Brandy italiano artigianale I “moschettieri” uniti per fare sistema

“Brandy italiano artigianale-Storie di uomini, d’uve e di alambicchi” è stato il titolo di una conversazione informale che ha visto presenti degli artisti in purezza della distillazione con alcuni prodotti

12 febbraio 2019 | 11:07
di Gabriele Ancona
L’incontro si è svolto a tavola, al Design Elementi Neff Collection di Milano, in compagnia dei piatti di Stefano Cafarri e intorno ai distillati di vino di Guido Fini Zarri (Villa Zarri, Castel Maggiore, Bo), Bruno Pilzer (Distilleria Pilzer, Faver, Tn), Vittorio Gianni Capovilla (Capovilla, Rosà, Vi) e Bruno Pojer (Pojer e Sandri, Faedo, Tn).


Vittorio Gianni Capovilla, Guido Fini Zarri, Bruno Pojer e Bruno Pilzer

Quattro artigiani che stanno facendo sistema, animati dai medesimi valori: per loro distillare vino è tecnica e arte, è esperienza e coraggio di sperimentare. È soprattutto passione e senso di libertà. L’artigiano, del resto, fa il prodotto come piace a lui e se il mercato lo segue tanto meglio. In fase di invecchiamento ognuno esprime la propria personalità che si traduce poi in bottiglie uniche. A Milano le hanno proposte con l’orgoglio di chi sa realizzare prodotti senza compromessi e la consapevolezza che il Brandy italiano è sottovalutato e quello artigianale pressoché sconosciuto.

«Anche in Italia il brandy si fa bene - hanno puntualizzato all’unisono - non mettiamo in bottiglia distillati abbelliti artificialmente con zuccheri e aromi. La morbidezza è naturale e l’autenticità è il valore primario».



Produrre in modo artigianale per i moschettieri del brandy significa selezione accurata dell’uva, processo di fermentazione senza aggiunta di anidride solforosa, utilizzare alambicchi (Charentais o a bagnomaria) che estraggano gli aromi con delicatezza e lasciare che il distillato di vino invecchi in botti di rovere per tutto il tempo necessario per raggiungere l’equilibrio tra aromi naturali e alcol secondo lo stile e il gusto soggettivo. Il fronte del no è categorico: non aggiungere aromi naturali o artificiali, zucchero o caramello ed evitare qualsiasi manipolazione prima dell’imbottigliamento, effettuando la filtrazione a temperatura ambiente.



A tavola non si è svolta una degustazione liturgica. I brandy sono stati serviti tutti insieme e in seconda battuta sono sfilate le ricette elaborate da Stefano Cafarri. Nell’ordine, Distillato di Vino 1998 Capovilla, Brandy italiano assemblaggio tradizionale 10 anni Villa Zarri, Historiae Brandy Portegnac 13 anni Pilzer, Acquavite Divino Dolomiti Vendemmia 2000 Pojer e Sandri. Intensità e invecchiamenti diversi, eleganza e raffinatezza trasversali.

Dalla cucina: Capasanta brasata nel grasso del bue grasso, maionese di coralli, crema di latte di soia (brandy svaporato), Cappellotti di sfoglia di zucca, ripieno di Grana stravecchio, consumato di pollo, polvere di zucca (brandy crudo a gocce nel brodo), Cappello del prete cotto a bassa temperatura (20 ore), fondo bruno al brandy, pere leggermente marinate (brandy cotto), Cioccolato Passion Cocoa di Paolo Devoti e Brandy italiano artigianale.

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Alberto Lupini


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