Oriana porta a Masterchef la tradizione: un'eroina a difesa della cucina italiana

I suggerimenti dello chef Matteo Scibilia dopo la risposta della concorrente ai giudici, che aveva accusato la cucina stellata: Non disperdiamo il patrimonio culturale che si è accumulato nella storia del nostro Paese

07 gennaio 2022 | 12:03
di Matteo Scibilia

Sta diventando virale la storia della signora Oriana , avvenuta nelle selezioni, che dinanzi ai giudici dell'ultima edizione di Masterchef e alla domanda di rito, in questo caso di un Bruno Barbieri abbastanza esterrefatto «come mai fosse lì», la stessa, presentando, i suoi tortelli della domenica con molta naturalezza ha sottolineato: «Sono qui per la tradizione, perché voi cucinate cose che la gente normale non mangia e non capisce….».

«Il re è nudo», sottolineano in tanti sulla Rete

Andiamo per ordine, certamente Masterchef (l'undicesima edizione è partita a metà dicembre)  ha sdodaganato la cucina in Tv, sia pure elitaria, centinaia di potenziali allievi hanno partecipato alle selezioni e in tanti sono stati ammessi alla gara, abili operazioni di marketimg con ripetizioni delle varie edizioni a tutte le ore tengono vivo nell’immaginario collettivo il fascino della gara e della ricerca della felicità dei tanti che sperano di trarre successo e opportunità di un vero lavoro nel mondo della enogastronomia. Purtroppo, però, non si può non sottolineare alcuni nei o alcuni limiti del format stesso.

Le "lezioni" di Gualtiero Marchesi erano ben altro

Potremmo chiederlo ai giudici della trasmissione, personalmente ho vissuto in diretta anni addietro l’apprendistato di molti dei cuochi oggi superchef, quando in Bonvesin de la Riva (la storica via dove è nato il suo ristorante) il grande e compianto Gualtiero Marchesi formava i suoi allievi, e le sue "lezioni" erano severe, rigide forse ai limiti, oggi le regole contrattuali non lo permeterebbero, ma tant’è che il successo dei tanti allievi è stato un apprendistato appunto severo e rigido, e i risultati ci sono, forse nei produttori del programma Master Chef non ci sono questi obiettivi, se non con qualche incidente di percorso per l'antipatia di alcuni giudici, ma non si può in un mondo social non far presente che l’influenza che tali programmi hanno su allievi di scuola alberghiera o su chiunque voglia intraprendere la carriera del cuoco che il percorso non è esattamente quello che il programma lascia intendere, i Cracco, gli Oldani, i Berton, i Knam, i Canavacciolo e tanti altri, sono arrivati, giustamente e con onore ai livelli attuali grazie a un percorso, di anni di lavoro, di una severa pratica sul campo, mentre Masterchef lascia l’illusione che sia possibile divenire un cuoco grazie alla partecipazione di pochi mesi al programma.

E onestamente non solo a Masterchef, si lascia percepire che il percorso professionale sia lì a pochi passi, purtroppo i tanti allievi di scuola alberghiera che si formano in 5 anni scolastici con tanti mesi di stage sono la  dimostrazione che non è vero. E di fatti i dati dicono che c'è recentemente stato un crollo tra le iscrizioni nelle scuole alberghiere.  Da dati diffusi, ben pochi, anche dei vincitori si sono poi avviati con successo in una attività ristorativa, molto, molto più facile scrivere e fare i consulenti o i food blogger. Ma questi sono alcuni degli aspetti di critica della cucina in televisione.

 

Mediaticità della cucina e tradizione

In tutto questo dibattito viene a galla una annosa e vecchia questione, su cui ci vorrebbero pagine e pagine di discussioni, la signora Oriana nella sua risposta a Barbieri mette il dito, in maniera inconsapevole, su una parola che è sopita nella mediaticità della cucina, ma che è la chiave di tutta questa storia. Cos’è la cucina della tradizione, in un Paese come il nostro dove per esempio solo nella mia città di origine, Bari, ci sono le vecchiette che producono per gli stranieri le orecchiette a mano sull'uscio di casa? Quante trasmissioni di cucina in Tv si affidano a questo pensiero? E le cucine stellate, cioè, la punta di diamante della nostra ristorazione sono uno specchio della tradizione? E non tocchiamo il tasto dei costi, certo i famosi paccheri al pomodoro di Vittorio o la costoletta di vitello di Sadler o le buonisssime zuppe di Aimo sono sicuramente pietre miliari dei nostri chef, oltre che essere ricette della tradizione, ma tutto questo non passa, complici anche i tanti critici gastronomici e le guide del settore, propensi nella realtà a premiare più la creatività e l’innovazione che la tradizione.

La questione trattorie - osterie

A rafforzare questo pensiero spesso una altra parola sempre più pronunciata nei media, è la parola  trattoria o osteria,  in fondo il più famoso ristorante italiano di  Massimo Bottura si chiama Osteria,  tutto ciò rieccheggia nei back stage delle redazioni e bisogna dare atto a Slow food che la  loro guida delle osterie e pur sempre la più seguita, o alla guida del Golosario che ha il coraggio di premiare trattorie di campagna più di stellate cucine.  A noi piace la memoria e ricordiamo con piacere che il noto giornalista e critico Edoardo Raspelli anni fa, in tempi non sospetti inventò il concetto delle tre T (Terra, Tradizione Territorio), e aveva ragione, oggi più che mai.

La cucina è memoria storica

Non vogliamo svelare quello che secondo noi manca a format tipo Masterchef, siamo a disposizione eventualmente della produzione, ma, quello che la concorrente Oriana  ha detto in maniera semplice è appunto semplice, molto semplice: la cucina è memoria storica, è cultura di un paese di un territorio, è identità di un popolo, ma anche di un singolo uomo, di un singolo cuoco, certo tutto può sfociare in un romanticismo chiuso sul passato, mentre oggi tra tecnologia e nuove tecniche di cucina  si ha molta più attenzione agli ingredienti e agli aspetti salutari della cucina, tradotto nella parola sostenibilità.

 

 

Non fare crollare certezze vecchie di decenni

Forse la produzione di Masterchef dovrebbe riflettere su tutto questo, la sensazione che Oriana possa diventare un testimone eroico di questa storia e dietro l'angolo, il desiderio inconscio e di non far crollare, in un momento particolare come questo, certezze vecchie di decenni. lo chiedono i nostri artigiani, i nostri agricoltori, lo chiede tutto il Made in Italy enogastronomico, che vale ancora ripetere tutto il mondo ci invidia ed è al primo posto nella ricerca turistica del nostro paese.

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Alberto Lupini


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