Sanificazione, si passa a strategie per la salubrità degli ambienti

Con la bella stagione il turismo si è rimesso in attività dopo lunghi mesi di restrizioni. Quello che più conta ora per gli operatori dell’Horeca è continuare a garantire alti standard di igiene e sicurezza. Metodi e approcci per assicurare la salubrità degli ambienti assumeranno rilevanza strategica

06 luglio 2021 | 05:00
di Massimo A. Giubilesi

Siamo in piena estate. Per molti le ferie sono iniziate e la gente, costretta a stare a lungo al chiuso, limitare i propri spostamenti e non poter frequentare i soliti luoghi di svago e socialità, comincia a ritornare a pieno ritmo nei locali, nei ristoranti e negli alberghi. L’entusiasmo per il ritorno alla “normalità” vale a maggior ragione anche per gli operatori del settore, desiderosi di riaprire le saracinesche e riprendere il lavoro. Di certo, le misure restrittive imposte nell’ultimo anno e mezzo hanno pesato a tutti e le persone non vedono l’ora di dire definitivamente addio alle mascherine, all’obbligo di igienizzarsi continuamente le mani e mantenere le distanze di sicurezza. E se da adesso in poi (speriamo), grazie anche ai vaccini e con la tracciabilità del Green Pass, la gente potrà stare più tranquilla, gli operatori e gli imprenditori, specialmente del mondo Horeca, non potranno permettersi leggerezze per tutto ciò che riguarda l’igiene e la sicurezza.



Sanificare e igienizzare gli ambienti chiusi ha acquisito sempre più importanza in seguito alle inaspettate problematiche legate all’emergenza sanitaria ancora in corso con cui tutti noi ci siamo confrontati e che hanno spostato la nostra attenzione su nuove priorità ed esigenze. Possiamo certamente dire che da qui in avanti le problematiche relative ai metodi e agli approcci che garantiscono la salubrità degli ambienti assumeranno rilevanza strategica per l’intero settore food & hospitality. La crisi sanitaria ha contribuito a riportane l’attenzione del settore Horeca sulle tematiche delle tecnologie, dei sistemi e dei protocolli di pulizia e sanificazione esistenti, che però si sono rivelati poco efficaci di fronte al virus.

Il glossario dell’igiene

Ricordiamo che la legislazione attuale (DM 7 luglio 1997, n. 274 recante “Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della L. 25 gennaio 1994, n. 82 per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione”) ci fornisce le seguenti definizioni:

  • PULIZIA: sono attività di pulizia quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati e aree di pertinenza;
  • DISINFEZIONE: sono attività di disinfezione quelle che riguardano il complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni;
  • DISINFESTAZIONE: sono attività di disinfestazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a distruggere piccoli animali, in particolare artropodi, sia perché parassiti, vettori o riserve di agenti infettivi sia perché molesti e specie vegetali non desiderate. La disinfestazione può essere integrale se rivolta a tutte le specie infestanti ovvero mirata se rivolta a singola specie;
  • DERATTIZZAZIONE: sono attività di derattizzazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni di disinfestazione atti a determinare o la distruzione completa oppure la riduzione del numero della popolazione dei ratti o dei topi al di sotto di una certa soglia;
  • SANIFICAZIONE: sono attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”.




Ottimizzazione delle risorse e utilizzo di prodotti innovativi

La crisi sanitaria ha provocato anche un aumento dell’interesse e della sensibilità degli operatori verso diversi approcci e metodologie che permettono il raggiungimento di risultati migliori ottimizzando le risorse e utilizzando tecnologie e prodotti innovativi per pulire e sanificare gli ambienti. È importante sottolineare che alcune di queste tecnologie si basano su processi simili a quelli che avvengono in natura e perciò non prevedono l’utilizzo di sostanze chimiche disinfettanti o igienizzanti. La maggior parte di esse non necessita di materiali di consumo e sono quindi al contempo efficaci, non richiedono competenze particolari e sono rispettose dell’ambiente. Vediamo alcuni esempi.

Sanificazione radicale ionizzante

Il processo fisico Rci-Feo (Radiazione catalitica ionizzante - Fotocatalisi eterogenea ossidante) si sviluppa con una corrente d’aria dell’impianto di ventilazione che attraversa un dispositivo fotocatalitico costituito da una lampada UVC germicida che irraggia da vicino un’ampia superficie a nido d’ape alveolare e porosa di un catalizzatore costituito da biossido di titanio in lega quadrimetallica, prodotto con superficie nano-tubolare. Il vapore acqueo e l’ossigeno dell’aria vengono trasformati in un complesso di biossidanti con un lieve residuo di ozono (0,02 ppm, 360 mg/ora), mostrando un’elevata capacità distruttiva sia verso batteri patogeni che spore, funghi e virus.



Sanificazione radicale con acqua ossigenata (perossido di idrogeno)

Il perossido di idrogeno è un disinfettante naturale che si trova anche negli alimenti (latte, miele), viene utilizzato come coadiuvante alimentare (agente sbiancante per trippa, molluschi, filetti di pesce) e viene prodotto dal corpo umano come risultato del metabolismo cellulare. L’azione disinfettante è potenziata dall’introduzione di catalizzatori che producono anche un residuo di ozono (0,02 ppm, 360 mg/ora). Il perossido nebulizzato nell’ambiente al 3-5% agisce mediante la produzione di radicali idrossili che attaccano i rivestimenti proteo-lipidici delle membrane, interferiscono con alcuni composti vitali delle cellule dei microrganismi e con la struttura del Dna o Rna dei virus. Il tasso di distruzione dipende da temperatura e tempo di contatto con i microrganismi che non producono catalisi rispetto a quelli che la producono (la catalasi è un enzima presente negli organismi capaci di metabolizzare il perossido di idrogeno), mostrando un’elevata capacità distruttiva verso batteri patogeni, spore, funghi e virus.

