Dazi Usa: perdite miliardarie per il vino italiano. E Caprai prova la mossa d'anticipo

L'Uiv lancia l'allarme sui dazi Usa: l'export italiano rischia perdite miliardarie. L'impatto diretto potrebbe arrivare a 470 milioni, ma il danno globale sfiorerebbe il miliardo . Nonostante il rischio imprenditoriale, Arnaldo Caprai si è già mosso in anticipo trasferendo negli Stati Uniti le bottiglie necessarie (già sdoganate) per coprire il mercato fino al 2026

12 marzo 2025 | 17:04

È allarme rosso per i nuovi dazi americani sul vino europeo, con l'Unione italiana vini (Uiv) che avverte del rischio di perdite miliardarie per l'export tricolore. Secondo l'associazione, l'impatto diretto sulla domanda statunitense potrebbe valere fino a 470 milioni di euro, mentre le ripercussioni indirette sull'export globale rischiano di spingere il conto complessivo verso il miliardo. Nonostante il rischio imprenditoriale, c'è chi ha deciso di anticipare le possibili conseguenze: Arnaldo Caprai, uno dei più noti produttori di Sagrantino a Montefalco, ha già trasferito negli Stati Uniti tutto il prodotto necessario (già sdoganato) a coprire il mercato fino al primo trimestre del 2026. Marco Caprai, che guida la cantina umbra, conferma la gravità della situazione: «Questa cosa per il mondo agricolo avrà impatti devastanti» ha dichiarato rispondendo all'Ansa.

Con i dazi l'80% del vino italiano si trova in una situazione di grande incertezza

Il timore è concreto. Secondo l'analisi dell'Osservatorio Uiv, almeno l'80% del vino italiano destinato agli Usa si trova in una situazione di grande incertezza. Si parla di 2,9 milioni di ettolitri, pari a circa 350 milioni di bottiglie, con un prezzo franco cantina medio di 4,18 euro/litro, che al dettaglio si trasforma in una fascia di prezzo inferiore ai 13 dollari a bottiglia. Un segmento commerciale estremamente sensibile a rincari improvvisi, che difficilmente potrebbe assorbire un incremento del 25% nelle tariffe doganali senza subire una drastica contrazione della domanda.

A essere meno esposti, secondo Uiv, sarebbero i vini luxury, che rappresentano solo il 2% del totale export italiano in volume (e l'8% in valore). Ma il grosso delle esportazioni riguarda vini che potrebbero trovarsi improvvisamente in difficoltà: dal Pinot Grigio al Prosecco, dal Chianti al Lambrusco, fino ai Moscato d'Asti e ai vini siciliani. Il rischio è che vengano spinti nella fascia premium (attualmente con un prezzo medio di 8,80 euro/litro e una collocazione al dettaglio tra i 13 e i 30 dollari a bottiglia), una fascia che non sarebbe in grado di assorbire una tale quantità di prodotto senza subire un contraccolpo.

Frescobaldi (Uiv): «Il mercato Usa rappresenta il 24% delle spedizioni globali»

Sul tema dei dazi è intervenuto personalmente anche il presidente dell'Uiv, Lamberto Frescobaldi, sottolineando come il vino italiano negli Stati Uniti valga circa due miliardi di euro, rappresentando il 24% delle spedizioni globali: «Il vino italiano negli Usa, che vale circa due miliardi di euro con una quota del 24% sul totale mondo delle nostre spedizioni, è composto da prodotti fortemente identitari che unitamente a un vincente rapporto qualità-prezzo hanno contribuito al successo del made in Italy enologico».

Secondo l'Osservatorio Uiv, il prezzo medio di esportazione verso gli Usa è di 5,35 euro per litro per il vino italiano, con una netta differenza tra i vini popolari (5,26 euro) e quelli che si trovano ben al di sotto della soglia (3,53 euro). Se le tariffe del 25% dovessero entrare in vigore senza un'equa gestione tra le parti, questi vini si troverebbero improvvisamente spostati nella fascia superiore, la premium, che attualmente non potrebbe assorbire un tale afflusso di prodotto.

Non solo vino: i dazi preoccupano tutto l'agroalimentare

Le ripercussioni, però, non si limitano solo al vino. Il comparto agroalimentare nel suo complesso rischia danni ancora maggiori, soprattutto per prodotti trasformati come prosciutti, salami e formaggi. Marco Caprai spiega chiaramente il problema: «Buona parte della soia e del mais che arriva in Europa arriva dagli Usa e quindi andrà a scontare la risposta con i dazi europei e ritornando in Usa una volta trasformato pagherà i dazi americani». Un circolo vizioso che potrebbe colpire duramente i produttori italiani su più fronti.

Di fronte a questa prospettiva, Caprai invita a una riflessione più ampia sulla politica agricola dell'Unione europea: «L'Europa agricola deve tornare a produrre e dobbiamo tornare all'origine della comunità europea nata per rendere autosufficienti i nostri paesi da un punto di vista alimentare. La Pac dovrà essere totalmente riscritta e il Green Deal andrà totalmente reinventato».

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Alberto Lupini


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