In morte della Dieta mediterranea? L'allarmante boom degli integratori

Gli spot pubblicitari ormai propongono solo prodotti da laboratorio che mirano ad integrare qualcosa che manca al nostro organismo, ma che potrebbe arrivare da una dieta corretta . Perchè nessuno si ribella? Perchè chi produce materie prime made in Italy non spinge sulla valorizzazione dei propri prodotti?

20 febbraio 2020 | 10:22
di Matteo Scibilia
Nel guardare ed ascoltare molti spot pubblicitari e nel leggere la pubblicità sui quotidiani e sulle riviste di ogni genere, c’è da restare stupiti (ma anche preoccupati): non si parla di cibo buono e nutriente, non viene proposto di acquistare e consumare un tale prodotto perché è buono e fa bene, ma viene proposto e pubblicizzato il fatto che starai meglio se acquisti e utilizzi un tale integratore piuttosto che il tale altro.


La tv propone sempre più integratori e sempre meno cibo sano e italiano

La famosa Dieta mediterranea, orgoglio del nostro patrimonio culturale e gastronomico, che ha protetto la salute di intere generazioni del nostro paese e non solo, che fine ha fatto? Possibile che ai giorni nostri ci sia bisogno di acquistare e consumare una tale quantità di prodotti, proposti come integratori alimentari che altro non sono che veri e propri farmaci, ormai venduti non solo in farmacia ma anche nei supermercati al fianco della Nutella, possibile che prodotti alimentari ed agricoli della nostra terra non siano più in grado di darci ed apportare quelle sostanze basilari per la nostra salute?

Sembra un circolo vizioso, da un lato una grande parte di prodotti alimentari e cibo di qualità artigianale non sempre percepito come un valore importante per la nostra salute dall’altro lato dato che in fondo si mangia male, e devi quindi assumere integratori per migliorare quello che il cibo mediocre non ti dà, l’industria  ti spinge a consumare e integrare appunto la tua dieta; giorni fa, appunto, ad un evento sull’ olio extravergine a Milano, veniva raccontato con stupore del perché le aziende che producono olio Extravergine, vero, italiano non approfittino della possibilità che la legge offre loro di indicare in etichetta le proprietà salutari e nutrizionali proprie dell’olio Evo, creando involontariamente un “buco“ nella comunicazione e nella vendita tra un olio ai limiti della qualità ed un olio eccellente italiano, caratteristiche che andrebbero a giustificare, anche, la differenza di prezzo, appunto di un olio di qualità.

Leggendo le nozioni scientifiche sull’olio d’oliva (ma potremmo farlo con un buon pomodoro, una buona pasta, una buona carne, un buon formaggio a latte crudo, i legumi del nostro Sud, le verdure di stagione) viene da chiedersi a chi giova far finta che il buon cibo non sia una alternativa reale ad una cura sia pure parafarmaceutica con gli integratori. Che roba sono allora questi integratori pubblicizzati ricchi di magnesio e potassio, con testimonial, appunto sportivi, persone affaticate ed anziani? In tv addirittura pubblicizzano gli integratori degli integratori, perché quelli normali non bastano più, questi intrugli chimici sono entrati nelle abitudini dei consumatori, non sono più occasionali coadiuvanti di cure mediche in situazioni patologiche, non sono più un aiuto a chi è ammalato, ma parte della “dieta” alimentare quotidiana.

Comprare un prodotto alimentare mediocre che costa e dà poco, chiaramente deve per forza venire “integrato“? Non sarebbe meglio riscoprire la Dieta mediterranea, la stagionalità dei prodotti e soprattutto la italianità del nostro cibo. Nel cibo c’è tutto ciò che serve purché sia prodotto in maniera sana con attenzione agli equilibri della natura, acquistare carne per esempio, di allevatori che tengano conto del benessere animale, comprare formaggi prodotti con latte italiano, che darebbe anche una vitalità economica ai nostri allevatori.

Essere più attenti alle importazioni di cibo, con una certificazione che corrisponda ai nostri parametri alle nostre leggi. Insomma c’è da riflettere e sicuramente da ripensare il modello del nostro cibo e forse della nostra industria alimentare.

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Alberto Lupini


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