Roberto Valbuzzi: la mia vita di cuoco, contadino e ristoratore passando per la tv

Vincitore del Sondaggio di Italia a Tavola nella categoria Opinion leader, il noto chef si racconta svelando le sue passioni e il percorso che lo ha portato a diventare ciò che è dentro e fuori dalla cucina

23 febbraio 2021 | 11:36
di Mariella Morosi
Roberto Valbuzzi, sul podio come Opinion Leader con ben 26.691 preferenze nel Sondaggio di Italia a Tavola, è cuoco, ristoratore, contadino, ma anche scrittore, giudice televisivo, creatore di una linea di prodotti da forno e di un'azienda di catering per eventi esclusivi, la Not Ordinary Catering.


Roberto Valbuzzi

Nato nel 1989 sotto il segno del Cancro, gestisce il Ristorante Crotto Valtellina dei genitori a Malnate (Va), forte di quanto appreso nella scuola alberghiera e nelle esperienze all'estero, ma prima ancora del suo grande amore per la terra e per i suoi frutti, nato nella fattoria dei nonni a Mornago, sempre nella stessa provincia.

Una decina di anni fa un'emittente notò il suo talento e da allora non si contano i suoi impegni tv: da "Una cucina per due" a “Benvenuti al nord, la nosa cüsina”, dalla "Prova del cuoco" a "Uno Chef in fattoria". Ultimo grande successo è la serie "Cortesie per gli ospiti" con Csaba Della Zorza e Diego Thomas. È entrato nel mondo degli spot come testimonial (“In Cucina con Galletto & Chef Valbuzzi”) ed ha creato "Oltregusto", un menu speciale per gli autogrill con Chef Express, perché anche nella breve sosta in una stazione di servizio si deve pretendere la qualità. Non a caso la rivista “Star System” lo aveva inserito tra i 50 influencer italiani da tenere d'occhio. Lo raggiungiamo telefonicamente sul set, in una breve pausa.

Si aspettava questa affermazione? L'ha vissuta come un gioco o ha creduto nel valore di questa iniziativa di Italia a Tavola che non voleva scegliere il migliore ma rappresentare un momento di grande unione tra i protagonisti dei settori dell'enogastronomia e dell'accoglienza?
Ho partecipato altre volte al sondaggio, ma questa è la mia prima vittoria. Ne sono felice e lusingato perché io non ho fatto niente, sono state le persone che hanno deciso di votarmi. La comunicazione è sempre importante per un ristoratore o per un cuoco perché oggi non basta cucinare ma bisogna riuscire a raccontare la storia di chi sta dietro ai fornelli a chi viene a trovarti, a chi vuole approcciarsi al mondo della tua cucina. È fondamentale, e questa mia affermazione nel sondaggio vuol dire che ho saputo comunicare nel modo corretto.

Le sue basi erano già nella tradizione familiare, l'amore per la terra con il nonno, la cornice nel territorio valtellinese ricco di suggestioni culinarie che non finiranno mai di stupire, ma il salto l'affrancamento dai legami pur così preziosi avviene in lei molto presto e la cucina - da subito - da routine diventa ricerca continua. Come è avvenuta la sua evoluzione?
Sono realmente cuoco, ristoratore e contadino. È la mia formazione professionale e il mio percorso di lavoro che mi porta a essere tutto questo, dalla scuola alberghiera alla gestione del ristorante della mia famiglia che lavora la terra da varie vite. La mia evoluzione è avvenuta in modo molto naturale: avevo due strade all'inizio: la cucina - perché sono originario della Valtellina, un luogo che vive di amore per la cucina, per il cibo e per la terra - e la carriera militare perché il mio sogno era quello di fare il pilota d'aereo. Ma poi ho scelto la prima perché ho capito quanto realmente fosse bello seguire la tradizione che racconta la nostra storia. Da lì è partito il mio percorso, canonico per qualsiasi cuoco: istituto alberghiero ed esperienze in giro per il mondo. Salvo poi tornare nel ristorante di famiglia, luogo di culto, di ritrovo e di felicità forte. Per me, nelle tappe della mia vita l'evoluzione è stata costante, da quando a 8 anni mi preparavo la merenda da solo fino alla direzione della mia brigata - 11 persone in cucina e 5 in sala - e alla programmazione di miei impegni.

