Gli chef affrontano quotidianamente una varietà di fonti di stress, legate non solo alle lunghe ore di lavoro, ma anche alla gestione del personale, alla pressione dei clienti e delle guide culinarie, come emerge dalle esperienze dirette di cuochi.
Stress in cucina, parola a chef ed esperti
A condividere le proprie esperienze e le proprie riflessioni Maria Rosaria Peluso, cuoca proprietaria del Ristorante Mamie a Monza, Enrico Mazzaroni, cuoco e proprietario del Ristorante Il Tiglio a Montemonaco, Flavio Cerioni con l’intera Famiglia Cerioni, proprietaria dell’Albergo Ristorante Alla Lanterna a Fano, Augusto Pasini, cuoco del Ristorante Hill Colle a Erbusco, Elis Marchetti cuoco e proprietario del Ristorante Villa Amalia e Falconara Marittima, Roberto Morello, patron e direttore di Accademia Chef’s a San Benedetto del Tronto con lo Chef Resident Mariano Narcisi, Lucio Pompili di Symposium 4 stagioni Foraging a Cartoceto Colli al Metauro (Pu), il dottor Mirco Confente, fisioterapista OMPT presso Evidence Clinic di Soave (Vr), la dottoressa dietologa Rosalba Franco, presidentessa dell’Associazione Culturale italiana Ciboliberatutti.
«I cuochi - sottolinea Franco - affrontano diverse fonti di stress fisico nel loro lavoro quotidiano. I turni di lavoro possono essere molto estesi, spesso superando le 10-12 ore al giorno. Questo può portare a una stanchezza cronica e a una riduzione del tempo per il riposo e il recupero. Le cucine dei ristoranti sono ambienti ad alta pressione, dove è necessario lavorare rapidamente e con precisione per soddisfare le richieste dei clienti. Questo ritmo può causare stress fisico e mentale. Stare in piedi per molte ore, sollevare pesi e compiere movimenti ripetitivi può portare a dolori muscolari e articolari. La mancanza di pause adeguate può aggravare questi problemi. Le cucine sono spesso calde e umide, il che può aumentare il disagio fisico e la fatica. La necessità di mantenere alti standard di qualità e di gestire eventuali problemi o errori può aggiungere un ulteriore livello di stress Questi fattori combinati possono avere un impatto significativo sulla salute fisica e mentale dei cuochi. È importante che i datori di lavoro riconoscano questi rischi e adottino misure per mitigare lo stress, come pause regolari, turni di lavoro ragionevoli e un ambiente di lavoro supportivo».
Stress in cucina, da dove arriva?
Ser per Peluso «la principale fonte di stress è legata alla gestione del personale», Marchetti sottolinea: «Lo stress fisico nel caso mio specifico nasce quando passo dalla realizzazione di un piatto, dalla cucina, dalla brigata, dalla lavorazione, dalla sala ad altre attività tipo università, commercialista, banca, spettacoli, tv ecc… Per passare da argomenti diversi nell’arco di una giornata c’è bisogno di una mente molto elastica. Si riscaldano le tempie e il cervello prende fuoco. Le 70 chiamate che ricevo ogni giorno insieme ai tanti messaggi fanno sì che la mia testa abbia un tenore di stress molto elevato». «Il lavoro dello chef - afferma Mazzaroni - è oltre che un lavoro impegnativo a livello fisico lo è anche a livello mentale. La fatica è dover far fronte ad una grande quantità di impegni che iniziano all’alba e continuano per tutto il giorno fino a notte fonda. Il servizio quando è a pranzo e cena diventa super impegnativo e soprattutto nel momento stesso in cui bisogna servire le persone in sala si concentra lo stress maggiore».
Stress in cucina, gli orari
Anche gli orari sono fonte di stress e Cerioni puntualizza: «Premetto: penso che il lavoro dentro un ristorante non sia così diverso da tante altre attività. Da noi, da molto tempo, si fanno turni di lavoro. Non sarà proprio come lavorare ad una catena di montaggio o magari in un ente pubblico, ma non è neanche l’inferno come molti lo dipingono. Ed ora vi dico che certamente nel nostro lavoro è difficile contenere la giornata lavorativa entro le 40 ore settimanali e sicuramente molto dipende dall’affluenza degli ospiti per cui ci sono giornate molto più lunghe ed altre altrettanto corte. Nella stessa giornata poi si alternano la spesa, la preparazione. Alle volte con lavori noiosi perché spesso ripetitivi ai momenti del servizio dove l’adrenalina va a mille».
