Ecco i consigli per ridurre il consumo di sale, il “nemico silenzioso” in cucina

In media, gli italiani assumono dagli 8,6 ai 10,9 grammi di sale al giorno, ben oltre i 5 grammi raccomandati dall'Oms. Per questo, il Wassh ha istituito la Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale

14 maggio 2024 | 07:30

Secondo quanto emerge da una recente ricerca contenuta nei progetti "Minisal-Gircsi" e "Meno sale più salute" del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm), il consumo quotidiano medio di sale tra la popolazione italiana è pari negli uomini a 10,9 g e nelle donne a 8,6 g. Questi valori sono stati raccolti in quindici Regioni italiane e sono ben oltre l'apporto di sodio raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità e dai Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti), cioè di 5 g al giorno, rappresentando così una preoccupazione in quanto un uso eccessivo di questa sostanza può portare a sviluppare patologie come l'ipertensione arteriosa, che si può poi tramutare in ictus, aneurismi, infarti e insufficienze cardiache. In seguito a queste ricerche, il Wassh (World action on salt, sugar and health) ha annunciato l'istituzione della Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale.

Troppo sale nella dieta? Ecco come ridurlo e vivere meglio

Ma in che modo si può diminuire il consumo di sale attraverso delle buone abitudini alimentari? «La principale fonte di assunzione del sodio nella dieta italiana è data dal cloruro di sodio (sale), aggiunto nei prodotti trasformati di tipo artigianale, industriale o della ristorazione collettiva (almeno il 50% dell'assunzione totale) e poi da quello aggiunto in cucina e/o a tavola (circa il 35%). I cereali e derivati, in primo luogo pane, pizza e altri prodotti da forno, rappresentano una delle fonti più rilevanti di sodio aggiunto nei prodotti trasformati. Elevate quote derivano anche dai gruppi carne/uova/pesce (31%) e latte e derivati (21%), sempre a causa del sale aggiunto rispettivamente nelle carni e nei prodotti del mare conservati e ancor più nei formaggi» afferma la dotoressa Ilenia Grieco, biologa nutrizionista e founder del metodo Private Nutritionist, un nuovo approccio nutrizionale che mira a creare percorsi tailor made e quotidianamente dedicati.

Ecco perché la Dieta mediterranea è povera di sodio

Una dieta ricca di frutta, verdura e legumi freschi, su cui si basa il modello della Dieta mediterranea, implica un minor consumo complessivo di sale a patto di evitare il consumo frequente di formaggi stagionati e di insaccati, così come di carne, pesce e altri alimenti in scatola. Inoltre è preferibile consumare pane povero di sale e non aggiungere sale a tavola, riservando al massimo l'uso in cucina e preferendo in ogni caso il sale iodato.

Nella quotidianità può anche essere utile adottare i seguenti comportamenti:

  • Acquistare alimenti poco salati;
  • Controllaresempre le etichette anche delle acque minerali;
  • Ridurreil consumo di piatti industriali (ad esempio sughi pronti, cibo in scatola e piatti pronti);
  • Insaporirei cibi con spezie ed erbe aromatiche;
  • Mettere a tavola solo olio e aceto;
  • Aggiungere meno sale alle ricette:pasta e riso possono essere cotti in acqua poco salata mentre bistecche, pesce, pollo e verdure o patate anche fritte possono essere preparati con meno sale o addirittura senza;
  • Latte e yogurt possono essere una buona fonte di calcio con pochissimo sale;
  • Preferire i formaggi freschia quelli stagionati.

Di quanto sale abbiamo bisogno giornalmente?

Le quantità di sale che servono al nostro organismo sono assicurate dal contenuto presente nei cibi:

  • 1-3 anni: 2.2 gr/die;
  • 4-6 anni: 3.0 gr/die;
  • 7-10 anni: 3.7 gr/die;
  • Più di 10 anni: 5.0 gr/die;
  • Dai 60 anni: 4.0 gr/die.

«L'impegno individuale deve essere accompagnato da una strategia globale che richiede, a livello nazionale e internazionale, la collaborazione dell'industria alimentare e la sensibilizzazione della popolazione attraverso campagne pubblicitarie. È necessario che i produttori di alimenti trasformati riducano il contenuto di sodio dei loro prodotti, seguendo le ripetute indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e indichino, in modo chiaro, sulle etichette nutrizionali, se il prodotto è a più basso o più alto contenuto di sodio. Questa strategia è già stata applicata e ha prodotto iniziali risultati tangibili in numerosi Paesi, ma deve ha la necessità di essere coniugata con la lotta contro l'obesità infantile, l'abuso di zuccheri e l'improprio consumo di alcol, secondo lo spirito del programma "Guadagnare salute", promosso dal ministero della Salute nel 2007 e tuttora operativo» conclude la dottoressa Grieco.

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Alberto Lupini


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