Distillerie Berta, la grappa per raccontare un territorio

Attiva dal 1947 a Mombaruzzo (At) la distilleria ha saputo anche diversificarsi nel corso degli anni impegnandosi nella pasticceria e nell'ospitalità con uno stile inconfondibile e di alta qualità

30 ottobre 2021 | 09:30
di Guido Gabaldi

Raccontare il territorio attraverso una storia aziendale non dovrebbe essere difficile, quando alle spalle ci sono almeno 70 anni di impegno e passione: per liquori e distillati, nel caso della famiglia Berta, di stanza a Mombaruzzo (AT). Stiamo quindi parlando del Monferrato, e pertanto non è la grappa a venirci in mente per prima cosa: si pensa subito a salumi e formaggi, alla “battuta al coltello” di carne di Fassona piemontese, al cardo gobbo di Nizza Monferrato, e potremmo proseguire con il patrimonio enologico: chi non conosce la Barbera, il Brachetto d’Acqui, il Dolcetto di Ovada e il Gavi? Tutte eccellenze che hanno contribuito a creare una specie di mitologia territoriale, di quelle che portano dritto dritto a riconoscimenti di prestigio: non è arbitrario, insomma, ipotizzare che tutto questo ben di Dio sia stato decisivo nel 2014, quando si è ottenuto di includere i paesaggi vitivinicoli monferrini nel Patrimonio Mondiale Unesco.

 

Tra grappe e Monferrato un rapporto viscerale

Più vini che grappe, si potrebbe dire, e ciononostante il legame tra i distillati prodotti dai Berta e il territorio del Monferrato è viscerale. Risale infatti al 1947, quando Paolo Berta istituisce Distillerie Berta, la prima etichetta ad avere sperimentato e affinato l’invecchiamento della grappa in botti di legno. Oggi si producono 30 diverse qualità di grappa e 6 tipi di liquori: 600mila bottiglie all’anno, di cui il 50% esportato in 75 paesi. Non solo spirito da vinacce, dunque, ma anche spirito imprenditoriale purissimo, testimoniato fra l’altro dall’affacciarsi dei Berta nel mondo dell’ospitalità. La cultura dell’accoglienza e l’amore per la propria terra hanno dato vita al relais Villa Castelletto, alla dimora di charme Villa Prato, alla ristrutturazione del Castello di Monteu Roero, al recente recupero del Castelletto dell’Annunziata, del Borgo Roccanivo e ad una pasticceria che produce il tipico amaretto di Mombaruzzo, nel cui circondario si svolge la degustazione odierna: siamo ospitati nella distilleria/liquoreria/pasticceria e roccaforte del casato Berta a Casalotto, una frazione agreste del paesino astigiano.

 

Un'azienda versatile

«È vero - riassume Chicco Berta, uno dei discendenti del fondatore Francesco - siamo attivi nel campo della pasticceria e dell’ospitalità ma il cuore dell’azienda è la grappa, l’architrave che regge tutto il resto. Il nostro rapporto con i distillati ha inizio nel 1947, quando Paolo Berta, mio padre, dopo il diploma in enologia, viticoltura ed erboristeria decide di non seguire la tradizione di famiglia, che l’avrebbe voluto viticoltore, e di fare altro. È affascinato dai prodotti erboristici, dai procedimenti di distillazione, e così si dedica agli infusi ma, prima di tutto, alle grappe. Per anni abbiamo incentrato le vendite su sambuca e amaretto, al traino di marchi ben più famosi del nostro. All’inizio la forza lavoro era costituita da mio padre e mia madre, a cui nel tempo ci siamo aggiunti mio fratello ed io; siamo partiti dal niente, come si suol dire».

Quando e come avete capito che si doveva puntare sulla grappa invecchiata, che è poi la vera artefice del vostro successo?