«Gli orari lunghi e due servizi al giorno - evidenzia Pompili - ci fanno arrivare a fine serata stanchi. Avremmo bisogno di distrarci come fanno quelli che staccano alle 17 e hanno tante ore davanti per fare dell’altro. Ma noi finiamo a notte fonda e dove andiamo? Il segreto sta nel riposarsi. Se si riposa bene, si recupera e il giorno dopo si ricomincia con grinta». Pasini quindi aggiunge: «Sicuramente per il fisico tante ore in piedi è stressante conta molto anche l'ambiente di lavoro. Ci sono ancora cucine senza climatizzazione e l’Estate passare da 36°c a +4° della cella non è un toccasana». Causa di stress fisico per Narcisi sono «i turni lunghi, le ore in piedi e la continua velocità che ti porti dietro anche al di fuori del lavoro».
Stress in cucina, ansia da Michelin
Anche il dover mantenere standard elevati, magari per puntare a qualche riconoscimento come ad esempio la stella Michelin può generare stress. «Credo - ammette Mazzaroni - che aver raggiunto la stella e cercare di conservarla ogni anno è fonte costante di stress e di una più elevata consapevolezza. Ma è già nel raggiungimento che c’è lo sforzo maggiore. Non ci si prepara alla venuta degli ispettori perché non si sa chi siano quindi ogni cliente è un potenziale ispettore ed il segreto sta appunto nel trattare tutti come se fossero degli ispettori».
Marchetti evidenzia: «Ovvio la stella è il sogno di ogni chef. Mettere l’impresa al lavoro per ciò non è facile. Quella per il cuoco è un’aspettativa che affronti con una grande voglia. Pronto a vedere quel traguardo. Non è un punto di arrivo. Ma bisogna sempre tenere una soglia alta e una filosofia di vita mirata. La preparazione ad una visita di un critico non esiste. C’è la consapevolezza di voler fare bene. Un equilibrio mentale, tuo e intimo. Un momento di grande confronto con tutta la brigata. Il critico che si siede alla mia tavola non deve diventare un momento di stress. È come durante uno spettacolo in cui si esibisce con tutto il team. Lo chef non deve trasmettere ansia deve insegnare ai suoi il piacere di cucinare. Noi raccontiamo noi stessi cucinando. Orgogliosi di essere chef. Con voglia di crescere senza aver paura di una critica negativa. Per crescere e fare sempre meglio. Avere uno standard alto nel mio caso mi porta dermatiti e gastriti. Ma riesco a contenerlo. Ripreso l’equilibrio tutto passa e si riparte alla grande».
Non tutti, però, vivono questa pressione. Cerioni, offre anche un altro punto di vista: «Per quanto riguarda lo stress dovuto alla visita degli ispettori delle varie guide crediamo che tutto dipenda da quali siano le proprie priorità. Se la priorità è cercare di primeggiare sulle guide allora devi essere disposto a perdere un po’ della tua libertà sia fisica che psichica, se invece vuoi avere una vita più tranquilla, devi sempre cercare di dare il massimo sul lavoro ma essere libero anche di sbagliare». «Se penso a ispettori e guide - dice Pasini - sono convinto di fare del mio meglio. Ovvio che l'ambizione per un premio così importante (la Stella) ha un peso. Non sai mai per chi cucini quindi devi farlo sempre al top. Così sono stato invitato dall'Accademy per la serata di gala degli Emmys. E poi i veri critici non sai mai quando passano e quindi non si ha tempo di prepararti».
Peluso quindi rimarca: «Non vivo lo stress delle guide poiché non lavoro con la finalità di un riconoscimento particolare se non la soddisfazione quotidiana dei miei clienti. Quindi non mi preparo per critici o giornalisti ma riservo la medesima attenzione a tutti coloro che vengono nel mio ristorante. Forse per questo motivo non ho mai avuto problemi di salute o alto tenore di stress emotivo legato a questo fattore. Vivo bene la mia condizione così e sono contenta».
Stress in cucina, alla ricerca del benessere
Mazzaroni riconosce: «Sopportare e arginare questi momenti e la fatica di questo lavoro e assai complicato. Palestra, lunghe passeggiate e molta meditazione possono essere buoni rimedi. Ascoltare musica rilassarsi e non pensare. Ormai però molti ristoranti stanno adottando orari di lavoro più flessibili e giorni di riposo maggiori. Ad esempio noi abbiamo deciso di concentrare i servizi nel fine settimana per 8 mesi lasciando tre o quattro giorni liberi e in Estate, quando siamo aperti tutti i giorni, facciamo due turnazioni una per il fine settimana e una per i giorni feriali».
