Morti bianche e mestieri usuranti. Prevenire e formare
L'italia è uno dei Paesi industrializzati con il maggior numero di incidenti sul lavoro. Anche professioni apparentemente sicure come quella del cuoco sono in realtà pericolose e usuranti
29 giugno 2021 | 08:00
di Rocco Pozzulo
Italia tra i primi Paesi industrializzati con il maggior numero di vittime sul lavoro
Sciagure che fanno salire il numero delle vittime a 306 in soli 4 mesi. Un dato preoccupante che porta l’Italia tra i primi posti per numero di “morti bianche”, almeno tra i Paesi più industrializzati. Un primato che davvero non ci fa onore, visto che diversi di questi decessi non si possono imputare solo alla fatalità, all’errore umano o al destino, come si voleva far credere per i 14 morti della funivia che collega Stresa con il Mottarone.La mancanza di formazione e prevenzione fra le cause
A determinare tutti questi decessi, dalle più distinte e svariate dinamiche che colpiscono tutti i settori produttivi, dall'agricoltura all'industria, dall'edilizia al trasporto, ci sono cause ben oggettive, quali inadempienze, scarsa sicurezza dei luoghi di lavoro e dei materiali utilizzati, insufficiente prevenzione degli incidenti e soprattutto mancanza di rispetto per la vita umana, che la vede quasi in secondo piano rispetto al profitto e agli interessi aziendali.È una questione molto complessa, che secondo me si inserisce in una cultura (quella di noi tutti) legata alla prevenzione e alla formazione, per la quale è necessario intendere sempre il benessere del lavoratore e la sua stessa vita quali valori inestimabili, mai da “svendere”.
In cucina i problemi sono altri... Cuoco come professione usurante
Grazie a Dio il nostro comparto e lo stesso ambiente di cucina dove operiamo non sono “teatri” di gravissimi episodi di infortuni con menomazioni permanenti o addirittura morti, salvo qualche sporadica eccezione. Giorno dopo giorno tecnologie, strumenti e ambiente sono molto migliorati rispetto al passato, in fatto di sicurezza e prevenzione infortunistica: dita tranciate dal tritacarne è cronaca del passato, così come folgorazioni elettriche e simili.Il “morbo” invece che si cela tra i fornelli e che impedisce un giusto benessere lavorativo per il cuoco si chiama stress fisico e psicologico, e ancora, malattie cardiovascolari e posturali, patologie legate agli elevati sbalzi di temperatura cui il cuoco è continuamente sottoposto; problemi addirittura odontoiatri, specie tra i pasticceri, per via del continuo assaggio ed uso di zuccheri.
Dal il mio insediamento a presidente Fic, il nostro ente di categoria si è subito attivato presso gli organi ministeriali competenti per il riconoscimento della professione di cuoco come usurante. Parallelamente abbiamo avviato una serie di attività tra i tesserati, di informazione, prevenzione e formazione, dedite alla salvaguardia del benessere fisico e mentale sul lavoro. Tutto questo per consegnare alle nostre nuove leve un futuro professionale quanto meno sicuro e il più tutelato possibile, sotto ogni aspetto!
Che la storia di Antoine Carême, il grande e noto chef francese, ci faccia pensare e riflettere: egli morì nel 1833, all'età di solo 48 anni a causa di malattie polmonari causate dalla continua inalazione di fumi di carbone, abituali nelle cucine dell'epoca. Che sia solo ed esclusivamente una brutta storia di un passato lontano.
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Alberto Lupini