Per le guide la cucina non è un posto per donne? Ecco numeri e motivi

Nella guida Michelin 2024 tra le nuove stellate compaiono appena tre chef donne, in quella de L'Espresso nei 24 premiati ci sono solamente uomini. Ogni anno si torna a discutere del tema: disparità di giudizio o problema numerico? Ne abbiamo parlato con quattro chef: Isa Mazzocchi, Silvia Baracchi, Viviana Varese tra le affermate, e la new entry nelle guide Carlotta Delicato

06 dicembre 2023 | 05:00
di Alessandro Creta

Poche, ancora troppo poche le donne chef che compaiono nei vari vademecum gastronomici d’Italia. Un trend purtroppo che si conferma e che, almeno per il momento, non sembra potersi sbloccare. Ci siamo appena lasciati alle spalle il solito periodo dell’anno in cui le varie guide gastronomiche promuovono (e declassano) i ristoranti da Nord a Sud del Paese: la più importante di tutte la Michelin, quella più “recente” per puro ordine cronologico quella dell’Espresso. Entrambe accomunate da un fatto che non è sfuggito agli occhi (e ovviamente ai giudizi) dei più: perché ci sono così poche donne premiate? Perché sono in numero così limitato le chef che, stando almeno ai criteri di giudizio delle varie guide, non riescono ad emergere e farsi notare (perlomeno dagli ispettori)?

È puramente un fatto di tecnica, quindi di resa qualitativa dell'offerta gastronomica, c'è una disparità di giudizio tra generi (e sarebbe inconcepibile, quindi come ipotesi la vorremmo scartare a priori) o è semplicemente un fattore numerico che evidenzia la "scarsa" presenza femminile nelle cucine di un certo tipo?

Guida Michelin: 3 donne nel 2024, nel 2023 solo una

In controtendenza apparente la Guida Michelin. Per il 2024 i francesi hanno inserito tra i nuovi stellati, su un totale di 26 mono macaron, 3 donne (Ada Stifani, Amanda Eriksson e Aurora Mazzucchelli, quest’ultima nemmeno una new entry considerando come in passato avesse già conquistato la Stella). Numeri alla mano: poco più del 10% del totale. Un numero misero, certo, eppure in crescita rispetto all’anno precedente quando fu appena una la chef a conquistare la Stella. E anche per quanto riguarda i premi speciali, se escludiamo quello legato al servizio di sala andato a Federica Gatto (Cetaria Ristorante di Baronissi, Salerno), non troviamo rappresentanze rosa.

Fatto sta, comunque sia, come una percentuale così bassa faccia, se non discutere, quantomeno pensare. Placatesi le acque e gli entusiasmi a caldo, a seguito degli exploit tutti al maschile di Nierderkofler (capace di passare da 0 a 3 stelle a pochi mesi dall’apertura del nuovo ristorante), così come quello della famiglia Mellino al Quattro Passi (Fabrizio, il giovane chef del ristorante), oppure Mammoliti da 0 a due macaron con La Rei Natura, ecco che emerge una realtà sulla quale vale quantomeno fare un ragionamento. L’alta cucina non sembra essere (perlomeno, non sembra esserlo per le grandi guide gastronomiche) un discorso per donne.

Estendendo il discorso agli stellati totali nel nostro Paese, 395 con l’ultimo aggiornamento, la presenza femminile è affidata ad appena 41 rappresentanti. E rieccola, quella percentuale vicina al 10% di cui abbiamo parlato poche righe più in alto. Meri numeri, forse non esaustivi a spiegare e disegnare un mondo professionale, così complesso nelle sue pieghe e dinamiche, ma che comunque fanno pensare. Possibile che la percentuale “femminile” sia così bassa? È effettivamente figlia di un discorso prettamente aritmetico, legato al minor numero di donne a svolgere la professione rispetto a colleghi uomini? E se effettivamente le donne fossero meno, la loro presenza percentuale è effettivamente così bassa? La loro rappresentanza quanto spiega un rapporto numerico di 1 a 10 per quanto riguarda i premiati? 

