La musica e il Giappone le fonti d'ispirazione di Massimo Viglietti

I sapori dell'Oriente incontrano la cucina italiana da Taki Off a Roma, dove lo chef ligure ama creare i suoi piatti partendo dalla musica che, come dice lui stesso, «è una parte di me»

21 febbraio 2021 | 11:36
di Jerry Bortolan
Se a Rio de Janeiro e a San Paolo la musica più ascoltata dagli chef per l’ispirazione creativa in cucina è quella del grande Tom Jobim, inventore della Bossa Nova con la sua “Garota de Ipanema”, non è così per Massimo Viglietti, cuoco già due stelle Michelin: lo chef del Taki Off parla e canta “giapponese” in uno dei più autentici e sofisticati ristoranti di Roma, dove i sapori e gli ingredienti del Sol Levante incontrano la cucina italiana. La visione gastronomica è quella di un cuoco ligure che racconta i suoi piatti con storie colte, raffinate, coinvolgenti, con prodotti, profumi, sakè e vini.


Massimo Viglietti e Yukari Vitti

La filosofia in cucina di Massimo Viglietti
Massimo Viglietti suona e compone con altri strumenti le sue sinfonie indimenticabili per il palato dei gourmet romani e per quelli del resto del
mondo, di passaggio a Roma. Ciò che rende il Taki Off un posto speciale per chi ama fare nuove esperienze culinarie è facile da capire: una volta entrato, sei in Giappone, in uno dei fantastici locali della Ginza, il quartiere più "in" di Tokyo. Charme e gentilezza sono i segni distintivi dell’accoglienza; il format ti avvolge subito con la sua atmosfera caratterizzata da cimeli e oggetti artigianali, selezionati da Yukari Vitti e da suo marito Onorio, che richiamano l’antica storia culturale e culinaria giapponese: come lo Hishaku, il mestolo in legno che serve per la cerimonia del the; le cinture di Kimono Obi e le Katana (le preziose spade dei samurai) che adornano le pareti; i colorati Sakadaru (antiche botti per il sakè). E ancora, ventagli, contenitori e dipinti che si alternano tra le piante i tavoli neri, minimalisti, sobri ed eleganti.

Come dicevamo, con un pizzico di fantasia, sei a Tokyo, ma con il sottofondo del ritmo del “tachiflu”: una compilation di musica di vario genere. Ma è nella testa e nella grande cucina che Massimo Viglietti esprime la sua esperienza maturata nel percorso di cuoco, raccogliendo tutte le sfumature e la generosità che il “pianeta mare” produce: crostacei, pesce, alghe che integra con salse a base di sakè, frutta di varia acidità, soia. Salse che esaltano i sapori nitidi dei suoi piatti senza creare complicazioni gratuite, ma in sintonia con l’atmosfera del ristorante.

Per questo la sua cucina è schietta, profonda e sensuale; regala emozioni forti come le Capesante, foie gras fresco d’anatra, ridotto di coca-cola e polvere di the matcha: un vero capolavoro di gusto per cottura, consistenza e qualità degli ingredienti, senza dimenticare il kick off dato dalla coca-cola e dalla polvere di tè. Avvolgente è la Crema di patate alla chartreuse, anguilla giapponese, lattuga, guanciale di scrofa, che esalta la delicata grassezza dell’anguilla lavorata nella sua pelle.

Nel suo menu seguono: il Pesce marinato, tapenade di olive e cioccolato bianco, che fa assemblare in bocca il sapore; come pure la Triglia del Mediterraneo, pomodoro, arancio, stelline e consommé di piccione in cui la delicatezza del pesce viene accompagnata dal carattere del piccione, concentrato nel brodo, e sostenuta dall’apporto neutro delle stelline di pasta. A guardarli, i piatti sembrano quadri surreali per i forti effetti cromatici: gustati con sakè tiepido, sono sublimi, una rara perfezione di integrazione e di gusto.

«Sono un uomo che vuole fa scoprire nuovi mondi – racconta lo chef Massimo Viglietti – far ascoltare della buona musica, far sognare chi entra in questo nostro ristorante su Piazza Cavour, concentrando una vacanza in pochi istanti. Non solo un tavolo dove mangiare, ma un luogo di incontro e condivisione per sognatori e naviganti: così ho sempre immaginato un locale in cui ognuno si sarebbe sentito a casa e in cui esprimere una cucina libera dalle barriere culturali. E con Yukari siamo riusciti nell’intento. Venire a mangiare da Taki Off – dichiara - pone due sole condizioni: la mente deve essere priva di pregiudizi e il palato senza preclusioni. Lasciatevi conquistare: sarà divertente, sarà bellissimo».

Ristorante giapponese di vera cucina tradizionale prosegue nel suo cammino, acclamato e ricercato dalla community romana di amanti della cucina del Sol Levante.


Capesante, foie gras fresco d’anatra, ridotto di coca-cola e polvere di the matcha

Con la musica Massimo Viglietti compone i suoi piatti, le sue invenzioni: se non c’è la musica lui non è ispirato. Perché ti piace creare con la musica?
Perché è la mia colonna sonora, che mi dà emozioni e le emozioni mi permettono di creare cose e di condividerle. La musica è una finestra che ti permette di far uscire l’aria viziata e di far entrare nuova energia, freschezza; permette alla testa di evadere. Salgari non era mai stato in India e in Malesia, ma ha scritto delle storie bellissime su un personaggio di nome Sandokan, ambientate in quei posti: la stessa cosa è la musica perché ti fa evadere.

