La Sicilia secondo Pietro D’Agostino
Con “Creatività. Memoria e Territorio” il cuoco de La Capinera e di Kistè a Taormina presenta una trentina di ricette rappresentative della sua cucina e che raccolgono ingredienti che utilizza tutti i giorni
Pietro D’Agostino, anima a Taormina (Me) de La Capinera, storica stella Michelin, e dell’innovativo format easy gourmet Kistè, ha messo su carta, invece che nel piatto, la sua Sicilia. E ha dato alle stampe con Trenta Editore “Creatività. Memoria e Territorio”, quattro capitoli che rappresentano gli elementi della vita (Terra, Acqua, Fuoco e Aria), che diventano i protagonisti di una trentina di ricette e che rappresentano l’inizio di un dialogo con contadini, vignaioli, pescatori e macellai.
Il volume è stato presentato a Milano il 26 ottobre presso l’Officina Design Cafè, spazio che riprende la filosofia gastronomica di Chic-Charming italian chef, associazione che riunisce un centinaio di professionisti della ristorazione che propongono una cucina che valorizza le materie prime del nostro Paese e della quale D’Agostino è componente del direttivo.
Una cucina generazionale
Le ricette sono state scelte perché rappresentative della sua cucina e perché raccolgono ingredienti che utilizza tutti i giorni, provenienti quasi sempre dal territorio siciliano. Il suo obiettivo è quello di ritornare a una cucina che esalti il vero sapore dell’ingrediente utilizzato. «I piatti che mi rappresentano di più sono sicuramente i primi, che io amo follemente – ha spiegato D’Agostino - Dal tagliolino nero ai gamberi agli agnolotti ripieni di cernia e finocchietto selvatico. Sono comunque ricette generazionali, storie di famiglia. Non dimentichiamo che gli chef più bravi al mondo sono le mamme, che a loro volta hanno appreso in casa i piatti della memoria. Una trasmissione continua che in Sicilia vede cambiare gli ingredienti di una ricetta di provincia in provincia. La tradizione qui ha interpretazioni diverse». Nel suo lavoro Pietro D’Agostino ha abbinato a ogni ricetta un vino «per valorizzare i piccoli produttori».
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Alberto Lupini