Emicrania, sì a nuove medicine Prima scoprire i fattori scatenanti

Negli ultimi anni, la ricerca ha portato alla scoperta degli anticorpi monoclonali anti-Gcrp. Ma prima di usarli è bene scoprire se il mal di testa non sia causato da ansie o dall'alimentazione

22 novembre 2020 | 17:17
L'emicrania è una malattia neurologica che colpisce soprattutto il sesso femminile e nelle fasi centrali della vita. È una malattia complessa, con una forte componente genetica sulla quale si inseriscono altri fattori, legati principalmente allo stile di vita, che possono modificarla nel decorso e nella severità. Secondo l’Oms - Organizzazione Mondiale della Sanità, l’emicrania rappresenta la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante per il genere umano. Una patologia neurologica seria, che fa soffrire il 12% degli italiani e per il cui trattamento oggi sono disponibili diversi farmaci innovativi, specifici e selettivi. Ne ha parlato Vincenzo Tullo, neurologo e Responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee e sui disturbi del sonno di Humanitas LAB in un articolo apparso su Humanitasalute, che di seguito riportiamo integralmente


Può durare fino a 72 ore


Emicrania: quali sono i sintomi e come si sviluppa la malattia
Il dolore emicranico ha una durata che va generalmente dalle 4 e alle 72 ore, è spesso unilaterale, pulsante, di forte intensità ed è aggravato dall’attività fisica. Al dolore si associano nausea, vomito, intolleranza alla luce e ai rumori, dolore cervicale, vertigini, deficit di attenzione e umore depresso. La fase dolorosa è seguita da una fase disabilitante, con stanchezza, inappetenza, vertigini, stipsi, diuresi, che può prolungare l’incapacità del paziente a riprendere le normali attività anche dopo il termine del dolore.

Alla base dell’emicrania c’è un meccanismo fisiopatogenico complesso. Un ruolo importante nella patogenesi dell’emicrania è rivestito da una proteina denominata peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), che dilata i vasi sanguigni e modula il segnale doloroso nel sistema nervoso. I livelli di questa proteina aumentano in modo significativo durante l’attacco di emicrania e ritornano alla norma con la risoluzione della cefalea.

I progressi della ricerca nel trattamento dell’emicrania
Negli ultimi anni, la Ricerca ha portato alla scoperta di nuovi farmaci che costituiscono una svolta epocale nella cura di questa malattia: gli anticorpi monoclonali anti-GCRP. Si tratta di molecole derivate principalmente o interamente da cellule umane e progettate per bloccare la proteina CGRP impedendo così l’innesco della crisi emicranica.

Attualmente sono disponibili tre anticorpi monoclonali: Erenumab, Galcanezumab e Fremanezumab, che vengono somministrati per via sottocutanea ogni mese o trimestralmente. Questi nuovi farmaci hanno molti meno effetti collaterali rispetto alle terapie di prevenzione attualmente disponibili, inoltre sono molto efficaci e non devono essere assunti quotidianamente. Si può associare agli anticorpi monoclonali o utilizzare da sola la tossina botulinica, una proteina che contribuisce a migliorare il trattamento dell’emicrania cronica. Nella pratica clinica, la tossina botulinica di tipo A viene somministrata secondo un protocollo di iniezioni standardizzato ogni tre mesi e in ambito ospedaliero in 31-39 siti specifici della testa e del collo.

Tuttavia, prima di impostare qualunque terapia di prevenzione per l’emicrania, occorre individuare e rimuovere, dove possibile, i potenziali fattori scatenanti e aggravanti di questa cefalea, che possono essere psicologici, ambientali, lavorativi, alimentari e farmacologici.

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Alberto Lupini


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