Aviaria, sale l'allerta negli Usa: bere solo latte pastorizzato

Per l'Oms non ci sono rischi a breve, ma se il virus - dopo essere passato dagli uccelli ai bovini - colpisse l'uomo ci sarebbe il rischio di una pandemia: già pronti per un vaccino da produrre entro sei mesi

08 maggio 2024 | 18:26

Per ora siamo solo a raccomandazioni, ma si sta alzando l'asticella dell'attenzione sull'influenza aviaria (virus H5N1) che dopo essere passata dai polli alle mucche da latte negli Usa, crea preoccupazioni perché potrebbe colpire anche gli uomini (per ora un solo caso accertato). E lo dimostra il fatto che negli States si raccomanda di non bere latte crudo. La pastorizzazione elimina infatti il virus.

Il 30 aprile il Dipartimento dell'agricoltura degli Usa (Usda) aveva confermato «la presenza del virus di influenza aviaria ad alta patogenicità» in 34 allevamenti di mucche da latte in 9 Stati americani. L'annuncio aveva avuto effetti immediati, soprattutto perché il virus si è dimostrato capace di diffondersi da un allevamento all'altro. E questo alza l’allerta, soprattutto se lavoratori delle aziende lattiero-casearie dovessero contrarre l’H5N1 perché in quel caso si rischierebbe una nuova pandemia, come con il Covid».

Il rischio di una pandemia è ritenuto comunque “lontano” dall’Oms. L’influenza aviaria H5N1 resta un osservato speciale ma per ora «non è necessaria la produzione di un vaccino contro una pandemia per l’uomo». Lo ha chiarito sui social l’epidemiologa Maria Van Kerkhove, a capo del dipartimento Preparazione e prevenzione contro epidemie e pandemie (Epp) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). L’esperta ha peraltro affermato che c'è un sistema pronto ad attivarsi in caso di rischi per la salute: «con le attuali tecnologie vaccinali stimiamo che si potrebbero produrre 4-8 miliardi di dosi di vaccini per l'influenza pandemica» in 4-6 mesi.

Di rischi di pandemia parlano in ogni caso Jennifer B. Nuzzo, Lauren Sauer e Nahid Bhadelia, tre accademiche americane che in un intervento pubblicato sul ’Washington Post’ sostengono che le misure «giustamente disposte» dal Dipartimento dell’Agricoltura per evitare che l’influenza aviaria si diffonda tra gli allevamenti bovini anche in altri stati del Paese, «potranno ben poco contro la minaccia principale che l’H5N1 rappresenta per l’uomo se l’infezione dovesse colpire i lavoratori» delle imprese colpite. In quel caso avremmo infatti il passaggio da uccelli a bovini e poi all’uomo, un po’ come era avvenuto fra specie diverse con il Covid.

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Alberto Lupini


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