Controffensiva italiana: il Prosecco è solo veneto e friulano. La task force mostra le prove

Riunitasi a Venezia il 2 novembre, la task force promossa dal ministero per le Politiche agricole ha preparato le obiezioni da inviare alla Commissione Europea relative al riconoscimento del croato Prosek. Gian Marco Centinaio: «Ora l'Ue applichi i trattati». E dagli archivi spuntano documenti storici che testimoniano il legame fra Doc e territorio

02 novembre 2021 | 16:20
di Nicola Grolla

Da Venezia parte la controffensiva italiana alla minaccia croata del Prosek che si impreziosisce con il ritrovamente di alcuni documenti storici che testimoniano il legame fra Doc e territorio. Il 2 novembre, in Laguna, si è riunita la task force promossa dal ministero delle Politiche agricole in vista dell’invio delle obiezioni alla Commissione Europea relative alla richiesta di tutela e riconoscimento del vino croato che si richiama in modo inconfondibile all’eccellenza tricolore del Prosecco. Una referenza che, nel 2020, ha visto 620 milioni di bottiglie prodotte dalle tre zone Doc di Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Il tutto per un giro d’affari che si avvicina al milione di euro e un export che nei primi sei mesi dell’anno in corso è cresciuto del +35%.

 

Gian Marco Centinaio: «Il Prosek è solo un'imitazione e un'evocazione del Prosecco»

All’incontro veneziano era presente anche il sottosegretario alle Politiche agricole, con delega alla viticoltura, Gian Marco Centinaio: «A fronte dei risultati del gruppo di lavoro sul Prosek ci aspettiamo ora che la Commissione Ue metta un freno a un goffo e maldestro tentativo di copiare la nostra Dop più importante, e che fermi un pericoloso precedente che istituzionalizzerebbe l’Italian sounding e che quindi va contrastato con ogni mezzo». Detto diversamente: il Prosecco rappresenta una tipicità esclusivamente italiane mentre il Prosek non è altro che una «imitazione, evocazione».

Compatta su questa linea si schiera tutta la filiera: «L’intero Sistema Paese - ha proseguito il sottosegretario Centinaio - ha lavorato unito per difendere una delle eccellenze del nostro patrimonio agroalimentare, nonché il maggiore successo commerciale degli ultimi anni. Nel 2020 sono state prodotte 500 milioni di bottiglie per 2,4 miliardi di euro di fatturato al consumo. Negli ultimi cinque anni sia le esportazioni sia il valore della produzione sono aumentati di circa il 30%, arrivando a sfiorare una quota del 25% del valore totale nazionale delle Dop del vino. Un patrimonio legato all’identità territoriale, alla nostra distintività e alla nostra cultura che non possiamo permettere sia messo a rischio».

E ora che tecnici e giuristi hanno messo nero su bianco tutte le ragioni italiane, la palla passa a Bruxelles: «La Commissione Ue sia ora custode dei trattati europei e difenda le Dop italiane, così come tutte le Dop degli altri paesi dell’Unione da imitazioni ed evocazioni. Ci aspettiamo che lo faccia fino in fondo. Abbiamo lavorato sodo e all’unisono nella task force per mettere a punto l’opposizione dell’Italia. Sono certo che vinceremo. E non abbasseremo la guardia fino al risultato finale», ha concluso il sottosegretario Centinaio.

 

Dalla proposta della Croazia alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale europea

Tutto nasce dalla richiesta estiva avanzata dalla Croazia che ha proposto alla Commissione Europea, come già successo nel 2013, di riconoscere il Prosek come denominazione tutelata. Qualche mese più tardi, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale europea della richiesta e l’inizio dei 60 giorni di tempo entro i quali gli Stati membri possono presentare le proprie obiezioni. Italia in testa, naturalmente. Anche perché, carte alla mano, la richiesta non sembra tenere. Anzi, rappresenta un sostanziale rischio per tutto il sistema delle Doc e Igp che, a questo punto, dovrebbero giocarsela su un mercato in cui è stato sdoganato e reso lecito il fenomeno dell’Italian sounding (ossia il richiamo nel nome del prodotto a una referenza tutelata così da sfruttarne il richiamo per i consumatori).

