Disturbi alimentari, la pandemia colpisce gli adolescenti

In occasione della giornata dedicata, alcuni dati evidenziano che i casi registrati in Italia sono aumentati nell'ultimo anno, complice un clima di ansia e depressione generato dagli svariati lockdown

15 marzo 2021 | 17:18
Mai come quest'anno la Giornata dei disturbi alimentari (che si celebra oggi) deve accendere la luce su questa problematica. Non che prima chi ne fosse affetto fosse di minor rilievo, ma è ormai appurato che la pandemia e i relativi lockdown hanno provocato un netto aumento dei disturbi alimentari in Italia.

Stando ad alcuni dati messi in evidenza dal Centro Nazionale per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, nei primi 6 mesi del 2020 in Italia ci sono stati 230.458 nuovi casi a fronte dei 163.547 dello stesso periodo del 2019. La preoccupazione è legata al fatto che sono incrementati i casi di persone affette per la prima volta da questo problema, chi già ne soffriva ha visto peggiorare la situazione e, contestualmente, si è abbassata la fascia di età colpita: ci sono anche bambini di 11 anni.



Dati confermati anche dall’attività dell’Ambulatorio dei Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Paolo di Milano che ha visto nel 2020 un incremento del 19% dei casi seguiti rispetto all’anno precedente e un abbassamento dell’età media delle persone che hanno chiesto aiuto.

Più disagio tra gli adolescenti
«In questo ultimo anno – spiega al Fatto Quotidiano la dottoressa Sara Bertelli, responsabile del Servizio Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Paolo – si è manifestato un maggiore disagio da parte degli adolescenti che hanno risentito della sospensione delle attività sociali e scolastiche, mancanza di amici, tensioni famigliari, privazioni, con un aggravarsi del rischio di ricaduta nei meccanismi del disturbo alimentare, peggiorando la patologia quando presente».

Disturbi alimentari che derivano da una condizione mentale in costante peggioramente: l’impatto del primo lockdown di marzo 2020 ha evidenziato un aumento di sintomi legati all’ansia e alla depressione di chi soffre di questi disturbi.

Cosa fare in caso di necessità
Ma cosa fare in caso di necessità? A chi rivolgersi e perchè? «La prima cosa da fare - chiarisce a La Gazzetta dello Sport la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’Irccs Ospedale San Raffaele Turro e la RAF First Clinic di Milano - è rivolgersi ad un nutrizionista, questo anche solo se semplicemente si vuole perdere peso. Affidarsi alle diete fai da te è rischioso e non tiene conto delle caratteristiche personali del paziente. Perché ognuno di noi ha bisogni diversi anche dal punto di vista nutrizionale. Poi non è però detto che il nutrizionista da solo possa risolvere il problema».

Un nutrizionista però può non bastare, qualche figura professionale che lo affianchi potrebbe rendersi necessaria. «Rivolgersi ad un nutrizionista è fondamentale perché troppo spesso il rischio di un disturbo alimentare nasce da una dieta fai da te in cui si passa da un’attenzione per l’alimentazione ad una vera e propria ossessione per il cibo, magari innescando di pari passo meccanismi di compensazione come un esercizio fisico esasperato. Tutti fattori che portano alla perdita del controllo che accompagna anche i disturbi alimentari. Il nutrizionista deve ascoltare il paziente ma deve anche sapere riconoscere quando è necessario un percorso completo in un centro per il trattamento di disturbi del comportamento alimentare, che prevede un programma di cura complesso e multidisciplinare con un medico psichiatra e uno psicologo, in modo da motivare al trattamento e raggiungere una consapevolezza della malattia».

Fondamentale una diagnosi tempestiva
Fondamentale riconoscere il problema in tempo, saperlo identificare e saper riconoscere i primi sintomi. «Atteggiamenti molto restrittivi nell’alimentazione, con riduzione importante dell’introito calorico, di cibo in generale, o l’eliminazione di alcuni nutrienti essenziali (spesso i carboidrati) o di alcuni alimenti, come l’olio d’oliva, in molti casi. Ma poi anche tendenza ad isolarsi, ossessione nei confronti del proprio peso corporeo, tendenza a saltare i pasti o eccessiva lentezza nel mangiare. E’ bene sapere però che ci sono molti casi in cui si mascherano le restrizioni dal punto di vista alimentare adducendo come scusa allergie o intolleranze inesistenti. Ci sono pazienti che sostengono di aver eliminato alcuni alimenti perché provocavano loro difficoltà di digestione. Proprio per questi motivi è fondamentale ascoltare il paziente, la sua storia pregressa, conoscerne aspetti anche apparentemente non legati all’alimentazione e da qui impostare un percorso di educazione alimentare».

In un anno particolare come questo appena trascorso, in un periodo storico come quello che stiamo vivendo e che presumibilmente continuerà ancora non poco, possiamo concederci qualche chilo di troppo senza eccessivi sensi di colpa?
«Il peso norma è quello che permette di stare bene con se stessi, e quindi di piacersi, restando in salute, con tutti i parametri nella norma. Finché questi requisiti sono rispettati va bene così. Se poi sono due chili in più o due chili in meno del solito, poco importa. Dobbiamo essere flessibili e meno giudicanti, anche con noi stessi».

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Alberto Lupini


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