«Questo - mette in luce Pompili - è un lavoro che si fa per passione e se lo fai solo per lo stipendio e demotivato è chiaro che poi sei stressato. Basta una pausa di un’oretta e anche pasti regolari seduti a tavola. Noi pranziamo alle 11.30 e ceniamo alle 18.30 con una bella pietanza sostanziosa e tanta verdura. Non ho capito perché proprio noi che facciamo da mangiare per far stare bene la gente poi ci ritroviamo a mangiare in piedi, scomodi e velocemente. A tavola con un buon bicchiere di vino, parlando e rilassandoci. Basta poco e funziona. Bisognerebbe, poi, trovare il tempo per viaggiare e andare a trovare i colleghi. Mettersi dall’altra parte, dalla parte dell’ospite è un esercizio molto importante. Aiuta anche a combattere lo stress da "Michelin’"o da stampa. Se si hanno nozioni fondamentali dietro i fornelli e davanti a un piatto si crea una sorta di rinforzo caratteriale. Ci si tempra, ci si irrobustisce. È una sorta di equilibrio psicofisico. Io faccio questo mestiere da 55 anni e sono felice della mia vita. Anzi sono soddisfatto delle cose che sto facendo che ho fatto e che farò. Poi ho la fortuna di avere la famiglia vicino e i problemi di relazioni personali non so cosa siano. La cucina è disciplina, ritmo, amore e anche sacrificio, fatto sempre con amore».
Stress in cucina, l’equilibrio tra vita lavorativa e privata
La ricetta di Peluso consiste in una separazione netta tra la vita privata e quella lavorativa: «Allevio la tensione con il riposo e mi concedendo dei momenti di relax in compagnia dei miei gatti. Nel mio caso non ho problemi a gestire i rapporti personali perché con c’è un confine tra vita professionale e personale. Conducendo un’attività famigliare sono sempre in contatto con il nucleo famigliare, dentro e fuori dal lavoro. Tuttavia vivo bene la mia realtà che ritengo sia in equilibrio». «Per il mio benessere fisico - confessa Pasini - non faccio nulla di particolare, una bella doccia e mi butto sul divano abbracciato alla mia cagnolina. Per conciliare la vita personale bisogna avere al proprio fianco la persona giusta che comprende questo modello di vita. Io sono fortunato, ho una moglie fantastica che condivide in pieno “noi” e ogni minuto libero corriamo uno dall'altra e viceversa. Quando c'è poco tempo viene dato maggior valore anche a semplici 10 minuti». Narcisi, invece, spiega: «Mi prendo cura di me stesso rilassandomi davanti ad una partita al videogame, ovvio, seduto sul divano. Far conciliare la vita professionale con quella personale è molto difficile. E si fa tanta fatica».
Marchetti poi evidenzia: «Il benessere fisico è sicuramente una parte importante. Ho solo un modo per riprendermi, sdraiarmi a letto chiudere gli occhi e lasciare che tutto si fermi. Un momento tutto mio dove stacco la spina. Muscoli rilassati e mente sgombra. Una mezz’ora solo con me. Mi distraggo invece andando a giocare a golf che per me è come andare in barca a vela. Poi il mio pensiero costante è mettere insieme lavoro e vita personale. Sorrido e so che è un problema. Una figlia, una compagna, una moglie me le godo con i tempi giusti il lunedì e il martedì sera. Esserci quando c’è bisogno. Nel momento in cui devo essere presente ci sono e ci sarò sempre». Cerioni mette in guardia: «Per prendersi cura di sé direi che un po’ di esercizio fisico aiuterebbe notevolmente, ma troppo spesso vince il divano o il letto. Ed è anche vero che non è facile avere una vita privata. Spesso lo stress accumulato può portare alla rottura anche dei rapporti familiari, avere amicizie non risulta cosa semplice, spesso sono sempre nell’ambito dello stesso mondo. Un consiglio? Cercare persone con gli stessi interessi e magari avere anche un po’ di spirito di adattamento. Tutto questo porta molto spesso ad amicizie vere e durature».
«L’equilibrio tra vita lavorativa e vita personale nel settore della ristorazione è spesso difficile da mantenere a causa delle caratteristiche uniche di questo lavoro. I lavoratori della ristorazione - rimarca Franco - spesso lavorano durante i fine settimana, le sere e i giorni festivi, il che può rendere difficile conciliare il lavoro con la vita familiare e sociale. Le giornate lavorative possono essere molto lunghe, spesso superando le 10-12 ore, il che lascia poco tempo per il riposo e le attività personali. L’ambiente di lavoro è spesso frenetico e stressante, con la necessità di soddisfare rapidamente le richieste dei clienti e mantenere alti standard di qualità. Gli orari di lavoro possono essere imprevedibili, con cambiamenti dell’ultimo minuto che rendono difficile pianificare il tempo libero. Spesso manca un supporto emotivo adeguato per affrontare lo stress e le pressioni del lavoro, il che può portare a problemi di salute mentale. Nonostante queste sfide, ci sono strategie che possono aiutare a migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e vita personale. Pianificare in anticipo i giorni di riposo e le vacanze può aiutare a garantire il tempo necessario per il recupero e le attività personali. Creare un ambiente di lavoro supportivo e collaborativo può ridurre lo stress e migliorare il benessere generale. Assicurarsi che tutto il personale sia ben formato e che ci sia una buona comunicazione tra i vari reparti può migliorare l’efficienza e ridurre i conflitti. L’equilibrio tra vita lavorativa e vita personale è fondamentale per il benessere dei lavoratori e per la loro produttività a lungo termine».
