Rosso Classico Superiore 2021, ottenuto da uve Gaglioppo, capaci di dare vini moderni, contemporanei, credibili, la cui storia, in questo caso, si intreccia con quella della cantina, che ha saputo, nel tempo, tutelare e rivalutare il patrimonio autoctono della cantina. Non a caso, è stato definito dal presidente Ais della Lombardia Hosam Eldin Abou Eleyoun “geografico”.

Planeta - Santa Cecilia Doc Noto 2021 Nero d’Avola

Un altro grande vino siciliano, il Planeta - Santa Cecilia Doc Noto 2021 Nero d’Avola, che nasce a Noto, luogo di origine e di espressione massima del vitigno. Gigi Brozzoni, curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli, lo ha definito “dodecafonico”.

Ceretto - Barolo Prapò 2011

 

L’ottavo vino in degustazione ci porta in Piemonte, in una delle cantine tra le più rappresentative delle Langhe, a scoprire il Ceretto - Barolo Prapò 2011, che non poteva che essere definito “elegante”.

Nododivino -TorrePasso 2019 Montepulciano d’Abruzzo

Nododivino -TorrePasso 2019 Montepulciano d’Abruzzo è il nono vino in degustazione, nato da una piccola azienda della provincia di Chieti che, come ha spiegato il suo presidente Licio Colantuono, è una costola della grande cooperativa abruzzese Citra, che con i suoi 6mila ettari di vigneti e i suoi 3000 soci, copre dalla Costa dei trabocchi fino alle pendici della Majella. Per Nododivino sono stati selezionati venti ettari e venti vignaioli, per ottenere il meglio dal territorio. A definire questo vino è stato lo stesso Riccardo Cotarella, che lo ha definito “abruzzese” a indicare la complessità caratteriale unita a una generosità persistente.

Gianfranco Fino - Es 2022 Salento Primitivo Igp

Terzultimo in ordine di degustazione il Gianfranco Fino - Es 2022 Salento Primitivo Igp, una chicca di vino pugliese, 1500 bottiglie, che prende il nome da quello che in psicologia è il principio inconscio, l’energia pulsione. Non a caso il sommelier Davide Garofalo ha definito questo vino “paradossale”, con una voluttuosità e una freschezza tali da renderlo eterno.

Mastroberardino - Radici Taurasi Docg 2019

Undicesimo vino in degustazione i Mastroberardino - Radici Taurasi Docg 2019, un vino simbolo della cantina campana, tributo alla memoria del fondatore Antonio che, negli anni Ottanta del Novecento, reagisce alla distruzione del terremoto favorendo un rinascimento della viticoltura della zona e del Taurasi in particolare, ottenendo una versione del vitigno più setosa e morbida rispetto al passato. Il direttore de L’Espresso, Alessandro Rossi lo ha definito “futuristico”.

Masi - Vajo dei Masi 1997 Amarone della Valpolicella Classico Doc

A chiudere la degustazione un vino d’eccezione, che Gigi Brozzoni ha definito “in movimento”: il Masi - Vajo dei Masi 1997 Amarone della Valpolicella Classico Doc, nato dall’impegno, dalla passione e dal lavoro di Sandro Boscaini, definito non per niente Mister Amarone, ovvero il vignaiolo che ha rivalutato il grande rosso della Valpolicella. Un vino estremamente fresco malgrado abbia 27 anni. Aggettivo: “eccentrico e concentrico”.

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Alberto Lupini


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