Dieci regioni vinicole (italiane ed estere) da scoprire nel 2024

Dalla Valle d'Aosta alla Sicilia e dall'Inghilterra all'Ungheria. Cinque regioni italiane e cinque regioni europee da mettere nel radar sin da gennaio, per la qualità media crescente dei loro vini spumanti, bianchi e rossi . Campi Taurasini, Colli Euganei, Colline Lucchesi, Messina e Valle d'Aosta per l'Italia. Carnuntum, Loira, Inghilterra, Transilvania e Somló per l'estero. Nella lista anche i produttori da non perdere in ogni zona

02 gennaio 2024 | 05:00
di Davide Bortone

Alcune sono semisconosciute. Altre un po' più note, ma in uno stato di fermento tale da meritare di essere visitate (ed assaggiate), per respirare l'aria di cambiamento che aleggia tra i calici. Ciò che accomuna le dieci regioni vinicole italiane ed estere da scoprire nel 2024 è proprio la grande dinamicità dei produttori.

Zone vinicole che uniscono un'evidente proiezione al futuro ad un'ottima qualità media dei vini, molti dei quali si trovano all'ombra di denominazioni più note, sia a livello nazionale che a livello internazionale. Un viaggio in lungo e in largo nella Penisola e per l'Europa, spaziando dalla Valle d'Aosta alla Sicilia e dall'Inghilterra all'Ungheria. Buon viaggio a tutti gli enocuriosi.

5 regioni vinicole italiane da scoprire nel 2024

1) Campi Taurasini: il volto funky dell'Aglianico

 

L’Aglianico dei Campi Taurasini, sottozona della Doc Irpinia, è quel ragazzetto che si presenta in tuta al matrimonio di un parente. Un po’ inadatto, forse. Ma tutto sommato perdonabile. In primis per l’età. E poi per la consapevolezza di non essere lui il festeggiato. All’ombra di un colosso muscoloso e strutturato come il Taurasi (lui sì, sempre, il re della festa), l’Aglianico dei Campi Taurasini vive da qualche tempo un momento d’oro, sull’onda di una presa di coscienza dei produttori al cospetto dei gusti dei consumatori moderni.

Profili fruttati e sorsi sapidi, tesi, per quelli che, fino a ieri, potevano essere considerati i "vini base" di una gamma aziendale al cui vertice - inamovibile - figura per l’appunto il Taurasi. Oggi la musica è cambiata: gli Irpina Doc Campi Taurasini sono rossi di territorio, finalmente capaci di nobilitare il volto più giovanile e "spensierato" dell'Aglianico. I produttori da non perdere? In ordine sparso Stefania Barbot, De' Gaeta, Giovanni Carlo Vesce, Villa Raiano e Di Prisco.


2) Colli Euganei: Rovolon, il paradiso nascosto

C’è un territorio del Veneto ancora fuori dalla mappa dei grandi vini rossi italiani. Sono i Colli Euganei e, in particolare, la sottozona di Rovolon. Siamo nella parte settentrionale della denominazione, nell’area più fresca del Parco Regionale. La macchia mediterranea, tipica della zona sud, lascia spazio a varietà che amano climi più temperati, come il castagno. E se anche da queste parti la vera “star” è il Fior d’arancio Docg, dal classico spumante alle versioni passito e secco, sono i vitigni bordolesi a sorprende con le loro note del tutto uniche.

Se ne parla poco. Troppo poco. Ma siamo al cospetto di un vero e proprio unicum. Gli Euganei sonol'unica zona delle Venezie in cui riemergono abbondanti lave acide ricche di silice, molto viscose. Terreni con alte percentuali di riolite, trachite e latite non sono rari da queste parti, così come il basalto. Un produttore su tutti ha intuito le potenzialità di quest'area: è il vignaiolo Fivi Martino Benato di Vigne al Colle. I suoi Merlot e Cabernet Franc sono, anno dopo anno, pezzi unici di bravura e capacità di lettura di Rovolon.