Stress in cucina, come gestirlo
«In Accademia Chef’s - precisa Morello - formiamo i cuochi del futuro e teniamo molto a che nostri allievi diventino cuochi responsabili oltre che del lavoro che svolgono anche del proprio benessere fisico e mentale. Nei nostri corsi insegniamo che questa professione per quanto impegnativa e faticosa, deve essere sempre gratificante». «La cucina di alto livello - riconosce Confente - è senz’altro un mondo affasciante e richiede competenze fuori dal comune, sia dal punto di vista fisico, mentale, oltre che tecnico e relazionale. Basti pensare ai ritmi di lavoro sostenuti, alle pressioni costanti, alle temperature degli ambienti di lavoro, ai cambiamenti dei classici ritmi di sonno-veglia e alla variabilità degli orari dei pasti. Non dovrebbe sorprendere, quindi, come questi assoluti professionisti, al pari di atleti di èlite, possano essere affetti da problematiche muscolo-scheletriche e psicosociali. Il management dello stress fisico e mentale, difatti, è una delle variabili cardine per il benessere fisico e psicologico della persona. Non si parla quindi di stress, ma di gestione di questo e di come il professionista percepisce ed affronta la magnitudine del lavoro da svolgere fisicamente, programmare mentalmente ed eseguire tecnicamente».
Non si tratta, però, di una prerogativa esclusiva dei cuochi o degli chef: «Il periodo storico contemporaneo è sopraffatto dallo stress. Pazienti di svariate età riportano alti livelli di stress soggettivo percepito ed è questo l’elemento cardine da cui partire, come la persona vive, affronta e si confronta con le pressioni a breve, medio e lungo termine. Dal punto di vista neuroendocrino quando l’individuo di trova ad affrontare un stress, il corpo risponde con un meccanismo specifico di messa all’allerta, con produzione di diverse sostanze, tra le quali adrenalina e noradrenalina, principalmente. Queste ci permettono essere più vigili, più attenti, più responsivi e maggiormente focalizzati sul compito che dobbiamo svolgere o sullo stressor mentale che stiamo affrontando. Se lo stress permane nel tempo, tendenzialmente per più di tre mesi, interviene un ulteriore meccanismo fisico, con la produzione di cortisolo. Se nel tempo si reitera e se l’individuo non riesce a far fronte mentalmente e fisicamente a questi stressor, il fisico e la psiche iniziano in maniera squisitamente variabile tra diverse persone ad accusare in un certo senso questi cambiamenti neuroendrocrini funzionali».
Franco condivide quindi alcuni suggerimenti pratici: «È importante fare pause regolari durante il turno per riposare e recuperare energia. Anche brevi pause di 5-10 minuti possono fare una grande differenza. Fare stretching prima, durante e dopo il turno può aiutare a prevenire dolori muscolari e articolari. Concentrarsi su esercizi che allungano la schiena, le gambe e le braccia. Bere molta acqua e mangiare cibi nutrienti può aiutare a mantenere alti i livelli di energia. Evitare cibi troppo pesanti o zuccherati che possono causare cali di energia. Praticare tecniche di respirazione profonda può aiutare a ridurre lo stress e migliorare la concentrazione. Anche solo pochi minuti di respirazione consapevole possono avere effetti positivi. Mantenere la cucina organizzata e pulita può ridurre lo stress e migliorare l’efficienza. Assegnare compiti specifici e lavorare in squadra può aiutare a gestire meglio il carico di lavoro. Parlare con colleghi e amici può offrire un importante supporto emotivo. Condividere esperienze e consigli può aiutare a sentirsi meno soli e più compresi. Fuori dal lavoro, fare attività fisica regolare come camminare, correre o fare yoga può aiutare a ridurre lo stress e migliorare il benessere generale. Assicurarsi di dormire a sufficienza è essenziale per recuperare dalle lunghe ore di lavoro. Creare una routine di sonno regolare può migliorare la qualità del riposo».
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Alberto Lupini
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