Ecco, i suoi numerosi impegni televisivi e anche, senza complessi, nella grande distribuzione. Ci sono vari modi di essere testimonial. Lei ha scelto quello più difficile: non sposare il messaggio ma i singoli contenuti, avvicinare l'utente al risultato, non alla promessa.
Si può fare tutto, mantenendo la propria identità nelle scelte lavorative. Io mi sono sempre raccontato. Non ho paura di legarmi a un brand purché ci sia una narrazione che fa capire quello che sto facendo, sempre portando avanti il mio lavoro con costanza e coerenza. Credo in quello che faccio, non voglio creare solo un'immagine.

La cucina è rigore, è natura, è ingredienti sani. La cucina è troppe cose che sembrano scontate. Provi a definirla diversamente sulla base delle molteplici esperienze maturate davanti ai fornelli e soprattutto davanti alle telecamere e sul web.
La cucina è un momento di gioia e di serenità assoluta. Questo per me è imprescindibile. Fondamentalmente è un atto d'amore che si fa per sé stessi o per gli altri. Tutto quello che facciamo ruota intorno al cibo. Dobbiamo agire con coerenza e costanza perché il nostro è sempre e comunque un lavoro. Ma sempre raccontando quello che mettiamo sulla tavola.

Il Coronavirus ha segnato un po' tutti, ma certo il mondo della ristorazione e chi deve comunicare è stato colpito maggiormente. Vede un cambiamento nei consumi fuori casa? E lei come è riuscito a resistere e a immaginare una ripresa che non potrà mancare?
Mi permetta di dire una cosa che può sembrare divertente. La pandemia ha dato più consapevolezza alle persone - anche a quelle che odiavano cucinare - e fatto crescere la voglia di andare al ristorante. Questo, paradossalmente, dà alla ristorazione una grande opportunità che non può essere sprecata. Beneficeremo di questo grande potenziale quando la situazione sarà tornata normale e la gente vorrà tornare al ristorante e sentirsi coccolata. A noi operatori del settore il lockdown ha permesso di fermarci dalla nostra routine lavorativa. E accade davvero di rado. Con i miei ragazzi abbiamo cercato di capire meglio come lavorare, quali sono le nostre possibilità e come svilupparle, come migliorare il servizio e l'accoglienza del cliente. E naturalmente sviluppando nuove ricette e piatti del menu. E questo, alla ripresa, costituirà un bagaglio non indifferente.

La cucina negli ultimi anni è andata veloce. Bruno Martino, trent'anni prima che lei nascesse, cantava:"Nel 2000 non mangeremo più bistecche né spaghetti col ragù ma quattro pillole...". Ora siamo anche ben oltre quella data. Provi a smentire questa profezia e dirci quali sorprese o quali emozioni ci riserverà la cucina del futuro. Si parla anche di larve nel piatto, tanto ricche di nutrienti...
Sarà sempre il mangiar bene a vincere. Ci sarà più consapevolezza sulla qualità e sulla sostenibilità del cibo e le persone nella loro quotidianità si prenderanno il tempo per conoscerlo meglio. Questo porterà a un benessere generalizzato per una vastissima filiera che parte dall' agricoltura. Riemergerà il vero piacere dell'esperienza a tavola e della convivialità. Le larve nel piatto? Potrebbe anche essere che ci siano, ma comunque - senza parlare di ingredienti in senso stretto- come cucina concettuale, con la comprensione di ciò che si sta mangiando. Che poi però deve essere condiviso in modo semplice per creare comunque un momento di benessere.

INTERVISTA FLASH
Il tratto principale del tuo carattere?
Gioioso

Il tuo difetto maggiore?
Sono testardo, se può essere considerato un difetto

Il tuo pregio a cui tieni di più?
L'altruismo

Il vino che preferisci?
L'Anselmi di San Vincenzo, un bianco fermo, secco da Garganega e Chardonney

Il piatto che preferisci?
La Battuta di Chianina

Il tuo colore preferito?
Verde

Il tuo hobby?
I motori, ma anche la pesca o andare a funghi

Il tuo sport?
In generale tutti gli sport estremi

Il nome del tuo animale domestico?
I miei tre cani si chiamano Poldo, Eva e Stan

Se non vivessi a Varese dove vorresti abitare?
Nelle Highlands scozzesi o a San Diego, in California

Lo scrittore che preferisci?
Jules Verne

Il regista che preferisci?
Mi piace molto lo stile di Ron Howard

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Alberto Lupini


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