3) Colline Lucchesi: nuova patria di bordolesi e Syrah

Se nel mondo del vino italiano dei giorni nostri c'è un sillogismo che funziona senza il minimo intoppo, è quello che vede protagonista il trio "Colline Lucchesi", "Lucca Biodinamica", "Tenuta Lenzini". Elementi interscambiabili di un unico insieme e di un'unica, precisa, direzione. Siamo chiaramente in Toscana, in una zona poco battuta da winelovers e persino dagli addetti al settore, tutta da scoprire. Il volto di questa fetta d'Italia del vino è Michele Guarino, vignaiolo che conduce insieme alla moglie Benedetta Tronci la cantina-boutique Tenuta Lenzini, a Gragnano.

«Uva=Vino», è la semplice formula matematica da cui tutto comincia. «Cuore e mente» sono gli strumenti per arrivare al traguardo. Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc sono le varietà attraverso le quali le Colline Lucchesi comunicano a tutti gli enocuriosi che c'è qualcosa di nuovo da scoprire nel mondo dei bordolesi in Italia. Senza dimenticare il Syrah, o meglio "La Syrah" di Lenzini, vino capace di mostrarsi incredibilmente longevo. Aprendo nuovi palcoscenici per il vitigno nella regione, lontano dalla "capitale" Cortona.


4) Messina, la città delle 3 Doc: Nocera superstar

 

Una città per tre Doc. È Messina, sul cui territorio ricadono la Doc Faro, la Doc Mamertino e la Doc Malvasia delle Lipari. Un’area vinicola di grande tradizione, tra le tante dell’isola in cui il settore del vino sta vivendo un periodo di grande fermento. Una primavera enologica dettata da quella sorta di “moto d’orgoglio” scatenato dalla nascita (e dal crescente successo) della Doc Sicilia, a cui va dato (tra gli altri) il merito di aver risvegliato Consorzi dormienti, oggi desiderosi di esaltare le proprie unicità sul palcoscenico nazionale ed internazionale. Tra queste c’è il Nocera, varietà antica che accomuna la Doc Faro e la Doc Mamertino ed è coltivata essenzialmente solo in provincia di Messina.

Ecco dunque la quarta delle dieci regioni vinicole italiane ed estere da scoprire nel 2024. Grazie al Nocera, il messinese ha un asso nella manica ineguagliabile da poter giocare sui mercati, che mostrano sempre più attenzione - in Italia come all’estero - alle novità e ai vitigni autoctoni. Il Nocera, infatti, dà vini unici dal punto di vista organolettico. Sorprende per il bilanciamento e l’equilibrio tra alcol e acidità, nonché per struttura e tannini che lo rendono perfetto per l’affinamento. Un nettare che racconta bene l’esuberanza, e al contempo l’eleganza, della Sicilia. Da non perdere i Nocera delle cantine Le Casematte e Planeta.


5) Valle d'Aosta: i gioielli nascosti Pinot Noir e Prié Blanc

 

Già, "gioielli nascosti". Nascosti dalle carte dei vini italiane ed internazionali; nascosti dai tasting comparativi dei professionisti del settore; nascosti da un dibattito, quello sul vino italiano di qualità indiscutibilmente superiore alla media, nel quale sembrano essere totalmente ignorati. Pinot Noir e al Prié Blanc della Valle d'Aosta, per diverse ragioni, sono appunto gioielli nascosti della Valle d'Aosta e dell'Italia intera, che è arrivato il momento di svelare. Per il Pinot Nero, il riferimento assoluto è Elio Ottin, viticulteur encaveur di frazione Porossan Neyves, ad Aosta.

Bastano le sue parole per capire l'approccio alla vitigno: «Mio padre era un'amante del Pinot Noir. A quell’epoca nessuno tendeva a vinificare questo vitigno in purezza in quanto discostava tanto dai classici vitigni valdostani. Lui invece amava quel vino e vendeva le poche bottiglie prodotte ai ristoranti della zona. La mia passione viene da lì. La mia passione viene da lui». Diverso il discorso per il Prié Blanc, varietà misteriosa che regala vini bianchi di moderata alcolicità e gran raffinatezza, dai toni minerali, finemente fruttati, con ricordi di erbe montane. Affina benissimo ed è splendido per la spumantizzazione. Da provare la gamma di Cave Mont Blanc.

