Obesità, dopo la chirurgia serve cambiare le abitudini
Le operazioni chirurgiche finalizzate a far diminuire il peso di una persona possono aiutare a prevenire o curare altre malattie metaboliche, ma è sempre necessario anche il contributo del paziente
30 ottobre 2019 | 12:44
Da diversi anni la chirurgia dell’obesità, oltre a contrastare l’eccesso ponderale e dunque far diminuire di peso le persone obese, si è rivelata efficace nel fronteggiare le malattie metaboliche, come il diabete, l’ipertensione arteriosa e le malattie cardiovascolari. Ne ha parlato il dottor Giuseppe Marinari, Responsabile di Chirurgia bariatrica in Humanitas, in un’intervista televisiva.
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L’obesità è una malattia perché accorcia l’attesa di vita in quanto provoca malattie metaboliche come il diabete e l’ipertensione arteriosa che a loro volta sono causa di infarti e ictus; provoca insufficienza respiratoria; apnee del sonno (correlate anch’esse con la malattia cardiovascolare); determina enormi problemi in termini ortopedici e di deambulazione e impatta in maniera considerevole sulla qualità di vita, che risulta fortemente compromessa.
Negli ultimi dieci anni poi è emerso con sempre maggior forza il legame tra obesità e insorgenza di alcuni tipi di tumore e disponiamo già di evidenze scientifiche dalle quali emerge che i pazienti obesi operati si ammalano di questi tumori meno degli obesi non operati; parliamo di tumori alla mammella, del colon, del pancreas e dell’utero: sono tumori importanti e la chirurgia dell’obesità permette di ridurne il rischio.
Nella chirurgia dell’obesità è fondamentale la collaborazione multispecialistica. Lavorare con i diabetologici, gli endocrinologi, i cardiologi e i gastroenterologi ci ha aiutato a capire che la chirurgia dell’obesità non ha una funzione puramente meccanica e dunque non agisce solo perché riduce il volume dello stomaco, ma agisce perché sovverte la produzione di quegli ormoni che dal tubo digerente segnalano al cervello lo stato di fame e di sazietà. L’approccio multispecialistico inoltre ci ha permesso di comprendere che alcuni disturbi del comportamento alimentare sono in alcuni casi una controindicazione alla chirurgia. La collaborazione con psicologi, psichiatri e dietologi ci aiuta dunque a selezionare con maggior attenzione i pazienti da sottoporre a chirurgia.
In questo momento i due interventi più eseguiti al mondo sono la sleeve gastrectomy e il bypass gastrico. A seconda dei diversi casi e delle esigenze del paziente si sceglie un intervento o l’altro. La sleeve gastrectomy non tocca l’intestino ma rimuove una grossa fetta di stomaco in senso verticale. L’efficacia non è data solo dalla riduzione del volume dello stomaco, ma anche dal fatto che nella parte di stomaco rimossa ci sono le cellule che producono gli ormoni della fame e dunque l’intervento agisce sui meccanismi che inducono la fame nel paziente. Il bypass gastrico è molto conosciuto, anche perché è il più vecchio intervento che abbiamo a disposizione. Lo stomaco viene bypassato e il cibo non lo attraversa più, anche qui con riduzione della fame e un forte aumento della sazietà. Si tratta di un intervento con azioni metaboliche potenti, in grado di migliorare molto il compenso metabolico nei soggetti affetti da diabete di tipo 2.
Questo si traduce, in più dell’80% dei soggetti diabetici operati, nell’abbandono o quanto meno nella riduzione dei farmaci anti diabete, sia di tipo orale sia di tipo iniettivo. I meccanismi attraverso i quali si ottiene questo effetto sono molteplici, ma uno dei principali consiste nel fatto che con il bypass gastrico oltre allo stomaco viene bypassata anche la prima parte dell’intestino, che si chiama duodeno, e proprio il bypass del duodeno ha una forte azione di stimolo sulla beta cellula, cioè sulla cellula del pancreas deputata alla produzione di insulina. In pratica dopo un bypass gastrico il pancreas produce più insulina, e questo unito alla perdita di peso e quindi alla scomparsa dell’insulinoresistenza, migliora il compenso glicemico, portando alla remissione parziale o completa del diabete tipo 2.
