Campania: cresce il mondo del vino, ma bisogna investire ancora

La superficie vitata è di circa 24mila ettari, con una crescita degli spumanti e, in generale, delle vendite sia sul mercato nazionale sia estero. Non mancano, però, le potenzialità per incrementare ancora il business

18 marzo 2023 | 19:30
di Vincenzo D’Antonio

Per analizzare lo scenario del vino in Campania, come al solito, partiamo dai numeri e, come al solito, facciamo elogio dell'approssimazione: non riportiamo i decimali, procediamo per arrotondamenti onde leggere dati più facili da ricordare, il tutto senza svilire la veridicità dell'informazione. Due dati essenziali a prescindere dal vino, ma utili per circoscrivere lo scenario. In Italia siamo circa 59milioni di abitanti. La Campania ha una popolazione di circa 6milioni di abitanti. Ergo, circa un italiano su dieci risiede in Campania. La superficie della Campania è di circa 14mila kmq, quella dell'Italia è di circa 302mila kmq. Ergo, la Campania arriva al 5% circa della superficie totale del nostro Paese.


E detto ciò? Detto ciò, entriamo nel merito del vino in Campania. La Campania pesa solo per il 3% del vino italiano e ancora è inadeguato e sotto la media nazionale il peso delle denominazioni di origine. Si pensi che sono solo 4 le Docg campane: due bianche (Fiano di Avellino, Greco di Tufo) e due rosse (Aglianico del Taburno, Taurasi). Oltre alle 4 Docg, ci sono 15 Doc e 10 Igt. La produzione totale campana è di circa 1.700mila ettolitri. Il peso dei “colori” vede rossi e rosati al 60% e bianchi al 40%.

In forte crescita gli spumanti campani

La superficie vitata è di circa 24mila ettari. Le tre provincie più vitate sono Benevento con circa 9mila ettari, seguita da Avellino con circa 6mila ettari e da Salerno con circa 4mila ettari. A fronte di uno scenario per definizione evolvente come è quello della vitivinicoltura, ascoltiamo l'autorevole opinione dell'enologo campano Vincenzo Mercurio di recente premiato quale migliore wine maker d'Italia: «In cantina è inesorabile la crescita degli spumanti campani che seguono la tendenza nazionale, la qualità è sempre più alta ed è molto evidente e convincente la personalità che i nostri vitigni autoctoni riescono a esprimere.

Cresce sia il metodo classico sia il metodo Martinotti. La viticoltura di precisione, sebbene lentamente, si sta diffondendo ed è in crescita il numero di aziende che si è dotata di centraline meteo e di software DSS (Decision Support System). Per le mutate condizioni climatiche siamo alle prese con vendemmie sempre più difficili. Fortunatamente dal punto di vista viticolo la Campania è una delle regioni con il maggior numero di vitigni autoctoni, vitigni che si sono acclimatati nella nostra terra da moltissimi anni, vitigni resilienti che stanno tenendo bene, pur subendo l’influenza del cambiamento climatico, garantendo il risultato. La mia domanda è: fino a quando?». L'occhio lungo dell'enologo e la sua naturale propensione a pensare alla “prossima” vendemmia e ai “prossimi” vini lo portano a riflettere sulla vastità e sulla complessità del fenomeno del cambiamento climatico.

Irpinia, un territorio unico e irripetibile

Ascoltiamo tre produttori patron di prestigiose cantine: due in Irpinia ed una nel Cilento. A costoro chiediamo di raccontarci l'attualità con occhio al futuro e di dirci come approcciano la loro presenza all'imminente Vinitaly 2023. Cominciamo con Claudio Quarta, patron di Cantina Sanpaolo in contrada San Paolo di Tufo (Av), in Irpinia. Claudio Quarta considera l’Irpinia come un territorio «del Nord, a Sud» e per questo unico e irripetibile. È stato l’amore per quelli che lui chiama “mitici” bianchi, il Greco, il Fiano, la Falanghina, che lo ha spinto ad uscire dalla sua Puglia e acquisire una “nuova cittadinanza”. Ha selezionato ogni vigneto per la produzione dei pregiati vini della Cantina: Tufo è il territorio di elezione per il Greco, Lapio e Candida per il Fiano, Taurasi e Castelfranci per l’Aglianico.

Da qualche anno la cantina lavora anche su vitigni autoctoni minori, alcuni dei quali dal 2017 sono utilizzati nel progetto ‘A Livella, con il primo vino dedicato al grande Totó. Ascoltiamolo: «Quest’anno presenteremo una riedizione del “Greco di Tufo Claudio Quarta”, che ha ottenuto il massimo riconoscimento dal Gambero Rosso sin dalla prima annata nel lontano 2012, e successivamente da Bibenda e altre guide. La novità è nel nome, Puddinghe, con riferimento ai tipici conglomerati del suolo, e nel leggerissimo affinamento in rovere che esalta le caratteristiche del vino ottenuto da questa preziosa varietà». Per quanto attiene Vinitaly, così si esprime Claudio Quarta: «Il Vinitaly è sempre più “minato” dal ProWein che quest’anno lo anticipa di soli 10 giorni e gli sottrae clientela estera. Ma proprio per questo va sostenuto. Noi faremo la nostra parte e incontreremo per appuntamento clienti consolidati e potenziali invitandoli nelle nostre cantine per un loro totale coinvolgimento attraverso la migliore la conoscenza dei nostri vini, della nostra storia, persone e luoghi».

