Stella Michelin quanto vali! I Cerea hanno il fatturato più alto d’Italia

21 settembre 2017 | 15:44
Le stelle Michelin creeranno anche ansia da prestazione, stress e nervosismo tanto da indurre qualche cuoco come Sébastien Bras a rinunciarci. Facendo due conti però le stelle Michelin, quantunque spesso discusse come accade del resto per tante classifiche e graduatorie, portano ai cuochi e ai ristoranti che se ne fregiano incassi da capogiro. Del resto il cuoco è a capo di un’azienda e deve guardare al profitto. E che profitto per gli stellati.


La famiglia Cerea

Uno studio della società Jfc sul 2016 ha calcolato che i ristoranti blasonati in Italia sono 334, ognuno dei quali sfama mediamente 6.318 clienti all’anno, quasi equamente divisi tra italiani (52,6%) e stranieri (47,4%). Mediamente, in Italia, una stella Michelin porta a fatturare circa 708,2 mila euro all’anno (con un balzo del 53,2% nei ricavi tra prima e dopo l’ottenimento della prima stella), che diventano 1,12 milioni per i ristoranti a due stelle (i quali fatturano circa il 18,7% in più rispetto a quando ne avevano una) e 1,54 milioni per quelli a tre (il cui incremento di fatturato nel passaggio da due a tre stelle è del 25,6%). Il tutto per un giro d’affari complessivo di circa 260 milioni di euro l’anno.

Dai dati di Infocamere e Cerved ed elaborati da FoodCommunity.it, è stato possibile stilare una classifica dei fatturati dei ristoranti italiani, al secondo posto in Europa (dopo la Francia) per numero di ristoranti stellati. Sul gradino più alto del podio con oltre 15 milioni di fatturato, c’è l’azienda Da Vittorio, da cui prende il nome il ristorante tre stelle Michelin della famiglia Cerea a Brusaporto (Bg). Non solo ristorante però per la famiglia bergamasca: il gruppo gestisce anche il relais La Dimora, la pasticceria Cavour e l’azienda di catering Vi.co.ok, che svolge servizi in diversi Paesi sparsi per il mondo, tra cui New York, Parigi, Abu Dhabi e Hong Kong. Tutte attività che necessitano di personale tanto che i Cerea dispongono del maggior numero di dipendenti tra i ristoratori d'Italia.

Medaglia d’argento per gli 11 milioni di fatturato della famiglia Alajmo. Capitanata dai fratelli Raffaele e Massimiliano, che insieme gestiscono dieci locali (tra cui il ristorante Le Calandre in provincia di Padova, il Quadri a Venezia e il Caffè Stern a Parigi) nel 2010 ha accolto nella compagine sociale il fondo di Private Equity Venice, permettendo al gruppo di espandere il proprio marchio anche ai settori di editoria, design e catering per eventi.

Sul gradino più basso invece uno dei cuochi più conosciuti, quel Carlo Cracco che vale 7,5 milioni di euro grazie alle tre società che fanno capo a lui. A seguire Giancarlo Perbellini con 6 milioni; Andrea Berton con 5,4 milioni; Antonino Cannavacciuolo con 5,2 milioni; Massimo Bottura 4, 9 milioni; Niko Romito, 3,7 milioni di euro e infine Enrico Bartolini con 2,7 milioni e Moreno Cedroni con 2,6 milioni di fatturato.

Il fatturato, chiaramente, non è tutto ciò che entra nelle tasche dei cuochi. A questo infatti vanno tolte le (ingenti) spese necessarie a gestire un locale stellato. Una media di 17 addetti assorbe circa il 32,6% del fatturato, le materie prime erodono un ulteriore 32%, l’affitto e i costi gestionali circa il 24% e gli imprevisti (dai piatti mandati indietro alla gestione della cantina) circa il 7%. Il che, complessivamente, arriva quasi a eguagliare il fatturato.

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Alberto Lupini


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