Che gusto hanno i vitigni non più coltivati da oltre 100 anni?
A Vinitaly un gruppo di ricercatori ha esposto i risultati di uno straordinario lavoro pensando ai vini del futuro e presentato l'associazione Graspo che hanno fondato in nome della salvaguardia della biodiversità italiana
Che caratteristiche ha il vino di una vigna che ha più di 400 anni? Che gusto hanno i tanti vitigni perduti non più coltivati da oltre 100 anni? Ed ancora: nella storia millenaria della viticoltura come sono i vini di varietà mai scoperte prima e che hanno generato le varietà che noi oggi apprezziamo di più? Per la prima volta a Vinitaly abbiamo avuto il piacere di incontrare questi vini "impossibili" grazie alla passione di tre enologi (Aldo Lorenzoni, Luigino Bertolazzi, Giuseppe Carcereri de Prati) e di un fotoreporter (Gianmarco Guarise) che hanno fondato l'associazione Graspo (Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e della biodiversità viticola). Questo straordinario poker di benemeriti ricercatori sta battendo la Penisola da Nord a Sud alla caccia di antichi vitigni abbandonati nella convinzione che la biodiversità possa essere una risorsa importante per il futuro della viticoltura, sia in chiave di cambiamento climatico sia dal punto di vista di una migliore diversificazione dei vini anche in una proiezione prettamente commerciale.
La diversità biologica della vite è il risultato di migliaia di anni di selezione
«La diversità biologica della vite è il risultato di migliaia di anni di selezione. Essa è determinata dalle mutazioni, dalla ricombinazione genica e dall’effetto delle pressioni selettive operate dal clima e dall’uomo ed è una eredità che la natura ci ha lasciato e che non può essere ricreata in laboratori. Una volta distrutto questo capitale non potrà essere ricostruito e sarà perso per sempre». Con questa considerazione Attilio Scienza, uno dei più autorevoli ricercatori di viticoltura ed enologia ha richiamato tutti i produttori ad una nuova attenzione alla biodiversità perché se si vuole conoscere la storia di un territorio viticolo attraverso le vicende dei suoi vini e delle sue aziende è necessaria una riflessione che parta comunque dai suoi vitigni, perché solo attraverso questi è possibile riconoscere la storia degli uomini, della loro evoluzione culturale, dei cambiamenti climatici e del sistema sociale.
Degustazioni "impossibili" di vini che da 100 anni non sono stati vinificati
Nei quattro giorni del 55° Vinitaly questi temi sono stati al centro delle numerose iniziative di comunicazione e degustazione attivate da "Graspo" in sintonia con i centri di ricerca e le tante Istituzioni sensibili a queste tematiche oggi strategiche anche in funzione dei cambiamenti climatici. Una serie di degustazioni "impossibili", mai presentate prima in altre manifestazioni frutto di vinificazioni accurate con vitigni scoperti da Graspo o con vitigni che da almeno 100 anni non sono stati vinificati in purezza. I vitigni, infatti, sono gli elementi stabili per una infinità di generazioni di viticoltori. Là dove i cambiamenti climatici sono avvenuti più lentamente si è evitata una erosione genetica devastante, ma, nonostante ciò, anche in Italia il ricchissimo patrimonio viticolo descritto dagli ampelografi nel Settecento e nell’Ottocento si è fortemente ridotto. Conservare la biodiversità viticola e valorizzarla non significa quindi mantenere le varietà di vite in una collezione, ma per le profonde connessioni tra vitigno antico e cultura del luogo che lo ha selezionato e coltivato fino ad ora queste varietà devono ritornare ad essere le protagoniste dello sviluppo agricolo ed economico di questo territorio.