In crescita il mercato nazionale ed estero per vini campani

Ci spostiamo nel Cilento e ascoltiamo Giuseppe Pagano, patron della Cantina San Salvatore a Giungano (Sa) nel Cilento: «San Salvatore, così come altre aziende vitivinicole campane, ha visto un incremento delle vendite di circa il 15%, con un'omogeneità di crescita tra mercato regionale, principalmente Napoli e Salerno, mercato nazionale e mercato estero. Notiamo il consolidamento delle preferenze dei consumatori per il rosato, la bollicina, la falanghina e i vini rossi leggeri».

Giuseppe Pagano ci dice il suo pensiero su Vinitaly: «Andiamo a Vinitaly avendo due focus differenti, uno per il mercato estero ed un per il mercato nazionale. Sul mercato estero, mediante i nostri importatori, con i quali stiamo consolidando fruttuosi rapporti, privilegeremo bollicina, falanghina e rosato. Per il mercato nazionale, anche qui attenzione forte al rosato ed anche ai rossi ottenuti da uve Aglianico».

Oggi si apprezza l’enorme eterogeneità dei territori regionali

Torniamo in Irpinia e conversiamo con Roberto Di Meo, enologo e patron, insieme al fratello Generoso e alla sorella Erminia dell'Azienda Vitivinicola Di Meo a Salza Irpina (Av). Ascoltiamolo: «Per quanto riguarda le novità in termini di prodotto, in occasione del Vinitaly quest’anno presenteremo la Riserva di Fiano di Avellino Erminia 2004, un vino prodotto solo in annate particolari, con 18 anni di affinamento, di cui una grandissima parte in acciaio, sulle fecce fini, con un conclusivo passaggio in bottiglia. Dedicato a nostra sorella, è il prototipo e il limite estremo della Linea Tempo, prima un sogno e poi un progetto sui lunghi affinamenti, nel quale mi sono impegnato negli ultimi venti anni. Tempo fa tutto ciò mi faceva apparire come un folle: oggi invece raccogliamo un sempre crescente successo sia da parte dei nostri clienti sia da parte della critica. In questo senso lo scenario in Campania è molto cambiato, sia in termini di consumi sia di percezione esterna.

Oggi più di ieri si riconosce e dunque si apprezza l’enorme eterogeneità dei territori regionali; lo stesso accade per la longevità dei vini bianchi campani, di cui mi posso definire un precursore, senza peccare di presunzione. Fino a pochi anni fa era quasi impensabile vendere un Fiano o un Greco che non fossero dell’annata corrente, oggi quasi sta accadendo il contrario, con mia somma soddisfazione». Circa le aspettative sul Vinitaly, Roberto Di Meo così si esprime: «Ormai da tempo la kermesse fieristica è diventata polivalente: da un lato è un vero e proprio appuntamento con il mondo del vino, un momento per ritrovarsi con tutti i collaboratori, una sorta di teatro per trovare, conquistare e consolidare la propria identità, e mi riferisco soprattutto al pubblico “non tecnico”, quello degli appassionati, dei consumatori, sempre più giovani e sempre più istruiti sul vino in generale; dall’altro rimane ancora un luogo per piccoli e grandi affari, ma sicuramente non ha nell’immaginario collettivo l’identità strettamente professionale ed austera, ad esempio, di un Prowein. Noi, come team, viviamo il Vinitaly nella sua polivalenza, cercando di creare momenti originali per gli amici ritrovati e per il “nuovo“ pubblico (l’anno scorso, ad esempio, proponevamo un momento dedicato ai cocktail, utilizzando i liquori ed i distillati di nostra produzione) o delle degustazioni alla cieca su appuntamento con le nostre riserve. Allo stesso tempo assicuriamo sempre massima serietà e concentrazione ai nostri appuntamenti di “lavoro”. È un momento importante il Vinitaly».

 

Le potenzialità su cui investire e lavorare

In conclusione, ci sentiremmo di sintetizzare lo scenario individuando due grandi potenzialità: la crescita qualitativa, in sintonia con la necessaria crescita delle competenze, degli spumanti e la valorizzazione dello straordinario potenziale d'invecchiamento dei migliori bianchi, del quale probabilmente non hanno ancora precisa contezza né i ristoratori, né i consumatori. Un'altra considerazione sin qui inespressa impatta sul favorevole rapporto prezzo / qualità del buon vino campano. Nell'anno 2022, con vistosi rialzi dei prezzi e con inflazione che ha sfiorato le due cifre, quest'accessibilità del vino campano può essere fattore di successo sul mercato.

In merito al Vinitaly, tra viverlo come momento utile e opportuno e viverlo anche come male necessario, incombe comunque lo spettro di una cannibalizzazione da parte di Prowein. Sia come sia, in Campania come anche nelle altre regioni, la difficoltosa sfida da affrontare è duplice: portare a centro di profitto lo sbandierato enoturismo e attrezzarsi per fare DTC (Direct to Consumer) e DTR (Direct to Restaurant).

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Alberto Lupini


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