Analisi e dati del mercato del vino italiano: il comparto Horeca in crescita

Il 2023 continuerà a segnare una crescita dei consumi per le bollicine tricolori e i vini passiti dolci, soprattutto naturali e biologici. Un consumatore su dieci è disposto a spendere più di 35 euro nel canale Horeca. Il mercato nazionale - per tipologie diverse - è suddiviso in 36% di vini bianchi, 32% vini rossi, 26% spumanti, 6% di rosati

17 marzo 2023 | 05:00
di Giampietro Comolli

Il 2022 ha segnato un calo costante di consumi di vino nel mondo (-1,5%), ma con un fatturato in crescita di circa il 9,5%. Crisi e cali - a volumi e a valori - nei consumi interni ed esportazioni di vino confezionato, soprattutto in Australia, Cile, Sudafrica con la Spagna, invece, che aumenta esportazioni di vino sfuso a prezzi decisamente stracciati. L’Italia è il primo Paese mondiale produttore di vino, sia normale - naturale, sia bio, primo esportatore, ma secondo per valore alla produzione e alla esportazione.

 

Esportiamo 22,1 milioni di ettolitri di vino, di cui 11,2 di vini tranquilli (in calo soprattutto vini rossi) e 1,5 di vini frizzanti confezionati, 5,4 di vini spumanti (pari a 722 milioni di bottiglie) per un valore alla dogana di poco meno di 8 miliardi di euro, con un prezzo medio per bottiglia/tipologia di 3,54 euro, in crescita fino a 4,19-4,26 euro. La Francia è prima per valore totale esportato a 12,1 miliardi di euro con metà dei volumi spediti e un prezzo medio al litro di 8,46 euro, nel 2022 in crescita a bottiglia dal 9 al 17%. Per le bollicine-spumanti stessa cosa: l’Italia esporta quasi il doppio di bottiglie della Francia e incassa 2,2 miliardi di euro dalla dogana, mentre la Francia capitalizza 4,8 miliardi di euro (+9% sul 2021).

In crescita il comparto Horeca

Da non dimenticare anche i vini frizzanti nazionali: a fronte di circa 420 milioni bottiglie consumate (pari a 0,77 miliardi di euro alla produzione), 230 milioni sono esportate per circa 500 milioni di euro, altre 120 milioni distribuite e 70 milioni hanno destinazione, in primis, ristorazione commerciale, catering e bar. I vini italiani premium sono cresciuti in Svezia, Svizzera, Canada, Usa ed Estremo Oriente. Le etichette nazionali di primo prezzo sono cresciute in Germania, Cina, Uk, Francia e Nord-Est Europa.

Il consuntivo d’anno registra un calo di vendite del confezionato (in qualunque contenitore) nella Gdo italiana (dal 51% al 46% in 2 anni), a riscontro del comparto Horeca in crescita, che copre il 44% dei consumi totali (il restante 10% circa ad appannaggio di e-commerce e vendita diretta). Il mercato nazionale (per tipologie diverse) è suddiviso in 36% di vini bianchi, 32% vini rossi, 26% spumanti, 6% di rosati.

L’Italia è il 3° consumatore dopo Usa e Francia

Gli italiani hanno speso per il consumo di vino nell’anno 14,94 miliardi di euro, i francesi 21 miliardi di euro e gli inglesi 16,1 miliardi di euro, rispetto a un fatturato mondiale di 251 miliardi di dollari nel mondo. La commercializzazione mondiale, negli ultimi anni, oscilla da 230 a 245 milioni di ettolitri di vino: l’Italia è il 3° consumatore dopo Usa e Francia. Mentre la Cina coltiva più ettari dell’Italia, circa 50mila ettari in più. Sono poco meno di 31 milioni gli italiani che bevono vino, di cui 12,1 milioni consumano un calice al giorno (meno di 100 cc).

In assoluto (ovvero sommando tutte le bevande alcoliche in commercio) in Italia si consumano solo 7,6 litri procapite anno di “alcol puro”, risultando così terzultima fra tutti i 47 Paesi europei, che mostrano punte di 12/11/9 litri nei Paesi del Nord-Europa, come l'Irlanda. In 20 anni l’Italia è il Paese produttore storico e consumatore tradizionale che fa registrare un costante calo di consumo, anno dopo anno, assestandosi nel 2022 intorno ai 30-31 litri procapite. Tenendo conto delle abitudini alimentari, del rapporto fra consumatori occasionali, abituali e winelovers, e secondo fasce di età, UniCeves ha costatato che il dato empirico pro-capite di consumo risulta essere 150 cc di vino a settimana, per adulto, maschio, ovvero vuol dire un'assunzione di 10,5 cc di alcol puro alla settimana. Forse il dato più basso in tutta Europa.

 

Nei ristoranti crescono i consumi di bottiglie premium e superpremium

Rispetto alla Gdo che ha segnato un leggero regresso, soprattutto per le etichette con prezzo medio, l’intero comparto Horeca ha fatto registrare un incremento vendite e consumi dell’eccezionale +62% rispetto al 2020 (due anni), grazie soprattutto (+74%) ai premium e superpremium (cioè bottiglie superiori a 35 e 50 euro al tavolo). Il contraltare, soprattutto per la ristorazione tradizionale, è stato quello di dover ridurre quasi del 40/50% il numero di etichette in lista, concentrando e privilegiando le Do/Ig più citate e note e le etichette con nome di vitigno più gettonati: Alto Adige, Friuli e Lombardia le provenienze più richieste per vini bianchi; Piemonte e Toscana per i rossi.