Rapporto numerico che, a giudicare da quanto giudicato dall’Espresso, si riduce ancora di più sino praticamente ad annullarsi. Tra i 24 premi speciali non ci sono donne, il cui numero è anche decisamente basso nel listone dei 500 (tra i 5 e i 4 Cappelli citiamo L'Argine a Vencò di Antonia Klugmann e Bros di Isabella Potì e il compagno Floriano Pellegrino). Le cose cambieranno in futuro? L’auspicio c’è sicuramente, ma è altrettanto vero come a concorsi per chef emergenti la percentuale di ragazze sia bassissima, se non nulla (nel corso dell’ultima edizione di Emergente Chef, per le qualificazioni del Centro Italia alle quali abbiamo partecipato come giurati, erano solo ragazzi).

Donne chef in guida Michelin, Italia “virtuosa”? In Francia sono ancora meno

Eppure, allargando la visione a livello internazionale, sembra quasi come l’Italia sia in controtendenza. Guardando, quantomeno, in casa francese ci accorgiamo come su oltre 600 ristoranti stellati appena 16 siano le donne ad aver ricevuto il macaron più famoso e ambito, con la sola Georgiana Viou come nuova cuoca stellata in Francia per il 2023. A livello internazionale la situazione non cambia di molto: su poco più di 3300 ristoranti stellati nei 24 Paesi visitati dalla Michelin le chef premiate con la Stella non sono nemmeno 200 (fino a pochi anni fa la percentuale di donne stellate era appena il 4% del totale). Si capisce, insomma, malgrado quello che si dice e che si vuole far passare, come non sia propriamente un aspetto legato alla cultura del nostro Paese, ma sia una questione più ampia quella della scarsa rappresentanza femminile nell’alta cucina mondiale. Tutto il mondo è paese?

Per cercare di capire qualcosa in più su questo trend (perlomeno nel nostro Paese) abbiamo contattato alcune chef che, invece, tra le varie guide ci compaiono, ragionando con loro su quali possano essere i problemi, o i limiti, di una rappresentanza femminile ancora fin troppo bassa nell’alta ristorazione (o, quantomeno, nell’alta ristorazione premiata e riconosciuta dalle guide). È solo una questione di “meno donne” in cucina o c’è dell’altro?

Isa Mazzocchi (La Palta): «L'esempio deve partire da noi»

«Una situazione del genere è difficile da capire. A volte mi viene da pensare come alle donne non interessi veramente questo mestiere, che quella della cucina sia una professione nella quale non si riconoscono, e quindi puntano su lavori più intellettuali o meno materici, diversi» ci dice Isa Mazzocchi, chef del ristorante stellato La Palta (Bilegno, Pc). 

«D’altro canto - continua - come si può ben vedere c’è ancora tanto da lavorare, anche per togliere questo modo di pensare. Bisogna impegnarsi per combattere l’opinione di come la cucina sia un lavoro solo per uomini, dove vediamo come la forza non sia un problema così invalicante per una donna. Io ho molte amiche, chef e ristoratrici, che fanno questo lavoro senza battere ciglio, con fatica ma è la stessa fatica che fa un uomo. Sicuramente c’è tanto da lavorare: esiste una disparità di giudizio, anche una disparità di remunerazione, così come pure di responsabilità. A una donna difficilmente viene affidato il ruolo più alto in una cucina, pur avendo delle competenze adeguate. È anche un discorso di fiducia, un pensiero culturale legato all’apertura mentale. Per la donna non c’è una vera prospettiva limpida, di continuità professionale e di responsabilizzazione nei ruoli. Forse riuscire a portare il mestiere ad alti livelli è un dovere anche di noi chef donne che siamo riuscite a ottenere determinati ristoranti, e secondo me ci abbiamo anche messo il doppio degli altri, sia di cuore sia di mente. Una donna che raggiunge lo stesso livello, o riconoscimento, dell’uomo vale sicuramente di più. Lo dico per quanto riguarda la mia esperienza. Combinare casa, famiglia, figli, l’aspetto privato con quello professionale ci porta sicuramente via più energie. Ci tengo però a lasciare un messaggio alle colleghe: non abbandonate il percorso, inseritevi perché questo della cucina è un mondo meraviglioso e c’è bisogno di ragazze che intraprendano questo mestiere». 