5 regioni vinicole estere da scoprire nel 2024

1) Austria: Carnuntum e il suo "Rubin"

Vienna a ovest, Bratislava a est. Le Alpi da una parte, i Carpazi dall’altra, lungo la linea meridionale disegnata dal Danubio. La geopolitica attuale del Carnuntum fa ben comprendere le ragioni per cui i Romani, tra I e IV secolo d.C., stabilirono proprio qui, in Austria, uno dei loro centri militari e commerciali più importanti, con oltre 50 mila persone tra soldati e civili. Un'enormità per l'epoca. Oggi il Carnuntum conta 906 ettari vitati complessivi e una produzione annua di 2,43 milioni di bottiglie, 86 mila delle quali top di gamma, che ne fanno la più piccola regione vinicola dell'Austria.

Molto buoni, da queste parti, Chardonnay, Weissburgunder (Pinot Bianco) e Grüner Veltliner, oltre a Zweigelt e Blaufränkisch. Ma ciò che rende unica questa piccola regione vinicola austriaca è il Rubin Carnuntum, tipologia presente ben prima dell’istituzione ufficiale della Dac. Si tratta di un rosso prodotto con sole uve Zweigelt da 48 delle 131 cantine locali. Un vino fresco, di facile beva, che conserva la grinta tipica del vitigno, oltre a non nascondere i tannini, pur generalmente setosi. Un rosso dalle grandi chance nella ristorazione. Da non perdere: Weingut ArtnerWeingut Gottschuly-Grassl e Weingut Payr.


2) Francia: il Cabernet Franc della Loira

Trovare in Italia un vasto assortimento di vini della Loira è ben più complicato rispetto a Borgogna e Bordeaux, per non parlare dello Champagne. Eppure, tra tutte queste regioni vinicole francesi, la Loira è quella che sta soffrendo meno il cambiamento climatico. Anzi, per certi versi, ne sta traendo vantaggio. Il 2024 può essere l'anno giusto per scoprire (o riscoprire) questa regione, soprattutto sul fronte di una delle sue varietà simbolo: il Cabernet Franc. Un vitigno che sta letteralmente godendo dell’aumento delle temperature medie, presentandosi nelle ultime annate succoso più che mai, sapido (a volte addirittura bilanciatamente "salato"), golosissimo nelle migliori espressioni primarie del frutto.

Si passa dalla polpa rossa croccante tipica dei "leggerissimi" Saint-Nicolas-de-Bourgueil - vini tendenzialmente longilinei e slanciati, seppur mai banali - alle più strutturate versioni "complesse" di Saumur-Champigny, l’Aoc che più di tutte concentra in 1.500 ettari di vigneto l’impressionante versatilità del Cabernet Franc della Loira. Non è raro trovare nella stessa gamma di una cantina vins légers e vins complexes, tipologie accomunate da un’immensa “approcciabilità“, garantita dall’immancabile agilità di beva. Da provare Domaine des Sables Verts, Domaine de l'Ours Bleu, Clotilde Legrand, Clos des Cordeliers e Domaine de Nerleux.


3) Inghilterra: gli English Sparkling e la nuova Côte des Blancs

Rischia ancora di strappare un sorriso - ma solo ai poco informati - il binomio "Inghilterra - Metodo classico". Questo è l'anno giusto per mettersi in pari col pregiudizio e toccare con mano la nuova Côte des Blancs. Già, perché a convincere gli inglesi a iniziare a produrre vini spumanti di qualità assoluta con le varietà francesi non sono solo i cambiamenti climatici (questi, nell'ultimo paio d'anni, li hanno spinti piuttosto a iniziare a produrre vini bianchi fermi, base Chardonnay!), ma anche un profondo studio dei suoli e il ricorso ad expertise e consulenze di professionisti provenienti (guardacaso) dalla Francia dello Champagne e dal nord Italia.

