Celiachia, un problema anche psicologico...

L’intolleranza al glutine è una patologia per la quale non esiste cura, bisogna conviverci e si può contrastarla solo con una dieta controllata. Ma può avere ripercussioni anche sull’umore e sulla autostima

28 dicembre 2021 | 07:30
di Tiziana Colombo

La celiachia è una malattia, non grave come altre, ma da trattare con le giuste attenzioni. È una patologia con alcuni tratti peculiari. Il primo riguarda la terapia. Non esiste una cura alla celiachia e l’unica terapia a disposizione non è farmacologica, ma comportamentale. L’unico modo di tenerla a bada è anche quello più scontato, ossia eliminare il glutine dalla propria dieta. La seconda peculiarità è il suo carattere sistemico. La celiachia può essere sistemica dal punto di vista organico, nel senso che può scatenare una sintomatologia estesa, che va oltre il semplice disturbo intestinale. Può agire anche dal punto di vista psicologico. Il motivo è semplice, la celiachia può causare ripercussioni sull’umore e sulla autostima. Di certo, chi ha di recente appresso della sua condizione di celiaco ricorda ancora il turbine di emozioni negative che l’ha colto in quel momento.

La celiachia è una patologia da metabolizzare dal punto di vista mentale, prima ancora che fisico. Ciò vale soprattutto per i bambini, che sono meno avvezzi a certi processi psicologici, e per gli adolescenti, che vivono i primi momenti di vera “competizione”. Gli adulti, invece, sono maggiormente attrezzati a superare questo genere di problemi. La questione ruota attorno al ruolo sociale dell’alimentazione. Mangiare è anche e soprattutto un atto sociale e di condivisione. È ovvio che la rinuncia forzata al glutine incide, o almeno sembra incidere, sui momenti di socialità. Da qui, una serie di pensieri negativi che possono turbare e causare disagi psicologici.

 

I pensieri da rigettare: il senso di colpa e l’idea di essere “diversi” dagli altri

Un pensiero che istintivamente emerge nella psiche di chi ha scoperto da poco di essere celiaco riguarda il senso di colpa. Nel tentativo di metabolizzare una nuova realtà senza alcuna apparente ragione, l’individuo tende ad autocolpevolizzarsi. È un processo ricorrente e un meccanismo di difesa tossico e che non dà sollievo. Tale sensazione è acuita dai limiti che la celiachia impone nei momenti di convivialità. In maniera del tutto ingiustificata, il celiaco avverte se stesso come un “guastafeste”. Persino la richiesta di optare per un ristorante gluten-free può mettere a disagio.

Un altro pensiero tossico riguarda la diversità. Il celiaco avverte se stesso come diverso dagli altri, e si sente escluso. Questo processo mentale riguarda soprattutto i bambini e gli adolescenti, che tendono a cercare la conformità con il proprio gruppo. Infine, la frustrazione e l’ansia: la rinuncia ai cibi con glutine può generare frustrazione, almeno all’inizio. E può anche generare ansia, dovuta al timore di ingerire glutine inavvertitamente. Sono pensieri negativi, che vanno rigettati e non corrispondono alla realtà. Se il contesto in cui si vive, poi, favorisce la comparsa di questi pensieri (magari perché difetta di sensibilità), le soluzioni sono comunque a portata di mano.

 

 

Qualche strumento utile per affrontare la celiachia

Se la sofferenza psichica supera i limiti della fisiologia il consiglio è di rivolgersi a uno psicologo. Tuttavia, anche in questa sede è bene considerare qualche utile “strumento mentale” e comportamentale. Per esempio, la consapevolezza che oggi il mondo è attrezzato per i celiaci più di quanto non lo fosse qualche anno fa. Quasi tutte le attività di ristorazione offrono soluzioni gluten-free. Viene quindi a cadere il senso di colpa per la paura di rovinare i momenti di convivialità, o la sensazione di essere diversi. Anche i contesti con scarsa sensibilità possono essere in qualche modo migliorati. Spesso è sufficiente spiegare chiaramente cosa la celiachia comporta e quanto è semplice farvi fronte. Anche perché lo è per davvero: tantissimi alimenti senza glutine, oltre ad essere già di uso comune (pensiamo al mais e al riso), possono sostituire degnamente gli alimenti con glutine, e risultare soddisfacenti anche da chi non soffre di questa patologia.

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Alberto Lupini


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