Ad Abruzzo in Bolla in primo piano il futuro della spumantizzazione italiana

"Abruzzo in Bolla" ha riunito produttori ed esperti per discutere l’evoluzione della spumantizzazione italiana. Masterclass e degustazioni hanno evidenziato il potenziale delle bollicine abruzzesi

26 settembre 2024 | 09:30
di Eleonora Lopes

Dove sta andando la spumantizzazione italiana? Anche l’Abruzzo da un po’ di anni si sta prendendo la sua fetta di mercato nel settore delle bolle che siano metodo classico o Martinotti. Per provare a rispondere a questa ed altre domande, il mondo degli spumanti si è ritrovato all'Aquila lo scorso 13 settembre ad “Abruzzo in Bolla”. L’evento è organizzato e promosso dalla rivista Virtù Quotidiane fondata dal giornalista Marco Signori, col patrocinio del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo e di L’Aquila Capitale della cultura 2026 e il sostegno del Gal Gran Sasso-Velino. Giunta alla sua seconda edizione, hanno partecipato alla kermesse enologi, produttori, critici e giornalisti da ogni parte d'Italia. Per l'intera giornata sono stati aperti i banchi d'assaggio con ben 27 cantine e si sono susseguiti talk e masterclass.

Abruzzo in Bolla, le cantine presenti

Dalle microproduzioni ai colossi della cooperazione, da chi spumantizza da decenni a chi lo fa solo da poche stagioni, dal metodo classico a quello Charmat hanno partecipato:

  • Biagi
  • Cantina Frentana
  • Cantina Tollo
  • Casal Thaulero
  • Citra
  • Ciccone
  • Centorame
  • Collefrisio
  • Contesa
  • Dora Sarchese
  • Faraone
  • Fausto Zazzara
  • Feudo Antico
  • La Quercia
  • Piandimare
  • Poderi Costantini
  • San Lorenzo
  • Nododivino
  • Legonziano
  • Tenuta Ulisse
  • Vignamadre
  • Vigna di More
  • Vinco

E nel corner collettivo presenti anche i prodotti di D'Alesio, Illuminati, Di Ubaldo e Cioti.

Abruzzo in Bolla, l’edizione 2024

Il programma dei talk è partito con "Dalle cime agli abissi, gli affinamenti speciali dello spumante" con gli interventi di Bruno Carpitella di Vini d’Altura che posiziona le bottiglie sotto la neve del Gran Sasso d'Italia, Gianluca Grilli di Tenuta del Paguro a Ravenna che affina sotto il mare Adriatico, Pierluigi Lugano de La Cantina Bisson “Cantina degli Abissi” a Sestri Levante (Ge) che fa la stessa cosa sotto il mar Ligure, considerato uno dei pionieri dell'affinamento sott'acqua che ha avviato negli anni Novanta, Francesco Leo di Cantine Paololeo, a San Donaci (Brindisi), e Antonio Arrighi dell’Azienda agricola Arrighi di Porto Azzurro (Li), che immerge le uve e non le bottiglie a largo dell'isola d'Elba. «Facciamo già degli studi e delle analisi scientifiche comparative tra il prodotto che affina in cantina e quello che posizioniamo sott'acqua o sotto la neve», hanno detto un po' all'unisono i relatori intervistati da Marcella Pace e rispondendo anche ad alcuni interventi del pubblico che ha chiesto perché non venissero resi pubblici questi risultati in modo da mettere fine alle controversie che questi affinamenti siano solo operazioni di marketing.

 

Si è proseguito con “Gli spumanti del Mezzogiorno e la (ri)scoperta dell’autoctono” condotto da Serena Leo, dove Antonio Pisante di Pisan-Battèl, a San Severo (Fg) considerato l'alfiere del Bombino della Capitanata, Annapaola Cipolla di Tenute Orestiadi, a Gibellina (To), Massimo Setaro di Casa Setaro-I vini del Vesuvio, a Trecase (Na), e Federico Faraone di Azienda agricola Faraone, a Giulianova (TE) hanno portato le proprie testimonianze, accomunate dalla produzione di bollicine a base di vitigni autoctoni, scardinando il luogo comune secondo il quale al sud non si può parlare di spumanti perché mancano storicità e tradizione. E poi il confronto più atteso, quello condotto da Antonio Paolini con le testimonianze di Mattia Vezzola, protagonista della "saga" del Franciacorta, del direttore del Consorzio Alta Langa, Paolo Rossino, di uno dei più importanti importatori, Pietro Pellegrini, di Umberto Cosmo, produttore di Prosecco che ha analizzato il successo e l'esplosione della bollicina più venduta che trascina il mercato ma anche dei rischi che ora corre, e del professor Leonardo Seghetti che ha ripercorso la storia della spumantizzazione abruzzese, "piccola di dimensioni ma profonda come tempi" come ha ricordato il moderatore.

Abruzzo in Bolla, le masterclass

Tra le masterclass, molto interessante quella condotta da Tommaso Caporale che ha guidato una degustazione del tutto inedita che si fa con le orecchie in cui sono stati assaggiati alla cieca quattro prodotti abruzzesi del neonato marchio Trabocco Doc (un brand per valorizzare gli spumanti abruzzesi), attraverso il metodo di analisi acustica del perlage. A soddisfare il palato dei presenti gli show cooking condotti dell'Unione regionale cuochi, con gli chef abruzzesi Stefano Ferrauti e Matteo Di Panfilo coordinati dal prof. Vincenzo Ambrosini. Gli ospiti hanno potuto degustare alcuni piatti della tradizione abruzzese come il ciabotto (piatto di vegetali cotti in umido) o l’agnello realizzati in chiave moderna.

 

Un evento che, più che dare risposte alle tante domande che pone oggi il mondo degli spumanti, ha voluto fare il punto, insieme ad ospiti competenti e produttori provenienti da tutta Italia, sull’importanza di questo settore, sia in termini di qualità che economici, anche in una regione come l’Abruzzo che di certo non vanta una tradizione nella spumantistica. Il primo spumante, metodo classico, in Abruzzo, fu imbottigliato da Faraone, produttore visionario di Giulianova (Te). I vitigni privilegiati sono sempre stati la Cococciola e il Montonico, dotati di grande acidità, oggi vengono utilizzati i vitigni autoctoni e quelli internazionali.  L’appuntamento di Abruzzo in Bolla è per il prossimo anno.

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