Le enoteche hanno ridotto meno le referenze esposte, anzi a volte ampliando la gamma soprattutto di bollicine (regionali) e di vini particolari (passiti naturali disciplinati come lo Zibibbo di Pantelleria). Stando alle risposte degli addetti ai lavori nella ristorazione e mescita, un cliente su due guarda al prezzo prima di ordinare la bottiglia intera. Infatti nel 2022 il mercato nazionale del vino si concentra in particolare su due binari di prezzo molto preciso: allo scaffale bottiglie entro il 5-7 euro e al tavolo quelle sopra i 15-18 euro.

I numeri delle denominazioni ed etichette nazionali consumate fra estero e mercato nazionale

In 20 anni l’Italia ha perso il 26% del consumo di vino e in un anno si stappano fra tutte le tipologie e denominazioni 3,3 miliardi di bottiglie, di cui 2,4 a denominazione. Ecco i numeri delle principali denominazioni e etichette nazionali consumate fra estero e mercato nazionale: poco meno di 950 milioni di bottiglie di spumanti fra cui 16,5 di Franciacorta, 8,2 Trento, 4,5 milioni “altre” etichette di metodo tradizionale classico. 60 milioni di Asti, 26 milioni di Oltrepò Pavese e Piacentino, 45 di “altri spumanti Dop e Igp e di vitigno” e poco meno di 800 del sistema Prosecco (Doc 683 milioni, Asolo 22, Valdobbiadene e Conegliano 91 milioni) di metodo italiano (no Charmat, no Martinotti per piacere!). Il vino “bio” targato Italia (da tutte le 22 regioni) sui vari mercati ha raggiunto quota 260 milioni di bottiglie stappate, soprattutto provenienti da Sicilia e Puglia.

 

In prima fila con circa 300 milioni di bottiglie il Pinot Grigio Dop-Igp delle Venezie e simili, la Sicilia Dop con 95 milioni, i vari Montepulciano di Abruzzo e altri a quota 120 cui aggiungere 10 milioni di Nobile e Rosso, il Chianti con 84 milioni e il Classico con 36. In più 60 milioni di Sangiovese sparso fra più regioni: la costa Toscana (con i 7,6 di Bolgheri, i 6,8 di Maremma, gli 8 di Morellino e altri Docg e Doc ) per 28 milioni, la Bonarda&Croatina circa 21 milioni, Vermentino e Lugana 18 milioni, Trebbiano 25 milioni, la Vernaccia di san Gimignano con 4,5 , il Rosso di Montefalco e Sagrantino per 8,5, poi il Brunello e Rosso di Montalcino a quota 18 milioni, Amarone 16 milioni, Barolo e Barbaresco 13,5, le Langhe Roero Monferrato per 90 milioni, il Soave con Durello e i vitigni tipici del Veneto occidentale per 80 milioni, altrettanti in zona Romagna e dalla Puglia fra Pignoletto, Trebbiano e Salento e altre doc del Tavoliere, circa 15 milioni dalla Sardegna e altrettanti da Lazio Dop e dalla Umbria, 22 milioni di Moscato d’Asti, per citare i più importanti. Fra i frizzanti i 200 milioni dei vari Lambrusco Dop emiliani e lombardi, altri 80 milioni fra Emilia Igt e Colli Piacentini con nomi di vitigno come Malvasia e Barbera, il Veneto e la Romagna con alte 75 milioni di bottiglie. A queste bisogna aggiungere i vini “da tavola” (come si chiamavano fino al 2009) tranquilli e frizzanti, confezionati non in bottiglie di vetro, ma in bag in box o tetrabrik. Due grandi gruppi vinicoli detengono l’80% del mercato nazionale ed estero pari a circa 190 milioni di pezzi, di cui solo il 29% consumato all’estero.

Cosa ci dicono i dati sul 2023?

Le tendenze registrate come Ovse e come Uni Ceves e le stime confermano per il 2023 un calo dei consumi di alcolici in generale fra il 2,5 e il 14,5% rispetto all’anno precedente, ovvero una media stimata del 4% vuol dire una perdita, a valori in crescita, di 4,6 miliardi di dollari all’anno nel mondo. In ogni caso il calo nel comparto Horeca è stimato molto inferiore. L’Italia sembra oggi posizionata meglio per consumi e tendenze. Le grandi aziende vinicole italiane non vedono cali in arrivo, viceversa le piccole aziende vitivinicole. Il 2023 continuerà a segnare una crescita dei consumi per bollicine tricolori (+ 1,1% volumi e + 3,1% valore) e vini passiti dolci, purchè con elaborazioni naturali, certe, rispettose, bio.

 

Da tener presente: 1 consumatore su 10 è disposto a spendere più di 10 euro la bottiglia in Gdo e più di 35 euro in Horeca. I grandi Paesi consumatori, e anche quelli maggior produttori, segneranno le maggiori frenate e distinguo: nel Nord Europa e America si presumono in crescita vini e bevande a basso tenore alcolico. In crescita anche “altri spumanti” metodo italiano e metodo tradizionale sia Do sia Ig di zone diverse non tradizionali. Calo ancora dei consumi pro capite e una conferma di una segnale già annotato: i giovanissimi compresi entro la fascia di età fino a 22-24 anni non bevono vino, meno della media anche di birra, anche di bassa gradazione.

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Alberto Lupini


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