Abruzzo: i numeri della vendemmia sono catastrofici, ma la qualità potrebbe migliorare

La regioni del Centro-Sud stanno registrando numeri drammatici nella quantità di uva raccolta in questo 2023, con un calo tra il 40 e il 50% (Ismea), a causa principalmente di parassiti e condizioni climatiche avverse . Il presidente del consorzio regionale dell'Abruzzo, Alessandro Nicodemi, però sottolinea come questo possa anche portare ad una crescita qualitativa

19 settembre 2023 | 05:30
di Nicholas Reitano

Il 2023 sarà un annata da dimenticare per il vino italiano, soprattutto in termini produttivi. Il settore enoico del Belpaese infatti sta affrontando una vendemmia con numeri tutt’altro che positivi: secondo i dati illustrati da Ismea, la produzione ammonterebbe a 44 milioni di ettolitri, in calo del 12% rispetto ai 50 milioni dello scorso anno. Questo rallentamento ha colpito in modo particolare le regioni del Centro-Sud, tra cui spicca l’Abruzzo, che quest’anno vedrà una vendemmia praticamente dimezzata, con un calo che si avvicina al 40%.

Per questo, la redazione di Italia a Tavola ha contattato il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, che ci ha spiegato nel dettaglio i numeri del raccolto del 2023 e le cause di questo brusco calo nella produzione.

Nicodemi, come commenta i dati pubblicati dall’Osservatorio Ismea?

I dati sono confermati. C'è un notevole calo, ma, come è sempre giusto sottolineare, il bilancio si tira alla fine della vendemmia. Però le prime uve che stanno entrando, purtroppo, portano questi numeri. La quantità, insomma, è stata un bel deficit e non penso che ci discosteremo troppo da questi dati.

Cala la quantità, ma la qualità dell’uva è sempre la stessa, giusto?

Giusto. E qualitativamente parlando, forse quella del 2023 è anche superiore alle altre annate. L'uva ha qualità maggiori perché la pianta alimenta meno figli ma lo fa meglio. Quindi, quella che è rimasta in campo e che si sta portando in cantina è buona, su questo non ci sono dubbi. Ma, appunto, la quantità manca, forse anche in maniera un po’ eccessiva.

Tornando alla quantità: quando le cantine hanno iniziato a comunicare o registrare questo calo?

Come consorzio, già da aprile, subito dopo il Vinitaly, abbiamo cominciato ad alzare l'asticella dell'attenzione perché vedevamo i danni fatti dalla peronospora. Quindi abbiamo iniziato a parlare di un forte calo delle rese già da aprile-maggio-giugno. Poi bisogna considerare che l'Abruzzo ha anche una buona percentuale di piante biologiche, dove il danno è stato ancora più alto. Il problema della peronospora è un danno indotto: abbiamo avuto più di 40 giorni di pioggia su due mesi e questo impediva di entrare in campo per fare i trattamenti necessari alla pianta. E così si è sviluppata la malattia. Ed è una situazione in cui si è ritrovata più o meno quasi tutto il Centro-Sud, in particolare la dorsale adriatica, quindi Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. E, da quello che sento, qualche aiuto dovrebbe arrivare perché ci troviamo in una situazione catastrofica. È come se da un anno all’altro un’azienda fatturasse il 50% del prodotto in meno. Possiamo dire che è sull'orlo del fallimento.

Mentre per quanto riguarda la giacenza? Le cantine italiane hanno registrato una “cambusa” troppo piena in questi ultimi anni. Ma, secondo lei, questa poca produzione del 2023, si bilancerà con quello che avete in cantina? Oppure no?

Sicuramente l’Abruzzo è una di quelle regioni con una giacenza di vino importante. Ma il consumo di vino pro-capite in Italia e nel mondo sta scendendo. Le giacenze di cantina, oggi, possono sì aiutare in questa situazione, però non deve essere questo l’approccio per dire che il problema delle cantine piene è risolto perché è un problema destinato ad aumentare sempre di più. Perché, ripeto, il consumo di vini - in particolare quelli del Centro-Sud perché sono grassi e corpulenti, con il mercato che richiede generalmente vini più esili - sta scendendo sempre di più.

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Alberto Lupini


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