 

Le carte storiche

Sul tema si è espresso anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: «Ecco le carte, la pistola fumante di cui parlo da giorni, che riteniamo bloccheranno per sempre le ambizioni di riconoscimento europeo del Prosek avanzate dalla Croazia». Il riferimento è a delle «tavole, documenti e riferimenti storici», rinvenuti dalla task force messa in campo dal Veneto per disinnescare la minaccia croata al business del Prosecco. Si tratta di una storia che parte da lontano, dal 1382. Allora con il termine prosek si intendevano le forniture di prosecco che partivano da Trieste per finire sulle tavole del Duca d’Austria. Circa «100 orne», si legge nei documenti storici.

Un’indicazione non di poco conto che, da un lato, constata il mancato legame fra il territorio croato e quello della denominazione (alcune incisioni in rame datate 1585-1590 riportano il nome Prosek come germanizzazione del topografico Prosecco che si riferisce alla cittadina pochi chilometri a nord di Trieste), dall’altro attesta la sussistenza di quella tradizione vitivinicola che è alla base del riconoscimento del regime Doc avvenuto nel 2009.  

 

 

La posizione della Corte di Giustizia e il precedente dello Champagne

A tal proposito, il precedente più recente riguarda la decisione della Corte di Giustizia europea sulla tutela dello Champagne. In questo caso a farne le spese è stata una catena di bar spagnola che utilizzava il segno “Champanillo”, accompagnato da un supporto grafico raffigurante due coppe vicine, riempite di una bevanda spumante, per promuovere i propri servizi richiamandosi direttamente al più celebre Champagne. La Corte ha stabilito che le denominazioni di origine protetta devono essere tutelate da condotte riferite tanto ai servizi quanto ai prodotti, anche se sono solo questi ultimi a beneficiare della denominazione Dop. E anche sui marchi di vino, la Corte è stata netta: «È sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il marchio richiesto abbia come effetto che il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra tali marchi. Conformemente alla giurisprudenza, il fatto che il marchio richiesto evochi il marchio anteriore nella mente del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, equivale all’esistenza di un siffatto nesso». Ciò indipendentemente dal fatto che il consumatore li abbia o meno confusi.

 

Prosek vs. Prosecco: due vini diversi

E se tutto questo non bastasse, c’è l’esame enologico da tenere in considerazione. Il Prosek è un vino speciale, facente parte della categoria dei vini da dessert, prodotto in non più di poche decine di migliaia di bottiglie nella Dalmazia centro-meridionale, ottenuto a partire da uve autoctone tipiche della tradizione croata come il rukatac, vugava, pošip, malvasia istriana, malvasia di Dubrovnik, lasina, babic, galica o plavac mali con una pratica molto particolare. L'uva matura, selezionata per fare il Prošek, viene innanzitutto essiccata su stuoie di paglia o vimini, appese a un filo o messe l'una sull'altra su reti metalliche a maglie fitte. A essiccazione ultimata, gli acini vengono spremuti per ricavarne il poco succo rimasto, caratterizzato da estrema dolcezza. Dopo la prima pressatura, segue la fase della macerazione: l'uva passita viene messa a bagno e poi nuovamente pressata. Il passo successivo è la fermentazione alcolica, che solitamente dura molto più a lungo della fermentazione del vino classico dal momento che il mosto ottenuto contiene molti più zuccheri. Terminata la fermentazione, il Prošek va lasciato riposare e affinare in piccole botti di legno, per donare morbidezza ed eleganza. Il risultato è un colore ambrato, abbastanza denso e strutturato, dolce e quindi capace di abbinare, al momento del dessert, le tipiche leccornie della tradizione croata, come le Kroštule e la Medimurska gibanica.

 

 

Il nostro amato Prosecco, invece, nasce dalla coltivazione di uva a bacca bianca Glera, autoctona del veneto, che dopo una prima fermentazione, viene spumantizzata con il metodo Martinotti, anche chiamato Charmat (o metodo all’Italiana dagli americani) attraverso una seconda fermentazione in autoclavi a pressione controllata. Una bollicina viva dai profumi fruttati freschi che sposa il momento dell’aperitivo in versione extra dry, ma che sempre più spesso trova collocazione a tutto pasto, nelle tipologie Brut ed Extra brut.

 

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Alberto Lupini


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