Se il Pnrr, nei suoi primi balbettanti passi, sta in qualche modo provando a imprimere una nuova marcia, con rinnovato propellente, al Sistema Paese, bene accolta è la sua seconda “R”, quella di Resilienza, nel settore vitivinicolo. Ci conforta in ciò lo studio di Rome Business School: "L’Italia del vino: analisi di un mercato in piena espansione"; che riconferma tra l’altro il nostro Paese quale maggior produttore al mondo di vino con una quota del 18%.
I numeri del mercato del vino italiano
Il valore del mercato del vino è previsto in crescita alla fine del 2021, così come tutto l'agroalimentare che dovrebbe raggiungere gli 11 miliardi di euro, con un incremento del +9% rispetto al 2020. Ancora ben distanti dai 13 miliardi del 2019 ma, appunto, con una tendenza resiliente di cui si prende atto e da cui si trae fiducia. A livello globale, il mercato del vino nell’imminente anno 2022 arriverà a 178 miliardi di euro. Già dal 2019 il Bel Paese era il primo nelle esportazioni a volume, che avevano raggiunto i circa 22 milioni di ettolitri contro i circa 21 milioni della Spagna. Insomma, il settore del vino si conferma una componente importante dell'economia italiana e palesa uno stato di salute positivo.
Gli italiani comprano sempre più vino online ma ne bevono solo 2-4 bicchieri a settimana
Le tendenze di consumo vedono una diminuzione degli acquisti nei negozi fisici e nella Gdo e un forte balzo in avanti dell'online. I dati del mercato digitale sono chiari: +75% circa le vendite sui portali web di proprietà delle cantine e delle società del mondo enologico, +435% per le piattaforme online specializzate, +747% l'incremento nei marketplace generalisti. Numeri impressionanti che lasciano facilmente intendere il repentino mutamento di scenario. Inoltre, nei mesi del lockdown, si è notata l’ascesa dei volumi di wine delivery, oltre che dell’e-Commerce. Il tendenziale calo dei consumi interni, parallelamente al deciso aumento della domanda statunitense, ha fatto scivolare l’Italia al terzo posto tra i Paesi consumatori. Si beve meno e in modo più responsabile: la media è di 2-4 bicchieri a settimana, consumati soprattutto in casa (67%) essendo i millennials quelli con un tasso di penetrazione più elevato (+84%).
Circa i consumi a livello mondiale, nel 2022 la Cina dovrebbe raggiungere il secondo posto dopo gli Usa e davanti alla Francia e la Germania, mentre il Regno Unito andrebbe a superare l’Italia collocandosi al quinto posto. Importante, infine, il contributo alla crescita dei consumi dell’Africa e dell’insieme dei mercati minori.
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Il vino si compra sempre di più al supermercato, dove i clienti preferiscono le bollicine
Export stella polare, ma la domanda è sempre più segmentata
Cimentiamoci in un riepilogo che funga anche da spunto per riflessioni. Il settore del vino non ha risentito particolarmente della crisi dovuta alla pandemia, dimostrando quella resilienza di cui si diceva. Le battute d’arresto del mercato interno sono state compensate dai risultati lusinghieri conseguiti sui mercati export. Nonostante la globalizzazione, l’offering mondiale del vino non sta indulgendo all’appiattimento e alla standardizzazione del gusto; anzi, va prospettandosi un’ulteriore segmentazione della domanda. Infatti, il bacino di domanda di prodotti di eccellenza e biologici è molto ampio e tendenzialmente in crescita anche se con dinamiche molto differenti tra i diversi prodotti. Tutto ciò lascia intravedere nuovi paradigmi di successo aziendale. In pochi anni è previsto ci siano oltre 200 milioni di “nuovi ricchi” e metà di costoro risiederà nei principali centri urbani di Cina e India. In ambito Ue molto interessante è l’ampliamento della capacità di spesa e del paniere di consumo della Polonia.
Sensibilità ambientale del cliente sempre più derimente
Siamo al momento della transizione del vino da prodotto che si vende (push) a prodotto che si compra (pull). Detta diversamente, il driver del business è costituito dal buyer o end user, divenuto competente e consapevole degli aspetti della green economy. In definitiva, proprio la tensione al miglioramento ambientale con l’attenzione che ne consegue verso la sostenibilità, induce a ritenere che la resilienza del settore funga da vettore trainante delle modalità innovative di intendere e gestire tutto il comparto agroalimentare.
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Alberto Lupini
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