Molto di più di un “Menu a sei mani”
Fabrizio Borraccino, Paolo Lavezzini e Massimo Mantarro, executive chef dei Four Seasons Hotels di Milano, Firenze e Taormina insieme per interpretare l’uno una ricetta dell’altro. Succede all’Hub Identità Golose Milano
Nell’ambito del programma di presentazione degli artefici dell’alta cucina che l’Hub Identità Golose Milano sta promuovendo da tempo, l’1 e il 2 febbraio rappresentano date importanti a livello di caratura gastronomica. Due serate che vedono all’opera in cucina ben sei mani. E che mani. Sono quelle degli executive chef dei Four Seasons Hotel di Milano, Firenze e Taormina, il San Domenico Palace: Fabrizio Borraccino (Ristorante Zelo), Paolo Lavezzini (Ristorante Il Palagio, 1 stella Michelin), Massimo Mantarro (Ristorante Principe Cerami, 1 stella Michelin).
«Con 127 strutture tra hotel e resort, e siamo in espansione, la catena Four Seasons, come monomarchio, è la più grande al mondo – ha sottolineato Andrea Obertello, general manager del Four Seasons di Milano - In questo contesto la gastronomia riveste un’importanza fondamentale. Vantiamo 31 stelle Michelin in 26 ristoranti. I nostri executive chef gestiscono a tutto tondo le esigenze e l’esperienza di ogni ospite, dal breakfast al servizio delivery».
Il progetto impostato per Identità Golose vuole mettere insieme tre profili differenti che abitano l’empireo dell’alta cucina, ma con uno spirito di collaborazione che sfocia in una contaminazione creativa, aulica. Si va ben oltre il concetto di menu a più mani.
Dopo le visite incrociate si imposta il percorso culinario
I tre colleghi si sono calati in questa esperienza andandosi a trovare a vicenda: due per volta alla tavola del terzo che li ha accolti con le sue ricette. Una prova di coraggio e umiltà non indifferente. «È stata un’esperienza bellissima entrare in casa degli altri», ha dichiarato Fabrizio Borraccino. Massimo Mantarro ha colto «identità forti, importanti», mentre Paolo Lavezzini ha osservato gli amici da un’angolatura differente: «non li avevo mai visti nel posto di lavoro». Da queste tre visite incrociate, un’estrazione ha stabilito chi dovesse interpretare il piatto proposto dal collega. La sorte ha assegnato l’antipasto a Paolo Lavezzini, che ha elaborato la ricetta di Fabrizio Borraccino creando Barbabietola, sedano rapa, cavolo nero, alloro. Il primo piatto è stato firmato da Borraccino che, interpretando Massimo Mantarro, ha dato vita a Risotto come una Ghiotta, con tartare di cernia bianca. E Mantarro, sullo spunto di Paolo Lavezzini, ha arricchito la Lingua con Rosso di Mazara, bietoline e limone Interdonato. Siamo al di là del concetto di sinergia e collaborazione; con questo progetto siamo entrati nel territorio dell’esperienza elaborata, introiettata.
La cucina è democratica
Qui si vola alto, ma non è altro che l’evoluzione di un principio che dovrebbe essere alla base della cucina. Puntuale il pensiero di Paolo Lavezzini: «La cucina è democratica e deve dare la possibilità a tutti gli addetti ai lavori di imparare e condividiere, una condivisione che si trasmette a tavola».
In questo senso da sottolineare il contributo dei pastry chef a chiusura di questo cerchio ideale. Daniele Bonzi (Milano) con il predessert Arancia rossa, Campari e granita all’ibisco, Mariano Dileo (Firenze) con il dessert Tabacco, China, cioccolato e pinoli. Piccola, preziosa, pasticceria per mano di Vincenzo Abagnale (Taormina).
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Alberto Lupini