Smart working e Covid: a rischio 15mila lavoratori della ristorazione collettiva

L’Osservatorio Oricon conferma le previsioni allarmanti di dicembre: a rischio migliaia di posti di lavoro, ottomila solo nel comparto delle mense aziendali. La soluzione? Rivedere il modello del lavoro da remoto

17 febbraio 2022 | 18:37

L’allarme era stato lanciato già lo scorso dicembre: la ristorazione nelle aziende, a causa dell’introduzione dello smart working come forma di contrasto all’emergenza pandemica, sta scomparendo, con gravi danni in termini occupazionali e sociali. A rischio ci sono 15mila lavoratori. Un allarme che purtroppo trova conferma nei dati con cui il settore ha chiuso il 2021 ma, soprattutto, in vista dei prossimi mesi che avrebbero dovuto consolidare la ripresa di un comparto che dà lavoro a oltre 93 mila persone, per lo più donne e con contratto a tempo determinato, e che invece è in balia di smart working e rincari.

Covid, smart working: la tempesta perfetta per la ristorazione collettiva

Secondo le rilevazioni di Oricon, il 2021 per il settore delle mense, in particolare il segmento in appalto, si è chiuso con una crescita dei ricavi e dei volumi delle vendite del 22% rispetto ai 12 mesi precedenti, ma comunque ancora lontana dai dati prepandemia: rispetto al 2019, quando i ricavi caratteristici superavano i 4,1 miliardi di euro e si producevano annualmente 860 milioni di pasti, l’anno appena concluso segna, infatti, un disastroso -20% con 3.3 miliardi di euro di ricavi e circa 690 milioni di pasti.

Analizzando i diversi settori in cui la ristorazione collettiva opera, ci si rende conto di come la ripresa sia stata marcatamente disomogenea: se la ristorazione scolastica ha messo a segno nel 2021 un incoraggiante recupero delle vendite pari al 57%, rispetto al -50% registrato del 2020, la ristorazione socio-sanitaria e delle altre collettività hanno recuperato rispettivamente il 2% e 6.7% a valori.

Ma è la ristorazione aziendale che continua a destare maggiori preoccupazioni: in questo comparto, a causa del massiccio ricorso alle forme di lavoro remoto - all’inizio del terzo trimestre 2021 i lavoratori in smart working  erano 4.7 milioni, quasi un terzo del totale degli occupati dipendenti – la produzione è cresciuta nel 2021 del 23% ma si attesta ancora al 75% di quella del 2019, una contrazione di un quarto rispetto all’anno pre-pandemia.

Nonostante le evidenti difficoltà che questi numeri fotografano, le aziende del settore sono riuscite a preservare la forza lavoro, anche grazie ai tempestivi, seppur insufficienti e comunque onerosi, interventi del Governo che hanno contribuito a mantenere pressoché invariati i livelli occupazionali e a bilanciare le sospensioni o riduzioni delle attività.

«Se lo smart working diventa una pratica stabile non si tornerà ai livelli pre-pandemici»

«Secondo le stime di Oricon, se lo smart working si andrà consolidando in forma stabile e a questo aggiungiamo i rincari delle materie prime non compensati da interventi del Governo, pur investendo in forme adattative di erogazione del servizio le aziende non riusciranno a recuperare i volumi produttivi pre-pandemia – dichiara Carlo Scarsciotti, Presidente Oricon, Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione -. A rischio ci sono 15 mila lavoratori complessivamente, 8 mila nella sola Ristorazione aziendale, ma soprattutto lavoratrici. In un settore da sempre caratterizzato da rapporti di lavoro a tempo indeterminato, volti a garantire professionalità e competenze indispensabili in questo lavoro, sarebbe un grave danno».

Gli ammortizzatori sociali nel 2020 hanno interessato i due terzi della forza lavoro

Gli ammortizzatori sociali nel 2020 hanno interessato due dipendenti su tre in aprile (8 su dieci in quello aziendale), per ridursi a uno su quattro a settembre 2020 e a uno su cinque a dicembre 2021. Complessivamente, in tutti gli ambiti in cui le aziende della Ristorazione collettiva operano, sono ancora oltre 15.000 gli occupati che dovranno essere riassorbiti dalle aziende nei prossimi mesi. Si tratta nella stragrande maggioranza di lavoratrici, che in questo settore rappresentano l’80%, contro il 20% della forza lavoro di genere maschile.

L’appello: «Occorre rivedere il modello di lavoro da remoto»

«A questo quadro già allarmante si sommano i rincari dell’energia ma soprattutto delle materie prime alimentari, che comportano per le aziende un incremento di costi che sfiora l’8%, su un servizio che viene erogato a prezzo fisso e imposto - conclude il Presidente di Oricon -. Se non vogliamo perdere un settore importante non solo per l’economia nazionale, ma per il valore che ha in termini sociali e nutrizionali, occorre rivedere il modello di lavoro da remoto e pensare a forme di sostegno alle aziende coerenti con la situazione attuale che consentano di guardare al futuro».

 

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Alberto Lupini


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