Vitagliano sbarca a New York, sold-out la masterclass alla pizzeria di Falco
Aperta ai professionisti dell'horeca, tra cui pizzaioli, ristoratori, imprenditori del settore alimentare e food influencer, la gloria della pizza neapolitain style cotta nel forno elettrico Neapolis di Moretti Forni
Diego Vitagliano è abituato agli allori fuori la Campania e fuori d'Italia, ma anche per lui lo sbarco a New York deve essere stata un'emozione, anche perché la sua masterclass per i colleghi americani ha registrato subito il tutto esaurito e molto entusiasmo. Al centro dell'iniziativa, aperta ai professionisti dell'horeca, tra cui pizzaioli, ristoratori, imprenditori del settore alimentare e food influencer, la gloria consolidata della pizza contemporanea neapolitain style cotta in questo caso nel forno elettrico Neapolis di Moretti Forni. Il suo ceo Mario Moretti ha organizzato l'evento newyorkese da Simò Pizza, al 74 University Place, fondata dal napoletano verace Simone Falco che afferma con orgoglio l'italianità di tutti gli ingredienti. «Le nostre pizze - sostiene - devono offrire agli americani qualcosa di speciale e autentico, per un'esperienza diversa. E l'alta qualità deve coniugarsi con un prezzo accessibile».
Vitagliano a New York per promuovere la tecnologia italiana nel mondo delle attrezzature del settore
Identità di vedute, quindi, con Vitagliano, pizzaiolo innovativo che sta bruciando tutte le tappe. La sua pizza potrà essere gustata nel locale che lo ospita anche nei prossimi giorni, ma non oltre un periodo limitato. È un evento promozionale - questo di New York - che vuole promuovere la tecnologia italiana nel mondo delle attrezzature del settore, ma anche fortemente simbolico: sono rari i casi in cui un cibo ha unito due continenti come ha fatto la pizza. Quel disco di acqua e farina insaporito come si poteva, compatto e un po' indigesto, era lo "sfamapopolo" perfetto per esorcizzare la fame, ed aveva seguito nel viaggio della speranza gli emigranti. Ma poi, per il benessere e l'abbondanza dei sapori offerti dal Nuovo Mondo, si era arricchito di buoni ingredienti. Nel suo libro "Storia della pizza" Luca Cesari afferma che la pizza ha due passaporti, italiano e americano. «Il brevetto è nostro - scrive - ma la laurea è tutta d'Oltreoceano». Non a caso la prima pizzeria italiana aperta a New York nel 1905 è Lombardi's al 32 Spring Street di Little Italy ed è tutt'ora attiva e frequentatissima. Ma è impossibile sapere quante altre ce ne siano, oltre a quelle considerate trendy e presenti su tutte le guide.
Diego Vitagliano nelle sue pizze preparate e subito gustate dai professionisti americani di settore, può così dimostrare come anche i pizzaioli di quest'altra parte del mondo ne abbiano perfezionato i valori con un'innovazione talvolta vista con diffidenza dai tradizionalisti forti dell'esperienza di generazioni. Nel caso questo giovane, battezzato col nome di Maradona - a cui ha recentemente dedicato una mostra nella sua pizzeria di Bagnoli - ha incassato l'apprezzamento del pubblico parallelamente alla sua evoluzione nella scelta della materia, nella gestione dell'impasto, nella lievitazione e infine nella cottura. La leggerezza e alla digeribilità del prodotto finale hanno fatto scuola e non solo: vi hanno trovato vetrina tutti i migliori prodotti dell'agroalimentare campano.
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Il "pibe de oro" e il numero 10 gli hanno portato fortuna: primo classificato al recente 50 Top Pizza Italia 2023, 3 Spicchi Gambero Rosso, varie affermazioni internazionali, e nuove aperture a Doha e a Roma hanno incoronato "champion" anche lui. Ma non ha l'aria di fermarsi e godersi il successo, seguìto a tappe dopo l'apertura della sua prima pizzeria, nel 2016, sul lungomare di Pozzuoli e divenuta subito troppo piccola. Classe 1985, Vitagliano iniziato da Carmenella con Salvatore Esposito quando aveva sedici anni: una vera e propria gavetta da portapizza a domicilio fino a rosticciere. Ma non c'è ancora la vocazione: comincia a lavorare perché non aveva voglia di studiare e per volere del padre. Lavora in diverse pizzerie fino a quando nel 2013 intraprende la sua ricerca sugli impasti. Insieme a Carlo Sammarco, Vitagliano comincia a sperimentare la pizza ‘a canotto’, quella con il cornicione alto, che riprende la pizza del Vomero di circa 50 anni fa, utilizzando per la preparazione tecniche diverse dal solito (come quelle che si utilizzano per il pane, gli impasti indiretti con biga o poolish). All’epoca sembra una moda passeggera ma oggi possiamo dire che quello sarebbe stato il futuro della pizza napoletana.
Leggera e digeribile, morbida con un po’ di croccantezza, è realizzata con un impasto indiretto con prefermento di tipo 1 bio, una lievitazione di 36 ore, alta idratazione e un bassissimo quantitativo di sale. Il menu è basato sulla tradizione: sono sempre presenti le pizze marinara, margherita, la montanara e il calzone al forno. Da queste pizze storiche nascono quelle rivisitate, come la margherinara o la ragù. Un’attenzione particolare è dedicata alla pizza senza glutine.
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Alberto Lupini