Rinegoziazioni, tutele e aiuti. Ladisa Ristorazione vuole certezze
L'operatore pugliese della ristorazione collettiva ha dovuto far fronte a un picco di costi che la rimodulazione dei contratti non è riuscita a risolvere completamente. Il ritorno alla normalità? «Forse nel 2022»
18 marzo 2021 | 07:34
di Nicola Grolla
Vito Ladisa
Situazione che Ladisa Ristorazione, realtà italiana nata a Bari negli anni '40, conosce bene. Con oltre 35 milioni di pasti prodotti e una forza lavoro di 4.000 addetti, Ladisa è presente in scuole, università, ospedali, ministeri, caserme ed enti pubblici in genere. Location che posizionano l'azienda in 17 Regioni dove serve complessivamente circa 700 strutture. Impegni che nel corso dell'ultimo anno hanno dovuto tenere il passo dei vari Dpcm e gli effetti sull'operatività: «Il soggetto istuituzionale che è conscio della nostra situazione e predispone i Dpcm, alla fine non si è assunto la responsibilità di avviare anche una rimodulazione dei contratti», denuncia Vito Ladisa, amministratore delegato dell'omonimo gruppo.
Come si è chiuso il 2020?
Il 2020, per i motivi che sappiamo, si è chiuso con un fatturato a regime intorno ai 210 milioni di euro ma che alla fine si assitereà intro i 130 milioni. Abbiamo registrato un forte calo nel canale universitario e scolastico, ma anche nell'aziendale e nel settore militare, a causa dell'introduzione dello smart working. Insomma, una perdita di 70 milioni di euro a cui, tuttavia, siamo riusciti a porre una pezza grazie a un'organizzazione flessibile.
Quanto ha pesato la gestione della sicurezza?
Noi abbiamo fatto i conti: solo per la sicurezza c'è stato un incremento del +5-6% del prezzo del pasto. In questo aumento vanno inseriti i costi per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuale per i nostri operatori, l'installazione delle barriere in plexiglass e la pianificazione del monitoraggio della nsotra forza lavoro tramite i tamponi. Per non parlare dei costi relativi alle operazioni di sanificazione oppure dell'aumento degli addetti in certi comparti, come la scolastica, per garantire il servizio nelle nuove modalità introdotte dai vari protocolli.
Quali sono state le maggiori modifiche al servizio?
Abbiamo introdotto le lunch box per determinate ristorazioni, poi i piatti monoporzione, i cestini e la portata unica. In generale, comunque, la modifica maggiore è stata quella relativa all'organizzazione del servizio mensa che è stato rimodulato e dilazioato: meno persone servite con soluzioni più veloci in un arco di tempo più lungo.
Che andamento nella ristorazione aziendale?
In ambito militare si sono ridotti di molto i numeri dei pasti. Stessa cosa per l’aziendale tout court dove abbiamo adottato anche l'opzione della lunch box ordinabile tramite app. Della consegna ce ne occupiamo direttamente noi, che sia in ufficio piuttosto che in mensa. La consegna a casa l'abbiamo limitata solo a situazioni di difficoltà o di particolare disagio sociale.
Ricerca e sviluppo sembrano la strada obbligata per guardare al futuro.
E non a caso abbiamo avviato nuovo progetto di ricerca attraverso il nostro dipertimento interno. Abbiamo coinvolto anche il Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) e altri istituti di ricerca di valenza nazionale. L'obiettivo è quello di migliorare le tecnologie di cottura per garantire una maggiore shelf life dei prodotti. Parallelamente, portiamo avanti una revisione del packaging che prevede l'adozione del piatto monoporzione realizzato con materiale biodegradabile.
Nell'attesa, si punta sulla rimodulazione dei contratti.
Abbiamo trovato molta fluidità nel ragionamento con gli enti locali consci che c’è la necessità di riequilibrare i termini contrattuali. Maggiori difficoltà l'abbiamo riscontrata con la Pubblica amministrazione. Una cosa abbastanza frustrante dal momento che l soggetto istuituzionale è conscio degli effetti causati dai vari Dpcm, ma alla fine non si ssume la responsibilità di avvenire a un meccanismo di rimodulazione dei contratti. Diverso il discorso per il partner privato che si è sempre posto al nostro fianco; anche perché vive sulla propria pelle le forti conseguenze dell'aumento dei costi del servizio.
Che ruolo ha la sostenibilità nelle vostre strategie?
Innanzitutto, da tempo ci siamo mossi per adottare un sistema di acquisti centralizzati e trasporto con veicoli Euro 6. Questo ci ha consentito di ottimizzare alcuni processi sia dando fiducia ai produttori e alla filiera del territorio, sia riducendo la nostra impronta ecologica. Il tutto favorendo sempre la tutela della biodevirsità delle produzioni. Da qui al 2025, poi, dovremmo completare la completa transizione dell'intera aziende a un regime sostenibile.
Cosa aspettarsi dal 2021?
Dobbiamo dare un'idea chiara della situazione che sta vivendo tutta la ristorazione. Lavoriamo in ambienti delicati per cui abbiamo bisogno di percorsi chiari e di tutele che, una volta accelerata la campagna vaccinale, possano portarci a recuperare la normalità e il terreno persi. Nello scenario migliore, potremmo ritornare a regime nel 2022 e aspettarci una crescita del 30% a partire dal periodo successivo. Nel mentre ci aspettiamo un naturale processo di selezione del mercato.
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