Dopo l’intervento, in Humanitas i pazienti vengono seguiti da tutto il gruppo multidisciplinare e vanno accompagnati nel cambiamento del loro comportamento alimentare. All’inizio infatti la potenza dell’intervento è molto significativa e dunque il paziente non fa affatto fatica a perdere peso, ma per mantenere i risultati a lungo è necessario che il paziente assuma un nuovo comportamento alimentare e un nuovo stile di vita, altrimenti il rischio è che riprenda peso vanificando il successo chirurgico», ha concluso lo specialista.
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L'obesità colpisce in Italia anche tanti bambini
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L’obesità è una malattia perché accorcia l’attesa di vita in quanto provoca malattie metaboliche come il diabete e l’ipertensione arteriosa che a loro volta sono causa di infarti e ictus; provoca insufficienza respiratoria; apnee del sonno (correlate anch’esse con la malattia cardiovascolare); determina enormi problemi in termini ortopedici e di deambulazione e impatta in maniera considerevole sulla qualità di vita, che risulta fortemente compromessa.
Negli ultimi dieci anni poi è emerso con sempre maggior forza il legame tra obesità e insorgenza di alcuni tipi di tumore e disponiamo già di evidenze scientifiche dalle quali emerge che i pazienti obesi operati si ammalano di questi tumori meno degli obesi non operati; parliamo di tumori alla mammella, del colon, del pancreas e dell’utero: sono tumori importanti e la chirurgia dell’obesità permette di ridurne il rischio.
Nella chirurgia dell’obesità è fondamentale la collaborazione multispecialistica. Lavorare con i diabetologici, gli endocrinologi, i cardiologi e i gastroenterologi ci ha aiutato a capire che la chirurgia dell’obesità non ha una funzione puramente meccanica e dunque non agisce solo perché riduce il volume dello stomaco, ma agisce perché sovverte la produzione di quegli ormoni che dal tubo digerente segnalano al cervello lo stato di fame e di sazietà. L’approccio multispecialistico inoltre ci ha permesso di comprendere che alcuni disturbi del comportamento alimentare sono in alcuni casi una controindicazione alla chirurgia. La collaborazione con psicologi, psichiatri e dietologi ci aiuta dunque a selezionare con maggior attenzione i pazienti da sottoporre a chirurgia.
In questo momento i due interventi più eseguiti al mondo sono la sleeve gastrectomy e il bypass gastrico. A seconda dei diversi casi e delle esigenze del paziente si sceglie un intervento o l’altro. La sleeve gastrectomy non tocca l’intestino ma rimuove una grossa fetta di stomaco in senso verticale. L’efficacia non è data solo dalla riduzione del volume dello stomaco, ma anche dal fatto che nella parte di stomaco rimossa ci sono le cellule che producono gli ormoni della fame e dunque l’intervento agisce sui meccanismi che inducono la fame nel paziente. Il bypass gastrico è molto conosciuto, anche perché è il più vecchio intervento che abbiamo a disposizione. Lo stomaco viene bypassato e il cibo non lo attraversa più, anche qui con riduzione della fame e un forte aumento della sazietà. Si tratta di un intervento con azioni metaboliche potenti, in grado di migliorare molto il compenso metabolico nei soggetti affetti da diabete di tipo 2.
Questo si traduce, in più dell’80% dei soggetti diabetici operati, nell’abbandono o quanto meno nella riduzione dei farmaci anti diabete, sia di tipo orale sia di tipo iniettivo. I meccanismi attraverso i quali si ottiene questo effetto sono molteplici, ma uno dei principali consiste nel fatto che con il bypass gastrico oltre allo stomaco viene bypassata anche la prima parte dell’intestino, che si chiama duodeno, e proprio il bypass del duodeno ha una forte azione di stimolo sulla beta cellula, cioè sulla cellula del pancreas deputata alla produzione di insulina. In pratica dopo un bypass gastrico il pancreas produce più insulina, e questo unito alla perdita di peso e quindi alla scomparsa dell’insulinoresistenza, migliora il compenso glicemico, portando alla remissione parziale o completa del diabete tipo 2.
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Alberto Lupini
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