Ingegneria del menu, food cost, controllo di gestione e standardizzazione dei processi sono termini diventati ormai imprescindibili per chi oggi fa ristorazione. D'altronde il ristorante è un business; è un'azienda che per generare profitti deve poter rendere al meglio ottimizzando tutti i suoi aspetti.
Solo così è possibile far fronte a situazioni come quella che si è creata da qualche mese a questa parte. L'aumento dei costi delle materie prime, inflazione e caro bollette, stanno portando i ristoratori ad un aumentare i prezzi di pranzi e cene. Aumenti, al momento ancora relativamente contenuti, ma che rischiano comunque di far scappare i clienti, specialmente quelli abituali.
Lo sa bene Giacomo Pini, imprenditore, Ceo di GPstudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo e autore del libro "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale" che ha spiegato quale azioni mettere in atto per poter ridurre al meglio gli sprechi, garantendo, al tempo stesso, il necessario margine di profitto alla propria attività. Evitando quindi di non far pagare il costo della crisi al cliente o, peggio ancora, di far chiudere per sempre la saracinesca del ristorante.
Caro bollette e materie prime, che fare per non far pesare i costi sul cliente?
Probabilmente a un ristoratore la prima soluzione che verrebbe in mente per contenere l'aumento dei costi è di contenerli facendo aumentare il prezzo dei piatti. Ma per Giacomo Pini questa è una risposta sbagliata. «Se si calcola anche solo un aumento di 5 euro a testa una famiglia di 4 persone potrebbe arrivare anche a spendere 20 euro in più rispetto a prima; una cifra decisamente considerevole che potrebbe alla lunga spingere i clienti abituali a disaffezionarsi, abbandonando il ristorante preferito», ha spiegato Pini.
Qual'è il primo passo per ottimizzare le spese di un ristorante?
Bisogna avere in testa una corretta strategia di pricing. Ovvero, bisogna riorganizzare completamente la struttura dei costi cercando di capire come e dove risparmiare il più possibile. Ma cercando comunque di mantenere inalterata la qualità dei piatti e delle materie prime utilizzate per prepararli.
In che cosa consiste nel dettaglio?
Bisogna, per esempio, capire quale sia il prezzo di uno scontrino medio, di modo da farsi un'idea precisa di quale sia la tipologia di clientela che frequenta abitualmente il nostro locale. Analizzare uno scontrino medio significa quindi comprendere quali sono i piatti che ruotano di più, ovvero quelli ordinati più spesso.
Qual'è il vantaggio che si garantisce puntando sui piatti più richiesti?
Si riducono i costi di produzione, perché si riducono al minimo gli sprechi. I prodotti che non vengono venduti si deteriorano infatti facilmente. Pensiamo ai salumi che si ossidano o al pane che diventa secco. Non puoi, per esempio, utilizzare ogni volta la carne avanzata, trasformandola in un piatto di polpette. E se lo si fa con quella pregiata quanto ci dovrebbero poi costare? Inoltre, non tutti i cuochi sono in grado di riutilizzare al meglio gli scarti. Anche questa è una abilità, legata all'esperienza, che comunque si paga in busta paga.
C'è un accorgimento drastico che si può utilizzare per ridurre subitogli sprechi?
Accorciare un menu troppo ampio, puntando su poche portate, le più richieste dai clienti, è una soluzione efficace. Ma prima bisogna conoscere il food cost di ogni piatto, di modo da capire quali siano quelli in rado di garantire il massimo profitto, considerando ogni aspetto, compreso il livello di difficoltà realizzativo.
C'è qualche altro suggerimento?
Proporre maggiormente i piatti da condivisione, il cosiddetto food sharing. In spagnolo vengono chiamati "para picar" (che letteralmente significa sgranocchiare), una sorta di evoluzione di quello che una volta da noi si chiamava antipasto all'italiana, ovvero una selezione di salumi abbinati a verdure e alla tradizionale giardiniera portati al tavolo su carrellini. Per un cliente è più facile ordinare un piatto da condividere per dividerne il prezzo con gli altri commensali e al tempo stesso per un ristoratore il vantaggio è di aumentare il valore dello scontrino medio. Le soluzioni alternative non mancano: per esempio sono stato in un locale che proponeva ostriche e chupito con un cameriere che passava col vassoio tra i tavoli dei commensali.
Di norma un ristoratore è in grado di calcolare i costi fissi?
Diciamo che chi non lo sa fare commette un grave errore, perché sottovaluta un aspetto fondamentale per chi vuole fare business in questo settore. Menu engineering, food cost e controllo di gestione sono infatti i capisaldi della buona ristorazione. Un commercialista è in grado di calcolare esattamente i costi fissi, ma solo se riceve tutte le informazioni, tutti i dati necessari per il calcolo dal ristoratore. Ma spesso le informazioni risultano incomplete perché il proprietario non le conosce.
Quanto può incidere sul fatturato il food pricing?
Nella cosiddetta bilancia dei costi la percentuale sul fatturato può variare tra il 28 e il 33%. Ma non solo, le spese si possono ridurre fino al 12% se si ottimizzano i costi e si applica un modello di business efficiente. Come lo sappiamo? Con i nostri F&B abbiamo realizzato un modello per il Food cost pratico che ci permette di andare a misurare proprio questo dato. Un modello che andiamo a costruire insieme al ristoratore e/o allo chef, così da evitare che lo scotto sia tutto a carico del cliente e per incentivare piuttosto un’ottimizzazione e un miglioramento della gestione del locale.
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Alberto Lupini
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