Sì, ma tu ti devi concentrare: i tuoi piatti sono complessi; c’è la chimica, c’è la fantasia, c’è un cocktail di emozioni dentro. È la musica che ti dà tutto questo?
La musica è una parte di me. Si può leggere un libro o studiare ascoltando musica e non vedo perché non si possa mangiare ascoltando musica; non è un problema di concentrazione, è come sei fatto tu, come sei dentro. Prendiamo un piatto come l’Anatra ridotta di coca cola e polvere di “the matcha”: come ti viene in mente l’abbinamento e, soprattutto, come fai a capire se le cose funzionano? Ti riferisci alle cappesante con il foie d’anatra, riduzione di coca cola e polvere di tè con una purè di mela: non lo so neanch’io come mi è venuto in mente. Se lo sapessi sarei la prima persona alla quale fare delle domande quando si guarda allo specchio. Io, oggi, mi guardo allo specchio e vedo una persona che mi fa ridere, mi fa star bene.

Ti stai cimentando in un rapporto con il Giappone: un Paese per noi complicato, ma per te la sua cucina non ha segreti. Come riesci a coniugare questa cultura millenaria e soprattutto gli alimenti che non sono quelli delle tue origini?
Questo riporta al discorso della musica. In Giappone scrivono con ideogrammi in una lingua che non prevede certe cose come le sillabe o altro. Quindi una terra sconosciuta e spesso ostica per chi cerca di entrare nella loro cultura. Però, le note sono sette e con sette note puoi fare tutto e quindi puoi farti capire, puoi comprendere, puoi entrare in altri mondi: solo con sette note. Così è più semplice, più facile. Per te sarà semplice, ma non è semplice spiegarlo agli altri e poi tu vieni da una regione importante che si affaccia sul mare e il tuo essere italiano viene fuori comunque: più di tanto non hai stravolto un piatto perché rientrava sempre nella nostra comprensione. Con il Giappone, invece, siamo dall’altra parte del mondo. Io penso che ognuno di noi porta dentro di sé il proprio mondo che è fatto di tanti orizzonti, di tanti viaggi, di tante esperienze. Non è un cercare frontiere, è cercare di interpretare. La mia età mi ha permesso di maturare una serie di esperienze che mi consentono ora di esprimermi in maniera differente, e questo mi fa anche restare giovane.

Oggi siamo in un pezzo di Giappone che tu hai portato a Roma. Cosa cambia: la tecnica, l’assemblaggio?
Non non è questo il punto. Bisogna cercare di capire che cosa ti dà il piatto. Quando faccio i piatti non sto a guardare se la materia prima è giapponese o viene da altre parti. Da questo punto di vista, ho la libertà più assoluta: è un gioco fatto di consistenze e altro; sono cotture differenti che vengono assemblate e poi tenute insieme da quella che è la vena che può essere quella dolce-acida di una coca cola o un’altra cosa: è la costruzione di sapori che poi ti dà il gusto finale. Il Giappone ti può aiutare per quello che potrebbe essere una riduzione; la Francia per un tipo di cottura sul foie gras; l’Inghilterra e gli Stati Uniti per un tipo di cottura sulle cappesante; l’Italia per un concetto di costruzione del piatto. Non esiste una frontiera.


Il Taki Off

Possiamo dire che il ristorante è giapponese, ma la cucina giapponese è quella di Massimo Viglietti?
Certo, il gioco è proprio quello di interpretare a mio modo le idee orientali, magari classiche e tradizionali. Non ho fatica a farlo perché è un lavoro che mi piace e al tempo stesso mi permette di crescere, di creare, di cercare nuove emozioni.

Non è una rivoluzione quella che stai facendo, ma una reinterpretazione?
Né l’una né l’altra: è un percorso. Fino a ieri ho fatto cucina e ho lavorato in una certa maniera e oggi ho la possibilità di reinventarmi, di vedere cose nuove, di utilizzare prodotti che fino all’altro giorno mi erano sconosciuti. Quindi amplio i miei orizzonti. È bello perché anche mentalmente si eliminano i freni inibitori e si è aperti a tutto.

Questa tua fantasia che non si ferma mai raggiunge alla fine quei risultati di gusto e piacere che si possono poi capire anche senza aver fatto l’"università gastronomica"?
No, credo di no, ma è come quando bevi dei vini importanti che sono difficili: la cosa principale è dire mi piace o non mi piace. Poi, queste cose le puoi verificare insieme a me che le ho fatte o con altri, se vuoi addentrarti in un'analisi più attenta, ma è più semplice dire mi piace o non mi piace. Prendiamo la carne di kobe sulla quale tu metti un filetto di acciuga: per qualcuno è una contaminazione, significa non far più sentire l’essenza di quella carne straordinaria. Invece, per qualcun altro, che capisce, è un’esplosione atomica per il gusto. L’acciuga non è altro che un alimento che sviluppa sale. Invece di mettere dell’altro sale sulla carne metti un’acciuga ed è una combinazione che ti dà forza. Per esempio, dalle mie parti esiste la bagna cauda: ecco, sono tutte combinazioni di giochi di sapori sia come retaggio che come costruzione.

Per concludere, che cosa ti aspetti per questa ultima avventura?
Aspetto di dare valore ai miei sogni, aspetto di riuscire a tradurli e spero di riuscire a farcela. Io sono una persona che ha dei sogni: per me, le persone concrete sono banali e noiose. Chiudiamo questo viaggio nel piacere con una citazione di un grande filosofo e gourmet nipponico che dice: a tavola non si invecchia, ma si diventa saggi grazie all’arte della cucina. L’uomo ha elevato l’oggetto della sensazione a oggetto del sapere così. Come dargli torto...

Per informazioni: taki.it

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Alberto Lupini


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