Dalla vigna al ristorante Alleanza sul vino per ripartire
Il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella analizza la situazione attuale del mondo enologico e parla di un 2020 sicuramente segnato, ma non pessimo , grazie alle vendite maturate tra Gdo ed e-commerce. Poi invita a una maggiore collaborazione tra aziende vinicole e ristorazione
08 giugno 2020 | 17:18
di Stefano Calvi
Il vino punta sui ristoranti per ripartire a pieno regime
L’anno passato si era chiuso con una serie di grandi prospettive economiche che avrebbero dato nuova linfa al settore proprio nel 2020. E mentre le realtà vitivinicole stanno facendo i conti con le ferite aperte dal Coronavirus, si guardano i bilanci del 2019 che dimostrano quanto il mondo vino era in netta ascesa stando alle vendite e ai fatturati dei più importanti colossi italiani.
A guidare la classifica dei fatturati record, che fanno segnare incrementi notevoli, c’è ovviamente Cantine Riunite, la cooperativa emiliana guidata da Corrado Casoli con 623,9 milioni di euro (+ 1,41% rispetto al 2018); a seguire l’altro grande consorzio romagnolo Caviro con 230,2 milioni di euro nonostante un -2,37% rispetto all’anno precedente. Al terzo posto, la sorpresa del 2019, sale Marchesi Antinori con 222,7 milioni di euro di fatturato attestandosi come la prima realtà privata in Italia in questo mondo con un incremento di 4,27%. Scavalca Fratelli Martini che ha perso l’1,96% attestandosi al quinto posto. Balzo in avanti invece per la Casa Vinicola Boter Carlo che negli ultimi quattro anni ha fatto registrare cifre da capogiro.
Un colosso industriale che lavora prettamente all’estero e nella distribuzione organizzata: ha fatto registrare una percentuale sopra la media di +11,28% in più rispetto al 2018 con un fatturato di 217 milioni di euro. Questa è la situazione in testa alla classifica dei “paperoni” del vino.
«Non parlerei di cifre da capogiro - spiega Riccardo Cotarella, presidente nazionale di Assoenologi - sono tutte aziende che hanno guadagnato perché sanno il fatto loro, sono capaci di vendere e di posizionarsi sul mercato. Sicuramente il 2019 è stata un’ottima annata in tutti i sensi, i dati dimostrano che lo è stato anche sotto il profilo economico. Le realtà vinicole hanno capito che ci sono dei pilastri per ottenere dei risultati come per esempio l’organizzazione e la capacità di cavalcare il mercato in modo professionale. Una situazione positiva che si è riflessa non solo sulle grandi cantine, ma anche su quelle medio piccole».
Professionalità in vendemmia primo obiettivo
Il noto enologo continua: «Purtroppo il 2019 è ormai un anno da mettere in soffitta. Tutto faceva presagire che il 2020 potesse essere un altro anno importante sotto il profilo dei fatturati. Purtroppo è arrivato questo tsunami che ha sconvolto il mondo intero e, gioco forza, anche il settore vinicolo ne ha indubbiamente risentito. Ha completamente paralizzato tutti i settori della nostra vita, se non altro il mondo del vino ha rallentato la sua corsa, senza fermarla del tutto come altre realtà. Infatti, non dobbiamo dimenticare l’aiuto arrivato dalle vendite nella grande distribuzione e, in parte, anche dall’e-commerce, nonostante le tante aziende italiane che non erano, e non sono, ancora preparate ad affrontare un mercato on line».
Ovviamente la stoccata dolorosa al mondo del vino è arrivata dalla chiusura dei ristoranti. «Le vendite - spiega Riccardo Cotarella - sono calate in quanto il mondo dell’Horeca è stato fermo per la bellezza di due mesi consecutivi. Ovviamente per una cantina perdere il mercato della ristorazione e delle enoteche significa limare un fatturato sicuro. Pensate che questa situazione si è allargata a tutto il mondo, quindi anche chi esportava per la maggiore ha subito un pesante contraccolpo».
Ora è iniziata la cosiddetta Fase 3: quella delle riaperture totali e della libera circolazione. Come potrà incidere sul mondo del vino? «Spero vivamente che questa fase dia forza al sistema, ma non credo che le cantine possano recuperare quanto perduto in questi mesi di lockdown. Erano settimane cruciali per il mercato, sono saltate fiere di settore e i mesi scorsi erano caratterizzati da importanti festività. Spero che da giugno ci sia una ripresa e che le aziende stesse possano contenere la perdita».
Se questa è la fotografia di questi sei mesi, il 2019 sembra essere quasi un anno lontanissimo. Infatti il vino non ha fatto altro che rispecchiare, anche sull’export, la tendenza dei prodotti italiani. Esportazioni record per cibi e vini italiani, infatti, nel 2019, con un totale di 44,6 miliardi di euro grazie all’aumento del 7% rispetto all’anno precedente: è quanto è emerso dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati definitivi dell’Istat. «Un risultato straordinario con il cibo ed il vino che - rileva la Coldiretti - svolgono nel mondo anche un ruolo da traino per l’intero Made in Italy». Il vino è il prodotto più esportato, con un fatturato realizzato all’estero stimato in 6,4 miliardi nel 2019: superiore a quello ottenuto sul mercato interno. Dall’analisi emerge inoltre che quasi i due terzi (63%) delle esportazioni agroalimentari italiane interessano i Paesi dell’Unione Europea, dove nel 2019 si è registrata una crescita del 3,6%. In questo contesto si inserisce il ruolo degli imbottigliatori che, lo scorso anno, hanno fatto segnare cifre importanti sui bilanci. Enoitalia, il più grande imbottigliatore italiano con quasi 110 milioni di bottiglie prodotte, cresce in modo costante sui mercati esteri raggiungendo la cifra considerevole di 199milioni di euro (+9,63%) attestandosi al settimo posto della classifica.
Seguito da Cavit (191 milioni di euro). Queste cifre sono il frutto di uno studio ponderato su diversi fronti. Oggi, più che mai, le aziende saranno costrette a trovare alternative a quanto fino ad oggi individuato per commercializzare il prodotto. Soprattutto quando si parla di brand legati al tempo.
Quali sono i rimedi anti-Covid per rilanciare il settore? Il presidente nazionale di Assoenologi Riccardo Cotarella commenta: «Non ho la sfera di cristallo. Sono difficili da individuare in questo momento in cui l’emergenza non è ancora finita. La parola d’ordine rimane comunque professionalità in vigna, in cantina e nella comunicazione. Poi invito le cantine a rimanere vicine ai ristoratori, confortandoli in maniera immateriale e materiale. Poi le winary dovranno seguire le nuove tendenze del mercato perché credo che questa emergenza lascerà delle evidenti tracce anche sulle scelte dei consumatori. Ne sono convinto. Oggi questi ultimi non sono più disposti a pagare l’esteriorità di un prodotto come per esempio il packaging ma daranno sicuramente più valore alle cose reali, alla consistenza e alla sostanza di un prodotto».
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Alberto Lupini