Verace Pizza Napoletana Innovazione nel nuovo manifesto

Fermento a Napoli nella sede dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, teatro della prima edizione delle Olimpiadi dedicate a questo prodotto identitario della tradizione partenopea

10 luglio 2019 | 15:03
di Gabriele Ancona
Una tre giorni di gare, ma anche un momento di riflessione e approfondimento che ha visto l’associazione guidata da Antonio Pace modellare secondo le conoscenze di oggi il disciplinare internazionale per l’ottenimento del marchio collettivo “Vera Pizza Napoletana”, in vigore del 1984, redatto e registrato dall’Avpn.


Il nuovo manifesto firmato dai pizzaioli

«Un adeguamento - ha annotato Massimo Di Porzio, vicepresidente Avpn - che si è focalizzato su dogmi come l'impasto di tipo diretto, la cottura, che deve essere sostanzialmente molto veloce e in forno a legna, e la manualità, fondamentale, perché la pizza napoletana è ancora un prodotto artigianale, fortunatamente. Abbiamo lavorato molto sui lieviti modificando la percentuale di lievito di birra da utilizzare, permettendo l'utilizzo del lievito di birra secco e inserendo il lievito madre, il lievito naturale che fa parte della tradizione della pizza napoletana».

Un lavoro nei dettagli che ha analizzato tematiche come la maturazione, che rappresenta una serie di processi biochimici ed enzimatici che rendono il prodotto più morbido, più digeribile, in linea con il dna della pizza napoletana. Sotto la lente anche il concetto di idratazione, l'assorbimento dell'acqua da parte delle farine; ne è stato determinato il range ottimale, spesso comunque fornito dai produttori.

Di grande attualità anche il focus sugli ingredienti, in particolare ampliando le tipologie di pomodori da utilizzare. Oltre al San Marzano e al pomodoro del Piennolo, la gamma prevede il Cannellino flegreo, il Corbarino, il Datterino, prodotti che vanno ad arricchire di sapore la pizza napoletana.

Al passo con i tempi anche l’apertura all'olio extravergine di oliva, «un tempo aggiunto a crudo solo ai clienti di riguardo», ha ricordato Di Porzio. Oggi un elemento fondamentale della Vera Pizza Napoletana, perché oltre a essere una tipicità nazionale va in emulsione con gli altri ingredienti e dona sapore, aroma, profumo e digeribilità, migliorando il potere antiossidante della pizza. «L’olio di semi sulla pizza punge, l’olio evo condisce», ha annotato Antonio Pace.

«Tante piccole varianti che si sono innestate sul solido corpus del disciplinare che rappresenta le nostre radici e hanno portato alla stesura del Manifesto della Vera Pizza Napoletana», ha aggiunto Massimo Di Porzio. Il Manifesto, firmato da tutti i pizzaioli presenti alla giornata inaugurale delle Olimpiadi, è un documento ufficiale che vuole fornire una perfetta sintesi dei punti nevralgici del disciplinare e allo stesso tempo sensibilizzare i maestri napoletani sulla necessità di collaborare e agire insieme per evitare che le imitazioni modifichino quest’antica arte.

La carta ha una struttura tematica che si articola in otto elementi: farina, impasto, manipolazione, farcitura, cottura, colore, profumo, innovazione.

Farina: sempre di grano tenero, anche con un po’ di crusca, ma non troppa. Il sale non va lasciato troppo tempo a contatto con il lievito.

Impasto: deve fermentare e maturare al massimo per un giorno. Forma a cupola per i panetti.

Manipolazione: l’impasto va accarezzato in modo da lasciarvi all’interno l’aria per farlo respirare.

Farcitura: al massimo con quattro ingredienti, oltre i condimenti. Devono essere semplici, stagionali e rappresentativi del territorio.

Cottura: in forno a legna. Il pizzaiolo inforna e fa roteare la pizza conoscendo le diverse temperature, da punto a punto, della platea. Circa un minuto il passaggio “a bocca di forno” per farla asciugare.

Colore: disco dorato. Cornicione leggero e ben alveolato, alto uno o due centimetri.

Profumo: non quello dei singoli ingredienti, né del pane, ma una magica emulsione.

Innovazione: ben accetta se contribuisce a migliorare il prodotto (non a modificarlo) e a semplificare i processi. L’innovazione di una tradizione deve garantire risultati o benefici maggiori, apportando quindi un progresso sociale.

Per informazioni: www.pizzanapoletana.org

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