Mele, pesche e ciliegie Attenzione a semi e noccioli

Ridurre al minimo lo spreco di cibo, ma stando attenti ad eliminare le parti nocive. Soprattutto per i cibi di origine vegetale o animale è utile prendere alcune precauzioni al fine di evitare brutte sorprese

15 giugno 2019 | 14:00

Di quali sono gli elementi a cui prestare più attenzione ne ha parlato Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista di Humanitas, in un articolo pubblicato su Humanitasalute che qui pubblichiamo integralmente




Non sempre il “non buttare via niente” è una saggia regola da seguire a tavola. Quando si tratta di frutta, ad esempio, è bene sapere che i semi di molte varietà contengono al loro interno piccole quantità di cianuro. In particolare, sono tossici quelli delle mele. La dottoressa.

È molto improbabile riuscire ad avvelenarsi con una mela, ma è bene sapere che i semi del cosiddetto “frutto proibito” contengono un composto chiamato amigdalina, una molecola a base di cianuro e zucchero. Se il seme viene masticato e rotto, gli enzimi umani (o animali) entrano in contatto con l’amigdalina e con la parte zuccherina della molecola, esponendo lo stomaco al velenoso acido cianidrico.

La tossicità da cianuro è sperimentata dall’uomo a dosi di circa 0,5-3,5 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo. I sintomi dell’avvelenamento da cianuro includono crampi allo stomaco, mal di testa, nausea e vomito e, quando l’intossicazione è grave, possono culminare in arresto cardiaco, insufficienza respiratoria, coma e morte. Per gli esseri umani si considera fatale una dose che va dai 1,5 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo in su: un seme di mela pesa circa 0,7 g.

Poiché non tutta questa massa verrebbe convertita in cianuro di idrogeno (alcuni di essi costituiranno la parte zuccherina delle molecole che vengono scisse), è evidente che per avvelenarsi sarebbe necessario ingerire un numero enorme di semi di mela. Ciò nonostante è meglio separare il frutto dalla sua semenza, che non va masticata né ingerita.



I semi delle ciliegie, il così detto nocciolo, contiene acido cianidrico, un potente veleno largamente presente nel regno vegetale che ostacola il trasporto dell’ossigeno da parte del sangue. L’acido si libera solo se si danneggia il nocciolo con i denti o se lo si ingerisce.

Anche il nocciolo della pesca racchiude un glicoside: l’amigdalina. Questo glucoside è cianogenico, ovvero capace di liberare acido cianidrico nel nostro organismo. L’amigdalina è contenuta, oltre che nei noccioli delle pesche, delle albicocche, delle prugne e come detto delle ciliegie.

L’organismo umano ne può eliminare modeste quantità attraverso i processi metabolici. Ogni nocciolo contiene ca. 0.5 mg di cianuro. Solitamente il nocciolo della frutta non viene ingerito. Il problema sussiste nel momento in cui - quando il frutto è troppo maturo - il nocciolo si schiude consentendo quindi all’amigdalina di uscire. Occorre dunque prestare un po’ di attenzione alla frutta che si ingerisce.

Erroneamente alcuni pensano che i noccioli di frutta possano avere effetti addirittura miracolosi. Non esiste tuttavia supporto scientifico a questa teoria. I sintomi da intossicazione derivanti dall’assunzione di questi noccioli sono abbastanza comuni. Per questo difficili da individuare. Consistono in nausea, vomito, emicrania, palpitazioni. Occorre quindi fare attenzione per capire che sono legati a questo problema. Un tempo anche il pomodoro veniva ritenuto velenoso per l’elevata quantità di solanina, una sostanza a bassa tossicità che la pianta produce come naturale pesticida. Elevate quantità di solanina sono contenute tuttavia in fusto e foglie dei pomodori, che, pertanto, non sono commestibili e vanno scartati.

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Alberto Lupini


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