Vecchie patologie, medesime cure

In un momento in cui le imprese faticano a far quadrare i conti e le materie prime e i tassi di interesse sono aumentati, Fic ha scelto di non imporre ai propri soci obblighi di aumento delle quote di tesseramento

24 aprile 2023 | 09:30
di Rocco Pozzulo

La Banca Centrale Europea recentemente ha deciso di alzare i tassi d'interesse di mezzo punto percentuale, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 3,50% (il livello più elevato che si registri dall'ottobre del 2007), quello sui depositi al 3%, e quello sui prestiti marginali al 3,75%. Lo ha comunicato Christine Lagarde, presidente della Bce, mettendo in chiaro che “non c’era sul tavolo nessuna altra opzione”: un tombale annuncio in una modalità tipica di tutte le banche, attuata da sempre sui poveri e inermi privati cittadini con i loro personali conti correnti, in maniera unilaterale e totalmente autoritario. Da persona incompetente di finanza e dinamiche di politica economica, non entro negli aspetti tecnici e di analisi finanziarie ma, da un punto di vista etico e morale, credo che sia una vera concussione, che lede la povera gente e le piccole imprese che faticano a far quadrare i conti di fine mese.



L’innalzamento dei tassi di interessi sui mutui della prima casa (unico bene rifugio che potrebbe ambire a suon di sacrifici l’operaio), e dei prestiti bancari a fronte di investimenti delle aziende, espone al rischio di una ulteriore corsa agli aumenti di prezzi di tutti i generi di consumo. Lo abbiamo visto con i primi “venti di guerra” in Ucraina che ha innescato subito, su tutte le farine di questo mondo, una impennata stratosferica di prezzo, così come di quelli degli oli e, inspiegabilmente, di altri generi, e così via.

Un atto di coerenza, rispetto e responsabilità verso i soci Fic

Non serve essere un Mario Draghi, o un insigne premio Nobel per l’Economia per capire che questa manovra creditizia porterà a sua volta rallentamenti e allontanamenti dai finanziamenti di imprese e famiglie. Proprio ora che tutto il vecchio continente, e specialmente l’Italia, considerata da sempre la “Cenerentola” europea , aveva bisogno di una vistosa “iniezione” di concreta e forte ripresa economica, dopo i due anni di Covid e le inspiegabili speculazioni causate dal conflitto ucraino. Io, in qualità di presidente della Federazione Italiana Cuochi, attenendomi alle situazioni economiche e finanziarie del nostro ente di categoria , certamente posso dire che mai è stato sottoposto a situazioni o decisioni gravose come quelle di Christine Lagarde. Una cosa certa é che la Federcuochi mai ha imposto in passato, ne imporrà in futuro ai suoi soci tesserati, obblighi di aumento di quote di tesseramento.

Anzi sono direttamente le “basi”, tramite le assemblee delle singole provincie territoriali Fic e regionali (unioni), a stabilire per loro libero arbitrio, le “risorse” dedite alle varie casse. Certo qualche euro in più nelle tesorerie delle nostre associazioni farebbe più che comodo e gli aumenti sarebbero anche giustificati, visto il rialzo del costo della vita, e a fronte di tutti i servizi ora erogati al socio e altri nuovi per il futuro. Giustamente, però, in contesti storici strani, dove solo le bollette energetiche hanno divorato una gran parte dei risparmi accantonati degli italiani, non sono corretti certi atteggiamenti e imposizioni assolutistiche. Abusi cui spesso siamo sottoposti tutti, da un sistema bancario e da un mercato economico-finanziario totalmente dissoluto e lontano dalle esigenze di vita reale di quelle fasce di popolazione più esposte alle difficoltà. Il non accanirsi con richieste di aumenti di rette associative è la “linea” adottata dal nostro ente: lo definirei un atto di coerenza, equilibrio, consapevolezza, equità, responsabilità e, soprattutto, rispetto verso tutti i nostri soci.

 

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