L'Italia ha una grande responsabilità anche per i cambiamenti climatici
L’Italia ha una grande responsabilità anche in chiave di cambiamento climatico nei confronti della cultura viticola europea ovvero quella di custodire il senso della storia e della tradizione, di mantenere vivo quel rapporto che esiste tra universalità del mito e tradizione dove i segni e i simboli sono vincolati da vitigni antichi e dai luoghi che li hanno conservati. Monica Larner, una delle più qualificate giornaliste internazionali che da oltre 20 anni vive in Italia e osserva l'evoluzione del pianeta vino, in un suo recente articolo sul Corriere della Sera, scrive che «il grande vantaggio competitivo del vino italiano è quello di essere inimitabile perché la diversità genetica che troviamo in Italia gli assicura una prerogativa significativa davanti ai cambiamenti climatici. Nascosto in qualche angolo di questo caotico vivaio - ha scritto - esiste certamente il seme provvidenziale che produrrà vitigni resistenti alla siccità, al calore e all’umidità»
Attilio Scienza: "L'Italia è la foresta amazzonica della viticoltura"
Concetto ripreso dal professor Attilio Scienza, un luminare del settore, massimo esperto contemporaneo di viticoltura ed enologia: «L'Italia - ha dichiarato - è la foresta amazzonica della viticoltura mondiale». Possiamo quindi dire che proprio sull’onda di queste autorevoli riflessioni opera l’associazione "Graspo". Se le istituzioni preposte e i centri di ricerca sono attualmente molto impegnati sul fronte dei vitigni resistenti, l’associazione sta verificando con rilievi sul campo e microvinificazioni le peculiari caratteristiche dei vitigni considerati perduti per verificarne le potenzialità, sia in purezza che come supporto ai vitigni storici.
L’azione di “Graspo”, anche grazie al supporto iniziale di alcuni Consorzi di Tutela e di tanti amici, si è sviluppata inizialmente nell’ambito del territorio veneto ed in particolare in Alta Lessinia dove storicamente non erano mai state attivate indagini in questa direzione.
Le ricerche in Veneto, Trentino, Friuli, Piemonte, Toscana, Sicilia
Un'operatività che si è poi allargata anche ad altre realtà identificando varietà ed areali dove il recupero di una attenzione alla biodiversità viticola può essere strategica per delineare nuove prospettive produttive in contesto oggi piuttosto omologato incontrando e confrontandosi con i responsabili dei centri di ricerca ed i più autorevoli ampelografi non solo nel Veneto, ma anche in Trentino, in Friuli, in Piemonte, in Toscana, in Sicilia ed in altre regioni per individuare quali fossero oggi gli areali, le storie ed i vitigni più interessanti. Il risultato di questi primi anni di confronto, di rilievi e di vinificazioni è stato raccontato in alcune pubblicazioni e testimoniato su riviste di settore e social dedicati. Racconti dove forse per la prima volta accanto all’identificazione, alla storia, alle caratteristiche del vino vengono valorizzate le persone, che chiamiamo custodi.
Va inoltre sottolineato come spesso accanto ad importanti progetti di conservazione dei vitigni minori sia quasi impossibile oggi reperire i vini di queste cultivar proprio per la difficoltà dei centri di conservazione nell’attivare micro vinificazioni rappresentative. Questo lavoro ha previsto quindi una puntuale ricerca bibliografica, una validazione prima ampelografica e poi anche genetica delle varietà, lo studio del territorio su cui sono stati reperite, l’identificazione dei produttori custodi, il costante e puntuale monitoraggio fenologico, una sintetica descrizione ampelografica ed a seguire tutte le operazioni di raccolta, di vinificazione, di analisi e di imbottigliamento. Per le varietà più interessanti si sono anche prelevate le marze per analizzarne, nel prossimo futuro, il loro comportamento nei diversi areali.
