Cinque stelle all'annata 2019 del Montefalco Sagrantino Docg
Coprotagonisti di "A Montefalco" anche il Montefalco Rosso Doc e il Trebbiano Spoletino Doc. L’analisi dell’evoluzione dell’area da parte del Consorzio, presieduta da Giampaolo Tabarrini.
Nomina sunt consequentia rerum. Ci sovviene questa frase latina il cui significato letterale è “i nomi sono conseguenti alle cose”, nel constatare con grande interesse l'evoluzione che vive l'area di Montefalco e il valente ruolo del Consorzio presieduto da Giampaolo Tabarrini.
Da Anteprima per voce solista, a rassegna per i vini del territorio.
Fino a qualche anno addietro l'Anteprima era... Anteprima del Sagrantino Montefalco. Niente coro, voce solista il Sagrantino Montefalco Docg. Poi, in tempi recenti, una commutazione di parole. Non più Sagrantino Montefalco bensì Montefalco Sagrantino: modifica importante, a legittimare la priorità del territorio rispetto al vitigno ed al poderoso vino da esso ottenuto. Non più voce solista la splendida Docg, ma cammei di visibilità a quanto erroneamente veniva presentato e conseguentemente percepito come una sorta di lato B: il Montefalco Rosso Doc. Negli anni ancora più recenti si rompe il tabù dei soli vini rossi da uve Sagrantino e Sangiovese e si alza il sipario anche su due bianchi: il Grechetto e il Trebbiano Spoletino. Nell'agone, sarà mica un caso, è il Trebbiano Spoletino ad ottenere maggiore, strameritata attenzione.
"A Montefalco" è la label dell'edizione 2023
Ed eccoci all'edizione 2023, appena conclusasi. Non è più Anteprima ma per piacevole calembour la A rimane e la label diviene: "A Montefalco". Nomina sunt consequentia rerum, appunto. Il magnifico Montefalco Sagrantino Docg da voce solista diviene voce del coro sebbene con un ruolo di primus inter pares che è un dovere ancor prima che un diritto.
Un dovere in quanto è doveroso sia il Sagrantino, stante la sua connotazione spiccatamente identitaria del terroir di Montefalco a farsi parte diligente e sospingere i suoi vitigni a cessare di essere negletti soggetti opachi e assumere, come è corretto che sia, il ruolo di coprotagonisti. Parliamo innanzitutto di Montefalco Rosso Doc e di Trebbiano Spoletino Doc.
Le accorte modifiche al disciplinare
Al riguardo del vino rosso, molto interessante quanto è di recente avvenuto in modifica di disciplinare. È tutto giocato, e bello sarebbe se il caso facesse scuola, su un facultare che è cosa ben diversa dall'obbligare. In breve: non più l'obbligo della cosiddetta "terza uva", da prescegliere tra le varietà presenti sul territorio, bensì la facoltà di adoperare soltanto,nelle percentuali indicate nel disciplinare, le uve Sagrantino e Sangiovese.
Modifica non da poco proprio, lo si ribadisce, per quel "rendere possibile e lecito", piuttosto che nel vietare e/o obbligare. Cosa ne è sortito? Scenario virtuosamente eclettico tra i valenti produttori: quanti hanno prontamente utilizzato la chance dell'assenza della terza uva e quanti, in prevalenza motivando ciò con la disponibilità delle uve nei vigneti propri, continuano ad utilizzare la cosiddetta terza uva.
Il Trebbiano Spoletino sta vivendo la stagione felice, ci si augura non effimera, della diversificazione in bottiglia a fronte di lavori meticolosi sia in vigna che in cantina. Oltre agli spumanti, fa capolino, interessante per pregevolezza organolettica e per suo posizionamento in divenire, la sua versione passita. Anche qui, ci piace immaginarcelo così, è il padre nobile Sagrantino che incita i suoi "vitigni sodali" a cimentarsi con versioni originali. E, nel merito, cosa dire dei vini degustati?
