Rimboccarsi le maniche nonostante tutte le difficoltà
La ristorazione ha attraversato un anno da “montagne russe”, tra piogge di prenotazioni e picchi di disdette. Chi lavora nel settore è riuscito sempre a garantire un servizio di qualità, col sorriso dietro la mascherina
Veramente difficile, imprevedibile, faticoso. Pochi aggettivi scelti, tra i tanti disponibili, per dire che il 2021 è stato in assoluto l’anno più inaspettato della mia carriera professionale. A mente lucida, nel dover dare un’identità ai 12 mesi appena trascorsi, mi rifaccio all’immagine del cameriere o barman che serve ai tavoli, con le maniche della camicia arrotolate, e trovo la metafora pienamente calzante. Dal canto suo l’autorevole enciclopedia Treccani non a caso definisce il “rimboccarsi le maniche” come il “mettersi di buona lena, con grande impegno, a un duro lavoro”. Aggiungerei che la ristorazione, in quest’anno appena passato, si è altresì prestata ad altra metafora in cui la calzante similitudine è quella con le montagne russe, o qualcosa che gli assomiglia davvero molto.
Gli ultimi giorni di dicembre il telefono del ristorante dove lavoro, ad esempio, ha continuato a squillare incessantemente: le persone che chiamavano o volevano disdire la prenotazione per la vigilia di Capodanno oppure chiedere informazioni sul menu e sull’eventualità di un tavolo disponibile. Insomma, una situazione di grande incertezza. Ci siamo abituati? No, purtroppo no. Abbiamo perso litri di ossigeno indossando la mascherina in giornate infinite e con orari improbabili. , a favore dei clienti, anche se le mascherine non l’hanno mostrato.
Ci siamo prestati ad ogni ruolo possibile con la volontà di non indebolire l’offerta e il servizio nei nostri locali; questo perché penalizzati da pandemiche quarantene, chiusure e cronica mancanza di personale. Abbiamo lavorato dando il massimo nell’intenzione di sostenere le nostre aziende, ma sempre con la paura di poter essere contagiati dai nostri avventori e con l’incertezza economica delle alternate chiusure.
Abbiamo dato tantissimo sollievo al pubblico riportando “normalità” nelle loro vite, continuando a regalare quei momenti piacevoli che ruotano attorno al cibo e al vino: la convivialità! Lo abbiamo fatto con sacrificio, rinunciando alla “nostra parte” di convivialità e a discapito delle nostre energie. Insomma, ancora una volta devo constatare, sottolineare che il mestiere di sala è poco stimato, sottovalutato, largamente trascurato. Consapevolezza, premio, valorizzazione: sostantivi questi, scelti tra i tanti fruibili, che auguro a tutti Noi di Sala affinché il 2022 possa rappresentare un anno di svolta.
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Alberto Lupini