Rottura dei legamenti del ginocchio: come ritornare a fare sport?

Un infortunio piuttosto comune, ma molto complicato e doloroso che richiese l'intervento chirurgico. Per tornare a praticare il proprio sport preferito, dunque, è necessario che l’articolazione si sia ripresa completamente

02 febbraio 2022 | 15:18

Un infortunio piuttosto comune, ma molto complicato e doloroso, è costituito dalla rottura dei legamenti del ginocchio. Si tratta di un evento traumatico provocato da movimenti rotatori o legati a cambi di direzione improvvisi oppure da contatti violenti con l’avversario in particolare svolgendo un’attività fisica intensa o uno sport di “contatto” (calcio, basket, rugby ecc). Per questo motivo, la rottura dei legamenti del ginocchio è piuttosto frequente per chi pratica sport, sia a livello professionistico sia amatoriale. Per tornare a praticare il proprio sport preferito, dunque, è necessario che l’articolazione si sia ripresa completamente, in modo tale che i movimenti non siano limitati, che sia ripristinata la stabilità articolare e che, pertanto, l’atleta non rischi di andare incontro a un’altra lesione legamentosa. Approfondisce l’argomento il dottor Enrico Arnaldi, responsabile di Ortopedia artroscopica e Ricostruttiva del ginocchio in Humanitas, in un articolo di Humanitas Salute che pubblichiamo integralmente.


Legamenti del ginocchio: a cosa servono?

Chiamiamo legamenti le robuste formazioni di tessuto connettivo denso e fibroso che hanno come funzione quella di tenere uniti due segmenti ossei. I legamenti dell’articolazione del ginocchio si distinguono in centrali e periferici. I legamenti centrali sono il legamento crociato anteriore e il legamento crociato posteriore e si trovano all’interno dell’articolazione stessa, i legamenti periferici invece sono posti a rinforzo della capsula articolare distinguendosi in collaterale mediale ed esterno, e complesso postero esterno e postero interno.


Questa complessa costruzione anatomica permette una corretta funzionalità del ginocchio, ma è sovente a rischio piuttosto frequente di infortuni.


Durante i movimenti, i legamenti si occupano della stabilità articolare, mentre i menischi assorbono le forze esercitate sull’articolazione. I menischi sono costituiti da due “cuscinetti” di fibrocartilagine posti tra femore e tibia e fungono proprio da “ammortizzatori” dell’articolazione, oltre a contribuire alla stabilità articolare insieme ai legamenti stessi. Fra i legamenti più esposti a rottura ci sono i legamenti crociati, soprattutto il legamento crociato anteriore (Lca) sia a causa della sua posizione, sia per il ruolo che gioca all’interno dell’articolazione.


I movimenti che possono causare la rottura di uno dei legamenti del ginocchio, in ogni caso, sono facilmente riconoscibili: rotazione forzata, arresto brusco, cambi di direzione improvvisi o traumi diretti sulla zona del ginocchio, come una caduta violenta o un contatto brusco con l’avversario.


Esistono anche dei fattori ereditari rappresentati da particolari caratteristiche scheletriche del femore e della tibia, che possono aumentare il rischio di rottura legamentosa.


L’intervento chirurgico

Quando un legamento si rompe, la scelta del trattamento è importante non solo per permettere un pronto recupero del paziente, ma anche in funzione  della prevenzione di un possibile secondo evento traumatico. Questo perché, sovente, la mancata ricostruzione del legamento lesionato e di un corretto ripristino della stabilità legamentosa, aumenta le probabilità che il ginocchio vada incontro a un secondo infortunio.


L’intervento chirurgico, e pertanto la ricostruzione del legamento o dei legamenti lesionati, rappresenta l’opzione più corretta, in particolare per individui molto attivi dal punto di vista sportivo ma anche per coloro che svolgono mansioni lavorative piuttosto gravose per le ginocchia.


Come avviene la ricostruzione

L’intervento consiste nella ricostruzione del legamento lesionato con un innesto di un tessuto tendineo prelevato dal paziente stesso, questo vale soprattutto per la lesione del legamento crociato anteriore o, anche se meno frequentemente, del legamento crociato posteriore: in questo modo viene sostanzialmente ricostruito il legamento lesionato in quanto la riparazione risulterebbe inefficace e spesso neanche possibile (proprio per un problema biologico di incapacità del legamento rotto di ripararsi una volta suturato).


Questo tipo di ricostruzione avviene con tecnica chirurgica artroscopica cioè senza esporre l’articolazione con lunghe incisioni chirurgiche e con la possibilità di trattare contemporaneamente, dove possibile e dove vi sia la necessità, anche eventuali lesioni associate come per esempio lesioni meniscali o cartilaginee.


Fondamentale rispettare i tempi di recupero

A seguito dell’intervento è necessario un tempo di recupero piuttosto lungo, per consentire la guarigione biologica delle strutture legamentose soprattutto se si tratta di pazienti giovani adolescenti.


Occorre infatti rispettare i tempi necessari per la “maturazione” dell’innesto utilizzato per la ricostruzione nel senso di una sua completa bio- integrazione: un tempo che comporta alcuni mesi di riabilitazione con una progressiva e molto graduale  ripresa dell’attività sportiva, arrivando in certi casi persino a 9-10 mesi per i pazienti giovanissimi. È importante sottolineare che, anche con una completa ripresa delle funzionalità, se il recupero viene forzato, le possibilità di andare incontro a un nuovo evento traumatico sono molto alte.

 


Come tornare all’attività sportiva?

Per tornare a fare attività fisica, sia professionalmente sia a scopo ricreativo, il paziente deve sottoporsi a un’accurata valutazione da parte dello specialista.


In caso si pratichi sport a livello agonistico, solitamente le squadre hanno a disposizione preparatori atletici che seguono quotidianamente gli atleti e che, con una serie di test, in concerto con lo specialista ortopedico, sono in grado di valutare l’idoneità alla ripresa dell’attività sportiva.


Per chi pratica sport a livello amatoriale, invece, il consiglio è di non forzare i tempi di rientro e affidarsi a specialisti professionisti che possano predisporre un programma di riabilitazione da seguire nei mesi successivi all’intervento.

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Alberto Lupini


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