Alta qualità dei vini
Circa il padre nobile Montefalco Sagrantino Docg vendemmia 2019, l'autorevole referenza viene dalla classificazione ufficiale: il 2019 è intendersi annata a cinque stelle, valutazione massima. In genere appaiono evidenti le risultanze di un lavoro dapprima in vigna e poi in cantina che i vitivinicoltori più avveduti hanno cominciato circa dieci anni fa. Saprà ulteriormente progredire chi vive intensamente, sapendo ciò trasmettere ai suoi collaboratori, la tensione al miglioramento continuo.
In un articolato plotone di cantine socie del Consorzio, è ben evidente la scioltezza comportamentale di soggetti che, giunti all'equilibrio fecondo tra robustezza (valori e volumi) e anelito a diligente crescita, costituiscono benchmark per le valenti e prodi realtà di minori dimensioni. Verremmo meno al dovere di notiziare se nel timore di apparire ineleganti, non facessimo nomi. E allora (in ordine alfabetico !): Antonelli San Marco, Arnaldo Caprai, Le Cimate, Lungarotti, Romanelli, Scacciadiavoli, Tabarrini, Tenuta Castelbuono - Lunelli.
La viticoltura a Montefalco è vettrice trainante non solo l'economia di settore in accezione estesa (filiera e stakeholders) ma gli stessi assetti sociali.Si pensi all'inserimento laborioso degli extracomunitari e si pensi (e si contempli) il valore assoluto della bellezza: il paesaggio, i musei, le chiese, la qualità della vita.
Alla vite si abbraccia l'ulivo
E qui si inserirebbe altro discorso di grande interesse: l'ulivo, l'olio, il turismo dell'olio. Potrebbe mai l'Umbria, il cui paesaggio si caratterizza per la costante policroma coesistenza dell'uliveto e del vigneto, tenere separate queste due colture? Montefalco è la ringhiera dell'Umbria. Il tutto, rifuggendo dal green washing e dagli slogan parolai, praticando nella sostanza e nella concretezza delle attività quotidiane, la prassi ineludibile della sostenibilità. Tutti, ma proprio tutti !
Sostenibilità e marginalità
Può la Sostenibilità (con la S maiuscola) esistere davvero, essere praticata davvero e davvero divenire la forza motrice che saprà salvare il nostro piccolo pianeta e saprà garantire qualità della vita alle giovani generazioni, se permane essere anelito da esibire all'occorrenza e poco più? Evidentemente no: non può esistere. E allora alla S di Sostenibilità bisogna aggiungere la M di Marginalità. Insieme, binomio costituendo, S&M trainano, connotano e poi in definitiva permeano la nuova economia e gli emergenti assetti sociali scaturenti dal dopo Covid, dalla transizione ecologica, dalle misure del Pnrr (posto che non sia preagonico), dalla cosiddetta economia circolare. La M di Marginalità, dunque.
Le grandezze esibite, ed è corretto che sia così, sono gli ettari di vigneto e le bottiglie prodotte. A domanda diretta, perviene risposta circa il fatturato conseguito. Che situazione idilliaca: non c'è invenduto. Non c'è, oppure c'è ma non si dice? Vogliamo credere ad una situazione serena: il sole splende. Ah, ma allora è il momento di... riparare il tetto. Sì, saggezza suggerisce che il tetto si ripara quando c'è il sole!
Due sfide imminenti: enoturismo e Direct to Consumer
Fuor di metafora, proprio in virtù dei lusinghieri risultati conseguiti in termini di qualità e varietà dei vini, si tratterebbe ora di acquisire confidenza con le tecnologie abilitanti e le leve di formazione atte a dare vigore all'efficacia d'intrapresa, così contribuendo a raggiungere quell'utile di esercizio mediante il quale poter cospicuamente investire; e investire prioritariamente su due ambiti che sono in simbiotica correlazione: enoturismo e Dtc (Direct To Consumer).Due tematiche da affrontare, funga da sommesso suggerimento, in successiva occasione di confronto.
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Alberto Lupini