Silvia Baracchi (Il Falconiere): «Prima di tutto è una questione numerica»

«Prima di tutto siamo meno donne, la percentuale è inferiore e questo è sicuramente un fattore. E c’è una ragione: non è perché ci piace meno fare questo lavoro, che è molto di forza, resistenza. La vita in cucina per una donna è molto complicata: tante iniziano questo lavoro ma poi non si concilia bene con quelli che sono i ritmi della professione» afferma invece Silvia Baracchi, chef del ristorante stellato Il Falconiere di Cortona (Ar).  

«Far funzionare tutto non è così semplice. Per questi problemi siamo meno, tante iniziano, spinte da buona volontà, ma si ritrovano costrette ad abbandonare. Non è facile conciliare vita privata e professionale. Quindi ciò contribuisce al fatto che le donne, nelle cucine professionali, siano di meno. Il valore di uno chef poi non si misura in base al genere, se è uomo o donna: non la considero proprio la questione discriminazione da parte di chi giudica». 

Viviana Varese (ViVa): «Mi sfuggono i criteri di giudizio»

«Non lo so, dico la verità, non so a cosa sia dovuta questa differenza - chiosa invece Viviana Varese, del ristorante stellato ViVa di Milano - ultimamente mi sfuggono i criteri in generale delle guide, quindi cerco di non esprimermi. Credo che in parte manchino proprio le donne, quindi si tratta di una questione numerica. Percepisco però anche poca voglia, o possibilità, di intraprendere delle attività, magari c’è pure poco sostegno da parte dello Stato perché non è facile mettersi in proprio. Mancano però anche le donne, quando mi arrivano i curriculum in gran parte sono uomini, quindi manca un po’ di tutto».

«Detto ciò non so nemmeno più quali siano i parametri e i criteri di giudizio. Secondo me la Klugmann quest'anno avrebbe meritato tranquillamente una seconda stella, e non le è stata assegnata. Ho anche un altro ristorante in Sicilia (W Villadorata Country Restaurant a Noto, ndr) dove abbiamo lavorato per anni credendo di seguire i criteri della Michelin, ma la Stella non è arrivata. Non so insomma cosa cerchino di preciso».

Carlotta Delicato (Ristorante Delicato): «Due classifiche per giocare alla pari»

«Poche donne premiate? Ci siamo poste la stessa domanda con alcune giornaliste a margine della presentazione della guida de L’Espresso. Dicevamo come non sia necessario dover rispettare necessariamente una quota rosa, ci mancherebbe, ma la cosa strana è che nemmeno ci si faccia scrupolo domandandosi il motivo per cui non ci siano donne». Afferma invece Carlotta Delicato dell'omonimo ristorante, aperto appena un anno e mezzo fa e per il 2024 menzionato in Michelin e con un Cappello de L'Espresso.

«Non dico che le donne debbano stare sui podi perché sono donne, non dobbiamo emergere per forza in quando tali. Facciamo sicuramente più fatica, a differenza di un uomo che può passare tutto il giorno in cucina senza avere impedimenti particolari. Noi abbiamo più difficoltà a emergere perché, in generale, la cucina è un mondo maschilista, la figura dello chef uomo ha più fascino di quella della chef donna, a cui magari nell’immaginario è più abbinata una cucina casalinga. A questo punto proporrei, come compromesso, di fare due classifiche per dare pari peso alla professione: una per gli uomini e una per le donne. In modo che almeno possiamo giocare alla pari. Da una parte fare una distinzione del genere sarebbe più discriminate, ma dall’altra perlomeno le chef verrebbero menzionate. Il rapporto tra chef uomini e donne, poi, sicuramente non è di 10 a 1 come emerge dalle guide. Per quanto le donne siano di meno, non c’è tutta questa differenza. Tra le nuove leve, non credo manchino le chef . Mi fa strano pensare come in Italia non ci siano altri ristoranti meritevoli di Stella in cui cucini una donna. Io sono convinta come in Italia ci siano donne che meritano, o meriterebbero, di emergere. E forse facendo classifiche distinte si potrebbe contribuire a farle emergere».

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Alberto Lupini


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