Dalla vigna di famiglia alla Nazionale: Aldo Serena si racconta
Aldo Serena, ex attaccante anche della nazionale di calcio, parla a 360 gradi: dalla sua carriera al suo rapporto con il vino: «Sono nato in una terra di vino, che però non ho mai apprezzato se non dopo i 35 anni»
Aldo Serena è un uomo in qualche modo sorprendente. Chi ha letto il suo libro “I miei colpi di testa” sa cosa intendiamo. In Italia il calcio è lo sport nazional-popolare e molti giocatori professionisti, spesso costretti ad abbandonare gli studi in adolescenza, faticano ad ampliare i propri orizzonti. Lui più di quarant'anni fa il diploma lo prese, ma non è quel titolo di studio a renderlo voce fuori dal coro.
Persona educata, disponibile e con molti interessi, ha colpito anche noi che quasi per caso lo abbiamo incrociato sulla nostra strada. Non ci ha stupito, quindi, che l’intervista abbia assunto le sembianze di una chiacchierata tra vecchi amici invece di un incontro tra sconosciuti. «Sono nato in una terra di vino, che però non ho mai apprezzato se non dopo i 35 anni». L’alcol, si sa, non può essere elemento principe della dieta di un atleta.
Aldo Serena, l’infanzia tra campetto e vigna
«Quando avevo nove anni – continua Serena - mio padre piantò una vigna nel terreno vicino casa. Anche noi figli demmo il nostro contributo: dalla nostra lavorazione della malta cementizia nacquero i pesanti pali di cemento con l’anima di ferro che posammo faticosamente per realizzare la struttura. Poi piantammo le barbatelle di Glera, Verduzzo e Riesling perfettamente allineate. In quel periodo, la vendemmia era la conclusione gioiosa di un’annata di lavoro fatto nei fine-settimana. Dall’uva raccolta nasceva un vino dal colore cangiante, a volte limpido e cristallino dal sapore straordinario, a volte opaco e leggermente amaro».
Aldo racconta che col tempo ha cominciato ad apprezzare i vini rossi, non tipici della zona vinicola Montello-Colli Asolani-Montebelluna (Prosecco) in cui tuttora vive. Cita alcuni vini corposi della propria regione, come l’Amarone o il Cabernet Franc. Evidente il suo apprezzamento per i vini con un passaggio in legno, «amabili» - dice - per via di quella nota dolciastra, annoverando tra questi l’Aglianico del Vulture affinato in rovere della Cantina lucana Vinoverso.
Aldo Serena e il rapporto col vino
«Non bevo molto vino - dice Serena -, prediligo la qualità alla quantità e mi piace anche lo Champagne, mentre i superalcolici solo in occasioni speciali. Parlando di bianchi, recentemente ho scoperto un Sauvignon della laguna di Grado che ha un retrogusto sapido, salmastro, ideale per accompagnare i piatti di pesce. Quando vado in Slovenia acquisto vino biodinamico da Vinarstvo Batic: i simpatici proprietari mi fanno assaggiare salumi e formaggi locali e la visita si trasforma in una festa di chiacchiere e racconti di confine».
Parlando di cibo, la cucina piemontese regalò al calciatore una sorpresa: «Nell’85 quando giocavo nel Torino feci una cena con amici nel Monferrato a base di asparagi. Quei lunghi vegetali verdi mi colpirono, non li avevo mai visti. Assomigliavano ai germogli di luppolo selvatico che andavo a raccogliere fra le siepi e i boschi per fare il risotto con mia madre. Gli asparagi che conoscevo erano bianchi robusti e grossi, quelli di Bassano del Grappa o i famosi di Cimadolmo. Fu una piacevole novità assaggiarne una varietà diversa».
Aldo Serena, una nuova casa a Torino
A Torino Aldo ha trascorso tre anni, uno in maglia granata e due in bianconero. Due club e due tifoserie diversi con il denominatore comune del rispetto per la propria storia e per le tradizioni. Sarà stato un caso ma l’approdo nel capoluogo subalpino coincise con l’esordio in Nazionale.
Il suo carattere nostalgico trovò un humus fertile nella città della Mole. «Il magazziniere del “Fila” (l’ex stadio Filadelfia in cui all’epoca il Torino si allenava) indottrinava i giocatori appena arrivati al Toro coi racconti sul Grande Torino. Era inevitabile ritrovarsi coinvolti in maniera totalizzante in quell’atmosfera, una full-immersion granata indispensabile per indossare quella maglia. Alla Juventus le leggende di Parola, Boniperti e del duo Charles-Sivori erano favole con un’aura romantica che facevano accedere all'universo bianconero da protagonisti».
«Fu facile e bello - conclude Serena - sentirsi parte della storia di quel club. Le persone più anziane che collaboravano in sede o allo stadio furono una miniera di aneddoti e una fonte di ispirazione in grado di rendere accogliente e coinvolgente quell’esperienza torinese di metà anni ‘80».
Aldo Serena, tra il calcio e un buon bicchiere di vino
L’Aldo Serena ragazzo aveva una gran voglia di viaggiare, di andare oltre i confini del proprio paese. Gli stessi tratti che ritroviamo oggi nel suo carattere curioso e nella sua sete di conoscenza. Continua ad amare il calcio, fa il commentatore televisivo sulle reti nazionali, coltiva passioni come la fotografia e la lettura... e beve un buon bicchiere di vino rosso ogni tanto.
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Alberto Lupini