Sportivi, fermatevi e riposate Dormire migliora le performance

Allenarsi, certo è il principio cardine per ottenere dei risultati sportivi. Ma è ormai assodato che, sia a livello professionistico che amatoriale, il riposo è parte integrante dell’allenamento

07 ottobre 2019 | 15:00
di Federico Biffignandi
L’attività sportiva rischia di diventare una droga. In un’epoca in cui arrivano continui input sulla forma fisica, sul dimagrimento, sul non potersi fermare per nessun motivo, è più che mai necessario sapere quanto sia determinante il riposo. Riposare significa, principalmente, dormire, che è l’arma migliore di cui dispone il nostro organismo per rigenerarsi. Eppure questo è un concetto che fatica ancora ad essere compreso dagli sportivi, professionisti ma soprattutto amatori.
Sacha Sorrentino, esperto di nutrizione sportiva, ne ha parlato in esclusiva per Italia a Tavola evidenziando anche i passaggi che compongono il confronto tra uno sportivo ed un professionista della nutrizione quale è lui.
Il paziente sportivo spesso è un paziente che già sa tutto, sono molto preparati perché sono acculturati di loro. Gli sportivi amatoriali sono più ferrati, sono una categoria particolare.


Allenarsi fa bene, ma non dimenticate l'importanza del riposo

Con quali necessità viene da lei uno sportivo e quali sono le prime domande che lei gli pone per avviare il programma?
Il paziente che pratica sport è un paziente che sa già tutto. Gli atleti sono molto preparati e acculturati, quelli amatoriali poi sono veramente ferrati, ma compongono una categoria a parte. Se è ovvio che l’atleta viene da me perché ha bisogno di me, non è così scontato che io riesca a convincerlo di ciò che gli propongo, per cui il primo mio obiettivo è fare in modo che lui si fidi di quello che gli dico. Per raggiungere questo obiettivo cerco sempre di dare qualcosa in più o di diverso rispetto alla marea di informazioni che circolano in rete in materia di alimentazione. La prima cosa che cerco di far capire ad uno sportivo è che non si può iniziare una dieta senza sapere determinate informazioni sul suo stile di vita: quanto dorme, come dorme, quante volte va in bagno, come si comporta il suo intestino. Io ho l’obiettivo di migliorare la loro performance sportiva, ma questa non può prescindere da un miglioramento dello stile di vita.

Quali sono gli errori più comuni che riscontri negli stili di vita di uno sportivo?
Lo sportivo, quello serio, spesso va in una condizione che in gergo si chiama “over-training” ovvero si allena in maniera eccessiva, è drogato della sua attività fisica. Questo alla fine sposta l’ago della bilancia del suo equilibrio e non è mai un buon segnale. Come si manifesta l’over-training? Con il sonno alterato, sia in qualità che in quantità, oltre ad una serie di problemi gastrointestinali.

Dunque l’errore più complicato da correggere è proprio quello della mancanza di riposo?
Sì, anche perché spesso sono i preparatori a spremere a fondo i propri atleti e questo è segnale di una mancanza di conoscenze; bisogna sapere che il muscolo per rendere al meglio ha bisogno anche di riposo. Quando imponi ad uno sportivo di star fermo tuttavia gli crei un problema, perché diventa un leone in gabbia.

Come si può lavorare sulla qualità e sulla quantità del sonno?
È importante prima di tutto accorgersi di alcuni segnali. Se già un paziente mi dice che si sveglia stanco è un indicatore importante; poi bisogna capire quanti risvegli fa la notte, quanto è difficile addormentarsi, quali abitudini ha la sera prima di coricarsi. A questo punto è necessario fare un quadro della situazione ed eventualmente rivolgersi a medici specialisti per risolvere le problematiche emerse.

Dopo quanto tempo si inizia a parlare di dieta?
Prima di tutto uno sportivo che viene da me deve per forza avere con sé degli esami del sangue, anche perché senza quelli è inutile ad avviare un discorso. Da questi emergono infatti parametri fondamentali come l’assorbimento delle vitamine, l’emocromo, la funzionalità di fegato e reni e quindi tutti quelli che sono i principali fattori metabolici e che consentono al fisico di potersi permettere certe prestazioni. Una volta avute tutte queste informazioni si iniziano a dare consigli personalizzati sull’alimentazione.

È corretto dire che l’obiettivo di un’alimentazione corretta è quello di aumentare il benessere e che non bisogna ridurre semplicemente tutto alla perdita di peso?
Più che perdere peso, bisogna avere idea di cosa si sta facendo. Io parto da un’analisi corporea perché a me interessa prima di tutto capire la composizione del mio paziente. Io posso avere di fronte una persona che pesa di più di un’altra, ma che non è necessariamente più “grassa” di quella che pesa meno. Bisogna infatti capire la qualità del materiale biologico che compone ogni paziente.

C’è una tipologia di sport che è più complicato gestire dal punto di vista dell’alimentazione?
Tutti gli sport di endurance sono sicuramente i più complessi. Penso al triathlon che è quello un po’ più difficile perché c’è una mole di lavoro altissima e la quantità di riposo è bassa. Inoltre i problemi del triathlon sono di tipo gastrointestinali perché è una gara lunga che esige di alimentarsi in gara ed è complesso perché si cambia sport senza sosta e quindi movimento e quindi anche condizioni atmosferiche: basti pensare allo sbalzo termico tra l’essere in acqua e l’essere fuori dall’acqua.

Cosa cambia tra lo stile di vita di uno sportivo professionista e di uno amatoriale?
Quello che cambia è la quantità di riposo: un professionista una volta che ha finito la sua prestazione può dedicarsi ai massaggi e, in generale, alla cura del corpo. L’amatore invece molto spesso dopo l’attività deve andare a lavorare anche in condizioni complicate. Cambia il tempo a disposizione per mantenere il proprio corpo. A livello di mole di lavoro invece dipende dallo sport, ci sono amatori che si allenano tanto quanto un professionista.

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Alberto Lupini


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