Tra le dieci regioni vinicole italiane ed estere da scoprire nel 2024 non può mancare la "macro regione" degli English Sparkling wine. L'area di produzione è identificabile nell'abbraccio di 6 contee, a sud di Londra: Berkshire, Shropshire, Oxfordshire, Hampshire, Sussex e Kent. Quattromila gli ettari vitati attuali, per 9 milioni di bottiglie complessive. Il tutto condito dall'incredibile potenziale dei paesaggi incantati inglesi sul fronte dell'enoturismo, frontiera ancora da esplorare. Da non perdere, in ordine sparso: All Angels Vineyard, Coates & Seely, Hundred Hills Winery, Black Chalk Vineyard & Winery, Hattingley Valley Wines, Hambledon Vineyard, Wiston Estate, Ridgeview Wine Estate, Bluebell Vineyard Estates, Balfour Winery, Chapel Down e Gusbourne Estate.


4) Romania: il nuovo volto "rossista" della Transilvania

Feteasca neagra e Pinot noir. Sono le due varietà che invitano a riflettere su come i cambiamenti climatici stiano trasformando la Transilvania da "terra di vini bianchi" a nuova frontiera dei vini rossi della Romania. Una regione vinicola in cui trovare nettari freschi, dai toni tipicamente varietali, di grande eleganza e carattere, nonché di gran longevità. Vini che riflettono clima, suolo e parcelle, proprio come nel caso del Pinot Noir "Issa" di Crama La Salina Winery, frutto di una porzione di vigneto a 470 metri sul livello del mare e dell'esperienza maturata in anni di esperimenti dal talentuosissimo enologo Ovidiu Maxim.

Splendido anche Titan della cantina Liliac, ottenuto da Feteasca neagra in purezza, con un passaggio di 24 mesi in botti di rovere locale. Un nettare di gran concentrazione ma raffinatissimo, con tipiche note di piccoli frutti a bacca nera, oltre che rossi, nato dall'intuizione di Miron Radic, tra gli imprenditori vitivinicoli romeni di maggiore visione. La Transilvania, tutta da scoprire nel 2024, è in rampa di lancio anche sul fronte dell'enoturismo. Basti osservare la portata del progetto di Crama Jelna Resort & Spa. La cantina è affiancata da un moderno hotel-pensione con Spa, oltre al ristorante che serve piatti della tradizione rumena rivisitati in chiave moderna.


5) Ungheria, non solo Tokaj: Somló e i suoi vini vulcanici

Dici Ungheria e pensi subito a Tokaj, ovvero ai magnifici vini dolci Aszú ed Essencia, rinomati a livello internazionale. Non è sbagliato. Oggi, però, non è più abbastanza. L'Ungheria è il Paese più "pronto", tra quelli dell'Est-Europa, a offrire ai consumatori più esigenti una gamma di vini e denominazioni di qualità assoluta, ancora poco conosciute. La caduta del regime comunista, alla fine degli anni Ottanta, ha dato uno slancio decisivo all'industria vitivinicola ungherese che, dopo un periodo di assestamento, ha iniziato a crescere al ritmo della competizione tra piccole aziende private. La regione più unica e promettente è certamente Somló.

Le vigne si trovano abbarbicate alle pendici del vulcano spento che dà il nome alla zona, a nord del Lago Balaton e a circa 2 ore di tragitto in direzione Ovest dalla capitale Budapest. Lo spettacolo naturale offerto è di quelli la lasciare a bocca aperta. Nella zona si producono per la quasi totalità vini bianchi. Le varietà più diffuse sono Olaszrizling (Riesling italico), Furmint, Hárslevelu e Tramini, presenti anche in altre regioni. La vera "chicca" è la rarissima varietà autoctona Juhfark (tradotto: "Coda di Pecora"). I produttori di Somló da non perdere e da scoprire nel 2024? Barcza Bálint, Kreinbacher, Kofejto, Somlói Apátsági Pince, Fekete Pince e Kolonics, solo per citarne alcuni.

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