Quei vitigni "bastardi" abbandonati ed esclusi dalla moderna viticoltura
Un percorso condiviso in tanti incontri con Istituzioni, giornalisti e produttori con il titolo di "Bastardi in culla", ovvero la biodiversità viticola, vitigni dal passato per i vini del futuro. Bastardi perché questi vitigni sono stati abbandonati, dimenticati se non volontariamente esclusi dai nuovi modelli della viticoltura che più conosciamo. In culla perché sono il frutto dell’ultima vendemmia, quindi vini che per la loro immediatezza, per l’espressione degli aromi primari possono raccontare al meglio l’identità e la personalità di vitigni quasi a tutti sconosciuti ed una biodiversità espressiva alla quale non siamo abituati. Sono i vitigni che Graspo ha individuato, seguito, studiato e vinificato negli ultimi tre anni di ricerca anche grazie a tanti viticoltori custodi. Un'esperienza di oltre 50mila chilometri in tanti territori italiani, incontrando 150 produttori, eseguendo 250 prelievi di materiale vegetale con 150 analisi del dna per stabilire l’identità dei vitigni, scoprendo ad oggi dieci nuove varietà di uva e realizzando solo nell’ultima vendemmia oltre 60 microvinificazioni. Un grande lavoro testimoniato da numerose pubblicazioni, articoli su testate generaliste e di settore, e comunicato sui social come Associazione Graspo.
Un volume monumentale sui custodi della biodiversità, sui vitigni e sui vini
L’Associazione ha inoltre presentato alcuni dossier al ministero dell'Agricoltura (a Vinitaly hanno incontrato il ministro Francesco Lollobrigida) per l’iscrizione dei vitigni più interessanti al Registro delle Varietà della Vite. Tutta questa articolata attività è testimoniata in una nuova pubblicazione dal titolo: "La Biodiversità viticola, i custodi, i vitigni, i vini." Una pubblicazione monumentale che fa sintesi del lavoro fatto fino ad oggi e diventa lo strumento ideale per accompagnare le degustazioni di questi originalissimi vini. Si tratta di un testo realizzato proprio con questo scopo, un "libro da bere", un'esperienza che affonda saldamente le radici nei vitigni del passato, ma che presenta o ripresenta sorprendentemente vini moderni che guardano al futuro. Non si tratta quindi di un mero catalogo di vitigni a rischio estinzione o a rischio erosione genetica, ma di una esperienza immersiva in questo mondo dimenticato, fatto di storie di autentico eroismo se parliamo dei tanti viticoltori incontrati, numi tutelari del territorio e della biodiversità, ma anche un racconto di quanto gli ampelografi di tutta Italia hanno fatto per identificare e preservare questi vitigni.
Racconti e testimonianze dei viticoltori eroici, numi tutelari del territorio
Con umiltà ed attenzione vengono riportati racconti e testimonianze che ci aiutano a comprendere meglio gli aspetti tecnici e legislativi che sottendono le azioni di ricerca ampelografica, abbinando ad ogni vitigno un custode, un ricercatore od un racconto con l’obiettivo di stimolare nel lettore la curiosità, non solo relativa al singolo vitigno, ma all’affascinante e complesso mondo della ricerca ampelografica. Il testo è organizzato anche in capitoli territoriali cercando di contestualizzare dove possibile i singoli vitigni nei relativi territori, sfida quasi impossibile, comunque raccolta, finalizzata a trovare per ogni vitigno a rischio estinzione incontrato nel percorso di ricerca, un’azienda che di questo vitigno diventi custode, un progetto quindi di valorizzazione dove risulta fondamentale la relazione tra la storia dell’azienda, del territorio, del vitigno e delle potenzialità del vino anche in chiave di cambiamenti climatici.
Il progetto "Ritorno" per salvare i vitigni storici della Toscana e dell'Etna
Un capitolo emblematico di questa esperienza è dedicato al progetto "Ritorno" dell’azienda Sassotondo di Pitigliano che, impegnata non solo nella salvaguardia di alcuni vitigni storici toscani come il Nocchianello, realizzerà con l’aiuto di aziende ed Istituzioni sull’Etna un Bianco Superiore in limited edition il cui ricavato è finalizzato a sviluppare da parte dell’Università di Catania la ricerca e la tutela dei vitigni storici dell'Etna, testimoni dell’unicità dei luoghi ai quali da sempre appartengono. Un volume, quindi, che non è solo un racconto dei 60 vitigni ritrovati, ma che dal passato trae ispirazione per i vini del futuro. In alto i calici. Prosit!
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Alberto Lupini