Sanificazione radicale con ozono

L’ozono (O3) è la forma allotropica dell’ossigeno che in natura si forma mediante i raggi ultravioletti e le scariche elettriche che riescono a fornire l’energia necessaria. È un gas irritante molto instabile, reattivo, dall’odore pungente e caratteristico, con un’emivita di circa 30-40 minuti a temperatura tra 15-20°C con UR 80-85%. L’immissione di ozono nelle zone sottoposte a trattamento deve avvenire dall’alto e deve raggiungere una concentrazione ottimale di 0.2-0.3 ppm (mg/m3), con durata e frequenza dei trattamenti da stabilire in loco caso per caso, di norma non inferiori a 30-40 minuti. L’ozono provoca ossidazione catalitica dei rivestimenti cellulari lipo-proteo-polisaccaridici dei microrganismi (batteri, muffe, spore, virus), delle membrane cellulari dei parassiti e lo squilibrio dei neuro-recettori e trasmettitori di insetti e roditori. Disintegra le sostanze organiche volatili responsabili dell’odore e della putrefazione (metilmercaptani, solfuro di idrogeno, acidi grassi insaturi, metilamine) agendo prima con l’ossigeno atomico (azione ossidante) e poi con gli ozonoidi (azione deodorante) che portano alla rottura delle molecole. L’olfatto umano percepisce l’ozono a circa 0.02 ppm (mg/m3 di aria), cioè 1/10 della dose consentita nell’Ue di 0.2 ppm (mg/m3) per 8 ore lavorative consecutive, mentre l’US Department of Labour-Osha (Occupational Safety and Health Administration) per lo stesso tempo lavorativo ha stabilito come limite 0.1 ppm.



L’obiettivo primario è la salubrità degli ambienti

A prescindere da modalità (tradizionali o innovative), prodotti o tecnologie utilizzate, emerge il fatto che le diverse azioni che si decide di applicare devono concorrere al raggiungimento di un obiettivo primario e cioè la salubrità degli ambienti, garantendo una migliore qualità della vita delle persone, dei lavoratori e degli ospiti e diminuendo la probabilità di diffusioni di microrganismi portatori di malattie. Da qui deriva anche l’emergente necessità di potergovernare la complessità delle azioni necessarie per valutare i possibili rischi ed applicare un sistema adeguato per la loro mitigazione. Diventa pertanto indispensabile lo sviluppo di protocolli e procedure riguardanti specifici aspetti legati ad indicatori di salubrità ambientale, tendendo a modelli trasversali per la prevenzione e il controllo delle contaminazioni di origine biologica, chimica e fisica. Tali modelli forniscono un vero e proprio sistema integrato che permette alle organizzazioni “virtuose” di differenziarsi, facendo emergere in modo tangibile e certificato l’impegno al mantenimento di elevati standard di salubrità degli ambienti, tramite l’applicazione di un innovativo servizio integrato di prevenzione.

La salubrità degli ambienti diventa qualità essenziale degli edifici

Il concetto di salubrità degli ambienti confinati diventata un valore anche giuridico che si traduce in riconoscimento di diritti del singolo o della comunità che vive e/o utilizza gli spazi. Sono maturi i tempi per trasformare la salubrità degli ambienti chiusi in una qualità essenziale degli edifici al pari della sua efficienza energetica, che costituisce sotto forma di certificazione un elemento essenziale per la salute pubblica.

Infatti ad oggi, grazie alla dolorosa spinta della pandemia, stiamo assistendo ad una evoluzione in termini di standard che debbano essere alla base di un servizio integrato di prevenzione delle contaminazioni di origine biologica, chimica e fisica finalizzato alla salubrità degli ambienti di lavoro ed aperti al pubblico - Servizio di Certificazione di Kiwa Italia ST SAL-AMB che definisce per la prima volta requisiti di tipo scientifico, comportamentale e gestionale (Servizio integrato di prevenzione) - definendo i risultati attesi (obiettivi di risultato tipo scientifico e comportamentale) e i requisiti relativi alla tipologia e frequenza di controlli interni.



Definizione di nuove competenze di tipo manageriale

Dunque i nuovi metodi e approcci per garantire la salubrità degli ambienti superano i concetti attuali di sanificazione, dando maggiore importanza alle prestazioni e al mantenimento dei risultati. Questo spostamento del baricentro e le logiche della sanificazione favoriscono anche la necessità di evoluzione e la definizione di nuove competenze di tipo manageriale. Pensiamo al Manager per la salubrità degli ambienti (Msa), figura chiave che non si limita, come nel caso del Covid Manager, a gestire una singola minaccia, ma è in grado di soddisfare la domanda delle aziende che vedono l’integrazione tra sicurezza, salute, ambiente e prevenzione delle contaminazioni come la modalità più efficace per perseguire la conformità legislativa, le strategie aziendali e le esigenze di lavoratori e utenti in una prospettiva di eccellenza e di miglioramento continuo.

Per informazioni: www.giubilesiassociati.com


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Alberto Lupini


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