Padoan e Scaglione, pizzaioli veraci «Gli ingredienti, il nostro successo»
Corrado Scaglione dll’Enosteria Lipen di Canonica Lambro e Simone Padoan de I Tigli di San Bonifacio, in occasione della rassegna "Noi della pizza, lieviti e farine", hanno parlato delle materie prime
20 ottobre 2020 | 06:40
di Guido Gabaldi
Simone Padoan e Corrado Scaglione
La prima serata è servita anche a fare gli auguri ai due protagonisti: a Corrado Scaglione per aver piazzato, la sua Enosteria Lipen al 24° posto della prestigiosa classifica 50 Top Pizza 2020, e d’altro canto qualche applauso in più lo ha meritato Simone Padoan, per essere arrivato 3°. E non basta: il creativo Simone, titolare de “I Tigli” di San Bonifacio (Vr) si è aggiudicato anche il titolo di “Pizzaiolo dell’Anno” nell’ambito della stessa manifestazione.
Il patron dell’Enosteria Lipen ha portato a livelli di eccellenza la verace pizza napoletana in Brianza, adattandola al suo modo di pensare. Con pasta madre e farine macinate a pietra, è riuscito a coniugare cultura popolare e conoscenze approfondite sulle materie prime, primo fra tutti il pomodoro, protagonista in tre varianti della Margherita 3d, la sua interpretazione della Regina delle pizze.
La "Zuppa di mare" di Simone Padoan
«Non esiste pizzaiolo verace che non si senta legato a doppio filo alla materia prima, e su questo io e Simone siamo in perfetto accordo - ha dichiarato Scaglione - Il nostro mestiere, e ci tengo a sottolineare che è qualcosa di diverso da un lavoro, è il mestiere di chi vorrebbe riuscire a scolpire la farina, dandogli forma e identità. Poi è chiaro che, una volta selezionati i prodotti migliori, deve subentrare la creatività, che consente a ogni artigiano di dare il meglio di sé, e di fare la differenza».
«E tanto per insistere sulla differenza tra lavoro e mestiere - aggiunge Padoan, ognuno di noi è in grado di fare la differenza basandosi sulla propria manualità: a volte bisogna proprio adoperare le mani, perché le macchine non possono e non devono fare tutto. È praticamente impossibile insegnarla, la manualità, devi avercela un po’ dentro: al punto che quando io e i miei collaboratori pieghiamo l’impasto, o lo rovesciamo sul bianco, la diversa gestualità, forza, abitudine che contraddistingue ciascun individuo si trasmette in qualche modo al prodotto finale».
«Ed il prodotto - riprende Scaglione - dipende in modo assoluto dalla personalità di chi impasta e inforna. Lo stile che ho scelto io, quello napoletano verace, consente margini di errore risicatissimi, anche perché si lavora a temperature molto alte: tanto è vero che della cottura si occupa il pizzaiolo-fornaio, che fa quello e basta. Una specie di violinista che mette le sue mani su un manico senza tasti né traversine: i tasti sono i posti e i tempi assegnati a ciascuna pizza nel forno a legna, ed è lì che si gioca la sua arte».
«Io e Corrado speriamo di aver dato un’idea - conclude Padoan - di quanto impegno e di quanta passione richieda una pizza a regola d’arte: dalla scelta delle farine a quella del lievito, dalla delicatezza della lavorazione alle rigidissime tempistiche della cottura. Tutto questo mestiere, questo sapere artigianale, spero possa affascinare i giovani, anche quelli che vedo fra noi stasera, affinché imparino che valore abbia accogliere un ospite quando si offre qualcosa di semplice come una pizza: semplice solo in apparenza. Tutti e due sentiamo molto la responsabilità di venire incontro alla sana curiosità dei giovani, specialmente in un momento difficile come quello attuale: siamo qui per dare un contributo di fiducia e di speranza, per dire che l’applicazione della mente e delle mani può ancora dare grandi risultati».
Per il momento, l’applicazione di cui sopra ha generato una ghirlanda festaiola di idee, grandi e piccole: anzitutto i “cicheti” di Padoan, rigorosamente con una sola “c”, in omaggio alla tradizione e alle trattorie venete: polenta e bacalà, bruscheta radichio e cicioli, cracker con lardo pestato e rosmarino, bruscheta con Monte veronese e guanciale (per l’allergia alle doppie, vedi sopra). Quanto alla pizza, il core business della serata, abbiamo capito subito che non c’era da sorprendersi di essere sorpresi: il quasiclassico Nerano di Scaglione (fiordilatte di Agerola, zucchine alla scapece e provolone del monaco) è stato seguito dalla Zuppa di mare di Padoan (focaccia mais e semi di girasole, ricotta di bufala, alga al cavolo nero, cozze, vongole e fasolari).
Enosteria Lipen
Senza addentrarsi in un elenco puntuale, satis est chiudere con la citazione della Manualizza di Padoan, ossia focaccia al malto d’orzo e semi tostati, fiordilatte, guancia di maiale brasata, verza moretta, arancia e cioccolata: ci fosse stata la giuria avrebbe preso il premio speciale, a cominciare dall’impasto.Cosa resterà della lezioncina informale di Scaglione e Padoan, affidata al contesto brianzolo e autunnale in cui la rassegna “Noi della pizza” si colloca? Abbiamo sentito della preoccupazione di trasmettere qualcosa ai giovani, ma si può giurare che alla fine anche i meno giovani abbiano imparato: come minimo che il pensiero applicato, il circuito virtuoso cervello-braccia-mani produce bellezza, oltre che sapore, e di questo vale la pena essere i testimoni.
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Alberto Lupini