Avevo ventidue anni, mi ricordo, e mandavamo negli Stati Uniti il nostro container con sambuca, amaretto, millefiori e un certo numero di cartoni di grappa bianca. L’anno successivo lo stesso container recava un quantitativo dimezzato di distillato, perché la grappa era allora qualcosa di poverissimo, e si faceva una gran fatica a venderla. A quel punto capimmo che per non buttar via il prodotto, e per non svenderlo, dovevamo farci venire un’idea: cominciammo a metterlo in botte. Solo che la grappa invecchiata in quel periodo non aveva proprio mercato: si concepiva solo quella forte, bianca, dal caratteristico odore pungente. Ma noi ci abbiamo creduto e abbiamo cominciato a vendere proprio l’invecchiato in botti ex marsala, ove il trasferimento aromatico ha il suo peso. Dopo una serie infinita di porte prese in faccia, la cosa ha cominciato a funzionare. Nel frattempo, le tecniche di distillazione hanno fatto passi avanti, e così il prodotto si è ammorbidito e aromatizzato. Inoltre, abbiamo capito come raffinare le tecniche di conservazione in botte e, sia pure in maniera lenta e graduale, la nostra clientela ha imparato a distinguere una grappa di qualità da una schifezza commerciale.

 

A un certo punto, quindi, avete intuito che l’azienda poteva davvero crescere e affermarsi.

Il cambio di passo è avvenuto agli inizi degli anni Novanta: per una serie di circostanze favorevoli, abbiamo iniziato a vincere i primi premi internazionali e a lanciare le nostre attività di incoming, ospitando turisti e operatori del settore per fargli provare sul posto le potenzialità della nostra offerta. Pubblicità in televisione e sulla stampa non potevamo farne, perché costava troppo, ragion per cui ci siamo affidati ad un banalissimo passaparola: che ha funzionato alla grande, come può vedere.

Una serie di circostanze favorevoli, allora: questo il segreto del successo?

Un po’ di fortuna ci vuole, nella vita, ma non basta: noi abbiamo individuato l’elemento giusto al momento giusto, ossia l’affinamento in botte. Abbiamo avuto il coraggio di fare concorrenza ai grandi “spirits” internazionali, come brandy, whisky, rum, armagnac, cognac, ed ora l’invecchiato fa quasi il 90% della vendita. Al di là del fatturato, resta la grande soddisfazione di aver sdoganato la grappa, facendo comprendere che poteva arrivare a livelli di eccellenza. Se prodotta e affinata come diciamo noi, ovvio.

 

Le tecniche di distillazione

Venendo ora agli aspetti un po’ più tecnici, la distillazione avviene in prima battuta in un alambicco a corrente a vapore, ove la vinaccia si tramuta in “flemma”, un liquido incolore a bassa gradazione alcolica. Che passa di seguito per l’alambicco discontinuo, in cui viene portato a ebollizione. Il vapore che ne deriva entra in una colonna di rettifica per concentrarsi e salire di gradazione, per poi passare in una bacinella di controllo, goccia per goccia. A questo punto il maestro distillatore, che ha governato tutto il processo, può selezionare il cuore del distillato, che deve caratterizzarsi per qualità, aroma e morbidezza.

E qui si parte col capitolo dell’invecchiamento in botti da 13mila litri, dove il distillato rimane un anno. Trascorso il tempo prescritto, il prodotto viene trasferito in barrique, tonneaux o botti piccole, in relazione alle diverse tipologie. È la fase in cui entra in gioco la funzione, magica secondo alcuni, mistica secondo altri, della musica: le oltre 5mila botti riposano in cantina cullate dalle note dei grandi interpreti della musica classica. A completare l’atmosfera, luci a led che cambiano colore (senza generare calore all’interno della cantina) creando una cromoterapia che avvolge delicatamente l’ambiente.

 

Una carezza per i visitatori

Abbiamo l’impressione che musica e colori siano stati introdotti per carezzare, più che i liquidi, i visitatori, che a Mombaruzzo in ogni stagione si presentano numerosi, per visite guidate e degustazioni. Tecniche di marketing, si potrebbe sentenziare, ma noi preferiamo pensare ad un atteggiamento affettuoso di questa famiglia monferrina, che ha concepito la distillazione e la commercializzazione di “aqua vitae” come un lavoro di accoglienza. Come le botti, le bottiglie e i bicchieri accolgono il liquido vitale per permetterne l’assaggio, così i Berta accolgono ospiti, clienti e turisti nelle loro antiche ville ristrutturate e nelle cantine: fiduciosi che le trasparenze ambrate di un liquore o distillato possano regalare qualche attimo di serenità.

 

Distillerie Berta

via Guasti, 34/36 - Frazione Casalotto - 14046 - Mombaruzzo (At)
Tel 0141 739528
www.distillerieberta.it

          

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Alberto Lupini


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